Oggi sono andato al mio antico Liceo Volta per ascoltare Maurizio Migliori (dovrei dire il prof. Migliori: ma lì c’era l’uomo di sempre, anche se in veste di professore; e allora il titolo sarebbe solo un orpello). Presentava un suo colossale studio su Platone, e, tra gli altri, lo coadiuvavano Paolo Ceccoli – che fu mio alunno – e Claudio Fontana – che conobbi, supplente, nei primi anni del sindacato scuola della Cgil. Ovviamente non ho letto i due tomi, di 1500 pagine complessive, dello studio di Maurizio. Ho capito solo che ha rivisitato parola per parola Platone, riuscendo a combinare l’amore per lui e per la verità, a dispetto delle comode e riduttive od “originali” rappresentazioni che del filosofo massimo e del narratore incomparabile (o comparabile solo a Shakespeare) ci sono state per secoli e secoli fornite. Ricordo che Maurizio Migliori non fu mai, per me, una comoda compagnia nel sindacato: coltissimo, lucidissimo, determinato, non gli sfuggiva nessuna “aporia” del nostro pensare e del nostro agire. Ma aderiva con tanta intellettuale onestà e con tanto rigore a tutti i suoi assunti, che non solo lo rispettavo, ma anche gli volevo bene e lo ammiravo. Tutto ciò oggi si è ripetuto (e mi sono anche senilmente commosso). E credo, pregiudizialmente per ora, che la sua sia un’opera fondamentale e che nessuno potrà in futuro dire nulla di Platone, senza averla letta. Perché così era e così è ancora Maurizio Migliori: appassionatissimo e rigorosissimo. Mi ha assicurato che l’opus magnum – che vorrebbe riscrivere, perché socraticamente non sa essere apodittico – si riesce a leggere bene anche da bestioni come me. Ed è una cosa che farò. Gli ho promesso che, alla fine, sacrificherò un gallo ad Asclepio, per essere stato guarito da tanti luoghi comuni. Grazie Maurizio. Siamo di una buona generazione. [Gian Piero Testa per ecoinformazioni]