Dongo è un santuario antifascista

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Altro che nostalgia nera: Dongo è un luogo antifascista. Lo deve essere. Il paese dell’alto Lario non è “solo” il luogo di cattura di Benito Mussolini (che segna la fine del suo regime), né della fucilazione di quindici gerarchi fascisti, tuttora commemorata dalle frange di estrema destra. Prima di ciò, cronologicamente e per importanza, Dongo è luogo di antifascismo (e anzi di fine del fascismo – quello storico), resistenza, memoria attiva, celebrati dalla manifestazione della mattina del 28 aprile.

Il Museo inaugurato nel 2014 onora l’impegno e le sofferenze del paese in tal senso, anche se alla dicitura di “Museo della Resistenza” è stata preferita quella,  più neutrale, di “Museo della fine della guerra”. La piazza antistante, luogo esatto in cui Mussolini fu catturato 73 anni fa, è oggi intitolata a Giulio Paracchini, partigiano assassinato in un violento scontro con i fascisti il 24 aprile del 1945, nei monti soprastanti. La località custodisce la memoria di altri partigiani, altri cittadini e cittadine antifascisti/e.
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«Il loro, e non certo quello dello squadrismo violento e delle nostalgie a esso attribuite, è l’esempio di cui Dongo, luogo della memoria, dovrebbe fare tesoro» ha affermato Corrado Lamberti in conclusione alla manifestazione a cui sono intervenuti Mauro Robba, sindaco di Dongo, Wilma Conti, Presidente della sezione di Dongo dell’Anpi, Maria Cleofe Filippi, presidente della  rete “Paesaggi della Memoria”, Bruno Corda, Prefetto di Como, Carla Nespolo, Presidente nazionale dell’Anpi, alunne/i della scuola secondaria di I grado dell’Istituto comprensivo di Dongo, mentre non ha potuto presenziare Maurizio Verona, sindaco di Stazzema (LU). Nella fase finale della mattinata, sono stati insigniti di medaglia al valore i parenti dei partigiani Enrico Conti (“Pildusky”), Carlo Brenna (“Giorgio”), Giulio Paracchini (“Gino”) e Primo Maffioli (“Falco”), caduti della rappresaglia fascista dell’aprile 1945 avvenuta a monte di Garzeno, i primi tre uccisi contestualmente, il terzo in seguito a prigionia e torture culminate nella fucilazione a Pornacchino.

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Il ruolo di Dongo nella lotta antifascista è però ancor più decisivo: nel dicembre 1944 fu teatro di un rastrellamento a cui è legato quello di la rappresaglia che costò la vita dei quattro partigiani, ma anche il recupero delle loro salme  – ricostruito da Roberta Cairoli, storica dell’Istituto “Perretta” di Como, scatenò ulteriore violenza: sfidando il divieto del Comando della Brigata nera, la mattina del 26 aprile 1945, gli operai della ferriera Falck di Dongo interruppero il lavoro per raggiungere Garzeno (dove i corpi erano stati ricomposti)e trasportarli a Dongo per una degna sepoltura. Un migliaio di locali si accodò al corteo, a cui brigatisti impedirono l’ingresso  nello stabilimento Falck sparando raffiche di mitra sulla folla.

Il discorso della presidente dell’Anpi Carla Nespolo non lascia spazio a dubbi: «Non si possono equiparare i valori della Resistenza ai dogmi fascisti in nome della democrazia e della libertà di opinione [la stessa che il fascismo, per definizione, nega]». Nespolo parla a una piazza gremita di cittadini, organizzazioni sindacali, politiche e culturali, autorità pubbliche, forze dell’ordine, studenti. Proprio questi ultimi, più di tutti gli altri, sono destinatari e depositari del messaggio di una manifestazione come questa, ancor più in questi giorni dell’anno. La democrazia della Repubblica italiana  è regolata dalla Costituzione che dall’esperienza della Resistenza (così come la Repubblica italiana stessa) trae la sua ossatura, il suo terzo articolo sancisce la pari dignità di tutti i cittadini, oltre che la responsabilità della Repubblica di rimuovere gli ostacoli economici e sociali che ne impediscano, di fatto, lo sviluppo personale e la partecipazione alla vita politica, economica e sociale del paese. «Una Costituzione come quella italiana – prosegue la presidente dell’Anpi – , presa a modello per la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, riflette l’intrinseca pluralità della Resistenza, condivisa da diversi schieramenti, diverse (ma non incompatibili) accezioni di significato della cosa pubblica in uno Stato di diritto. Tale pluralità non deve però sconfinare nell’omologazione, nella logica del “vale tutto (fascismo compreso)”. L’anziana età degli ultimi testimoni rafforza la necessità di trasmetterne la memoria  – se non vissuta, almeno compresa – a giovani generazioni che stanno già assistendo alla diffusione di nostalgie squadriste sempre meno defilate, a un’equiparazione acritica di qualsiasi corrente di pensiero, [e dunque di qualsiasi mostra di valori a essa correlati]».

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A Dongo, per ovvie ragioni, il rischio di tale appiattimento appare particolarmente gravoso. Il paese è inserito nel circuito dei Paesaggi della memoria che, allo stato attuale, include 24 località sparse su cinque regioni italiane – come è intervenuta a spiegare Maria Cleofe Filippi, presidente dell’associazione Paesaggi della Memoria – , ma che vorrebbe estendersi alle circa 130 presenti su tutto il territorio nazionale.
I luoghi danno alla memoria una dimensione fisica, visibile, duratura: riassumono in sé tante storie, colmano lacune di conoscenza, collegano vissuti diversi ma analoghi. Tra questi luoghi della memoria è inclusa la località di Sant’Anna di Stazzema, paese della Lucchesia che fu teatro della strage nazifascista in cui furono uccisi, il 12 agosto 1944, 560 persone, tra cui 130 bambini. Maurizio Verona, sindaco di Stazzema, ha mandato i suoi saluti ufficiali alla manifestazione, non avendo potuto parteciparvi di persona, rilanciando l’impegno a ricordare gli errori per non ripeterli, concetto che l’educazione e la cultura devono impegnarsi a trasmettere. [Alida Franchi, ecoinformazioni]

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Guarda le foto di Alida Franchi della manifestazione

Guarda le foto di Gianpaolo Rosso della manifestazione e del convegno “Ricordare la Resistenza”

Già on line sul canale di ecoinformazioni i video di tutti gli interventi della manifestazione e del convegno che si è svolto nel pomeriggio del 28 aprile.

 

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