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Vivi sostenibile, edizione 2008

«Contaminare più gente possibile» questo il senso del progetto Vivi sostenibile, a qualcuno piace farlo, espresso da Marco Servettini dell’associazione L’isola che c’è che da più di quattro anni si impegna a diffondere un differente stile di vita.

In una conferenza stampa, venerdì 28 marzo all’Avc-Csv di via Col di lana 5, sono stati presentati i risultati dell’edizione 2007 del progetto Vivi sostenibile, a qualcuno piace farlo. 349 iscritti, 14 comuni coinvolti, 70 tra incontri e laboratori, 45 relatori provenienti dal territorio: un successo quello ottenuto nella scorsa annata dall’Isola che c’è e dalla sua rete, in collaborazione con il Coordinamento comasco per la Pace e l’Avc-Csv.
I temi che più hanno entusiasmato i partecipanti agli incontri sono stati quelli dell’abitare, preferito dagli uomini, e del mangiare, più sentito dalle donne, meno recepito è stato quello della mobilità. Dalla collaborazione con i Comuni e con le realtà locali sono nati diversi percorsi specifici: un’esperienza di pedibus a Guanzate, la nascita di un nuovo Gruppo di acquisto solidale a Villa Guardia e il consolidamento dei Gas già esistenti a Capiago Intimiano e Guanzate, lo sviluppo della ciclabilità nel comune di Erba e l’avvio di due corsi teorico-pratici: uno sull’autocostruzione di pannelli solari a Lurate Caccivio e uno sull’alimentazione naturale a Como e Grandate.
L’attivismo comasco, ha sottolineato Marco Servettini dell’associazione L’isola che c’è, è stato segnalato anche più volte dalla stampa locale e perfino dalla testata regionale del Tg3. Lo scopo del progetto del 2007 – ha continuato il portavoce de L’isola che c’è – è stato quello di far conoscere ai cittadini differenti stili di vita più consapevoli e sostenibili. La realizzazione di Vivi sostenibile, a qualcuno piace farlo è stata possibile grazie ai finanziamenti della fondazione Cariplo della regione Lombardia ottenuti vincendo un bando per l’educazione ambientale. Il costo del progetto è stato di 90 mila euro che la fondazione ha coperto al 60 per cento, la rimanente quota è stata raccolta tra gli organizzatori e i Comuni che hanno aderito all’iniziativa. La sfida per il futuro è di non dipendere più dalla fondazione Cariplo e di riuscire a stipendiare gli operatori che collaborano col progetto.
Per il progetto Quotidiano sostenibile 2008 sono stati coinvolti 20 Comuni e la novità più importante è stata l’adesione dell’ospedale S. Anna di Como. Al personale della struttura ospedaliera verranno proposti degli incontri per conoscere un utilizzo più ecologico e razionale delle risorse. I primi undici percorsi del progetto Quotidiano sostenibile 2008 verranno attivati da marzo, mentre altri partiranno in autunno. Una grossa novità sarà Municipi sostenibili, quattro seminari che propongono agli amministratori locali la possibilità di sviluppare le conoscenze sui temi della sostenibilità nell’attività edilizia e nel governo del territorio, della mobilità urbana, della trasparenza e della lotta alle mafie negli appalti pubblici, della partecipazione e della cittadinanza attiva. A questi incontri parteciperanno rappresentanti di istituzioni comunali provenienti da diverse zone d’Italia. In autunno questi temi verranno riproposti attraverso dei corsi di formazione che serviranno ad affinare gli strumenti di governo del territorio. Differentemente dalla passata edizione, sono state organizzate delle iniziative tese a interagire maggiormente con la cittadinanza dei comuni coinvolti. Verranno realizzate delle fiere solidali che coinvolgeranno produttori locali, durante le quali si terranno animazioni e laboratori per bambini e adulti. La prima fiera si terrà a Ponte Lambro in via Roma sabato 5 aprile dalle 14 alle 18. Inoltre il gruppo musicale La moranera presenterà il suo nuovo spettacolo Consumati attraverso le immagini e la musica verranno presentati gli aspetti positivi di un differente stile di vita. Il primo concerto sarà sabato 19 aprile alle 21.30 al centro civico di Bulgarograsso in via del Ravarino. Il programma completo delle iniziative è reperibile sul sito www.lisolachece.org. [Francesco Vanotti, ecoinformazioni]


Quando la mobilità diventa leggera

Nel secondo appuntamento del percorso Vivi sostenibile promosso dall’associazione L’isola che c’è si è parlato di mobilità sostenibile e turismo responsabile con Marco Castiglioni e Filippo Camerlenghi.

«L’associazione la Città possibile – ha esordito l’architetto Marco Castiglioni – si occupa di promuovere la partecipazione attiva dei cittadini intorno ai temi della riconquista e trasformazione degli spazi urbani. Il nostro obiettivo primario, in collaborazione con amministrazioni e cittadini, è quello di mettere a punto nuove politiche degli spazi urbani ispirate ai principi dell’ecologia urbana». Dal 1994 – ha spiegato il relatore alla trentina di presenti – Città possibile è impegnata in una serie di campagne per la riconquista degli spazi verdi, la sistemazione dei cortili scolastici, l’attuazione di interventi di moderazione della circolazione, ecc. «La mobilità è un aspetto essenziale del vivere quotidiano – ha proseguito Castiglioni – ed è in stretta relazione con molti aspetti: l’inquinamento, i rischi per la salute, la sostenibilità. La dispersione degli insediamenti sul territorio ha contribuito ad aumentare il numero di persone che si spostano con l’auto. I mezzi pubblici, infatti, non sono in grado di servire tutte queste zone contemporaneamente». L’eccesso di motorizzazione privata – ha chiarito il relatore – non solo compromette la mobilità, ma è rischioso per la salute. I dati dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) del 1998 parlano di 3.500 decessi per inquinamento, ogni anno, e di 1.900 ricoveri per problemi respiratori dovuti all’inalazione di sostanze tossiche aspetti: l’inquinamento, i rischi per la salute, la sostenibilità. La dispersione degli insediamenti sul territorio ha contribuito prodotte dalle auto. Senza contare che, secondo i dati Istat/Aci relativi al 2004, dei 224 mila incidenti che sono avvenuti sulle strade italiane il 74 per cento si è verificato nelle aree urbane. La macchina è diventata una protesi della quale non riusciamo a liberarci, pensiamo i nostri spostamenti sempre in termini di auto – ha sottolineato il relatore – senza prendere in considerazione mezzi alternativi».
Castiglioni ha introdotto il concetto di intermodalità, la possibilità di mettere in relazione diverse modalità di trasporto, per utilizzare il mezzo più adatto in base alle nostre esigenze. L’integrazione modale – ha chiarito l’architetto -permette di creare un effetto di sinergia tra mezzi di trasporto differenti e garantisce un risparmio in termini di costi economici, una maggiore sostenibilità degli stili di vita e una migliore qualità della vita, una riduzione del traffico e dell’inquinamento. Questo modo di muoversi è già una realtà in molti paesi europei, in Italia invece, secondo Castiglioni, «il trasporto pubblico, per come è strutturato, non è in grado di assolvere da solo le esigenze di mobilità di tutti i cittadini. Occorre valutare altri strumenti alternativi». Il relatore ha parlato quindi di minibus, di car pooling, di car sharing e di pedibus.
I minibus a chiamata sono un’alternativa alla macchina per tutti quegli utenti che vivono in zone “a domanda debole”, dove i mezzi pubblici sono sottoutilizzati ed effettuano un numero limitato di corse. Il servizio a chiamata prevede che i cittadini possano, prenotandosi telefonicamente, comunicare la fermata e l’ora di partenza.
Il car pooling, invece, prevede la condivisione della stessa auto da più persone che compiono un medesimo tragitto, mentre il car sharing è un servizio che permette di utilizzare un’automobile su prenotazione, prelevandola e riportandola in un parcheggio vicino al proprio domicilio, e pagando in base all’uso reale. L’automobile da bene di consumo diventa così solo un servizio, favorendo un cambio di prospettiva da parte degli utenti e una maggiore consapevolezza dei reali costi di utilizzo.

Il pedibus, infine, non è altro che un autobus a piedi, che accompagna i bambini da casa a scuola e viceversa percorrendo un itinerario preciso, con orari e fermate stabilite. É guidato da genitori, volontari ed insegnanti e oltre a contribuire a ridurre l’inquinamento consente ai bambini di muoversi, di socializzare e abituarsi alle regole della strada divertendosi.
La diffusione di questo modello di spostamento, nel prossimo futuro – ha concluso il relatore – sarà soggetto ad un potenziamento del servizio di trasporto pubblico, all’adozione di adeguati strumenti di pianificazione (ad esempio il Piano urbano della mobilità), ad azioni di disincentivo dell’uso dell’auto da parte delle amministrazioni, alla definizione di logiche di rete, con la creazione ad esempio di zone di interscambio in prossimità delle stazioni, dove depositare le biciclette, e all’istituzione di un biglietto unico per l’utilizzo combinato di più mezzi (ad esempio tram, autobus e treno).
Filippo Camerlenghi, rimasto a corto di tempo per il dilungarsi dell’intervento di Castiglioni, ha cercato in pochi minuti di fare chiarezza sul concetto di turismo responsabile: «non esiste una definizione precisa e non esistono parametri che chiariscono con precisione che cos’è il turismo responsabile. Si tratta di un approccio – ha spiegato il relatore – caratterizzato da una duplice preoccupazione che il turista deve avere nei confronti dell’ambiente dei luoghi che visita e del benessere delle popolazioni che vi abitano. Il concetto di sostenibilità va quindi inteso in senso economico, ambientale e sociale». Molto spesso – ha proseguito Camerlenghi – l’espressione viene utilizzata in riferimento al turismo nei paesi in via di sviluppo o comunque rivolto verso paesi lontani, ma in realtà «questo tipo di turismo si può fare anche in provincia di Como. Accanto alle grandi destinazioni i tour operator offrono sempre di più itinerari enogastronomici, visite a musei etnografici e a realtà poco conosciute, proprio perché l’interesse turistico è cambiato negli ultimi anni. Il turismo responsabile non è altro che una risposta a questi nuovi bisogni e applicato al nostro territorio potrebbe conferirgli nuovo valore». [Greta Pini, ecoinformazioni]

Il consiglio comunale di giovedì 27 marzo 2008

Bruni boccia la proposta di modifica del sistema comunale di aiuti alle famiglie avanzata dalle minoranze. Il consiglio resta in attesa della proposta della maggioranza.

Il consiglio comunale di giovedì 27 marzo ha visto al centro del dibattito una mozione proposta dalle minoranze per la riforma del sistema comunale di aiuti alla famiglia. Per il primo firmatario, Franco Fragolino del Pd, «bisogna attuare la promozione del soggetto famiglia, uscendo dalla logica assistenzialista e riconoscendo la famiglia come vero perno della coesione sociale del territorio». Gli aiuti previsti nella mozione si concretizzano nel miglioramento dei servizi offerti alle famiglie, con l’introduzione di una consulta delle associazioni famigliari e di un fondo unico per la famiglia, che dovrebbe raggruppare alcuni fondi ora separati. E ancora sconti su Tarsu e Ici sulla prima casa, portierato sociale e potenziamento del ruolo degli assistenti sociali, con un’attenzione particolare verso i problemi delle famiglie straniere.
Tematiche che hanno destato l’interesse di Roberto Rallo: «è facile parlare di 194, 195, 196… E poi dimenticarsi della famiglia nel momento del bisogno», che ha però espresso perplessità sulla definizione della consulta.
Di più ampio respiro l’intervento del sindaco Stefano Bruni, che sottolineando la centralità della famiglia ha però criticato l’azione del governo uscente, reo di aver voluto aprire il campo normativo alle famiglie “non tradizionali”, anche se senza successo. Il sindaco ha ricordato anche l’esperienza francese del quorum famigliare in cui le tasse sono riscosse su base familiare e le aliquote sono calcolate anche rispetto alla quantità di componenti della famiglia. Ma nonostante l’attenzione che l’amministrazione dichiara verso le famiglie, Bruni ha proposto di ritirare la mozione per iniziare prossimamente una discussione sull’argomento «prendendo anche spunto da questa mozione, eliminando però i punti di pura demagogia».
La discussione si è poi spostata sulle diverse definizioni di famiglia: per Marcello Iantorno, Pd, «la famiglia non è più solo quella tradizionale, ma è un unione di persone che stanno insieme con una forte solidarietà umana e affettiva». Posizione che ha incontrato la contrarietà di buona parte del centrodestra a partire dai consiglieri di Alleanza nazionale Claudio Corengia e Marco Butti.
La maggioranza ha quindi proposto un emendamento per posticipare la discussione e affrontarla all’interno della terza commissione comunale, quella che si occupa dei servizi sociali. Proposta respinta dai firmatari della mozione, nata proprio per sollecitare il Comune a prendere rapidamente una decisione sull’argomento.
Un appello accorato al voto favorevole è poi arrivato dal consigliere Mario Molteni, Per Como, «non pensavo che la discussione raggiungesse questo livello. Credo nella famiglia come vi crede il sindaco e mi discosto da Iantorno, Supino e Magatti. Lo spirito cristiano mi porta a parlare di solidarietà. Non la vedo sotto l’aspetto politico. La consulta famigliare è anche nel programma elettorale della maggioranza. Il 90 per cento di ciò che è contenuto nella mozione è anche nel vostro programma! Ed è assurdo che magari tra due mesi una proposta simile ci verrà presentata da voi!».
Luca Gaffuri ha stigmatizzato quindi «l’atteggiamento dilatorio di una maggioranza che posticipa le discussioni come per il trasporto pubblico, non permettendo mai al consiglio comunale di entrare nel merito delle questioni».
La mozione è stata così bocciata, nonostante il voto favorevole delle minoranze esclusa Paco, il cui rappresentante Bruno Magatti è uscito dall’aula dichiarandosi contrariato «da un dibattito incentrato sul mettere cappelli e primogeniture su tematiche delicate come queste». [Michele Donegana, ecoinformazioni]

Il consiglio comunale di mercoledì 26 marzo 2008

Approvate due mozioni dal consiglio comunale di mercoledì 26 marzo: una sull’emergenza rifiuti in Campania e l’altra per garantire la centralità e l’importanza di Malpensa per il sistema economico lombardo.

Dopo l’ennesimo ringraziamento da parte del presidente del consiglio Mario Pastore alla minoranza per avere garantito il numero legale per potere incominciare la seduta è stata data la parola al capogruppo della Lega Nord Emanuele Lionetti per spiegare la mozione presentata sulla situazione drammatica dei rifiuti in Campania, passata con i soli voti della maggioranza e l’astensione della minoranza, con i soli voti contrari di Rifondazione comunista e Paco. «Un’emergenza – ha ricordato l’esponente leghista – che è ormai una costante da quattordici anni. Napoli e le province limitrofe non riescono a smaltire i propri rifiuti, quando in Lombardia sono presenti tredici termovalorizzatori e in Campania neanche uno». Una situazione che è stata documentata anche dalla trasmissione Report per Lionetti «non sicuramente una trasmissione leghista o del centrodestra». Una presa di posizione decisa anche sull’eventuale smaltimento dei rifiuti nell’inceneritore comasco motivata anche dalle emissioni nell’aria che questo comporterebbe. Per Roberto Rallo, Forza Italia, il problema è l’incapacità politica della classe dirigente, non solo campana ma anche lombarda, che non è ancora stata in grado di creare infrastrutture come la Pedemontana.
Anche per Luca Gaffuri, capogruppo del Partito democratico, l’emergenza è dovuta «ad un’incapacità di governo di tutti i livelli locali e regionali». Ha quindi aggiunto che «non è possibile che ci siano regioni che su sanità e altre cose importanti non fanno la loro parte», per l’esponente del Pd bisogna comunque ricordare come Como debba ancora fare passi avanti sulla questione rifiuti quando altri centri lombardi ma anche alcuni Comuni della provincia raggiungono ben altri numeri per la raccolta differenziata. Donato Supino, Rifondazione comunista, ha invece posto l’accento su una «questione morale nazionale» attaccando anche la decisone dei rappresentanti delle amministrazioni campane anche quelli del suo stesso partito che, di fronte all’incapacità di governo dimostrata, non si sono dimessi e chiedendo di porsi il problema di uno sviluppo sostenibile per la nostra società consumistica. Per Bruno Magatti, Paco, il problema «non può essere visto in una visione localista» si è ormai inseriti in un “mercato” europeo dei rifiuti ed è diventato conveniente inviare i rifiuti in Germania, paese che ha costruito molti termovalorizzatori, e in cui ci si dimentica dei fumi degli stessi e delle ceneri che producono che devono a lora volta essere smaltite.

Il secondo argomento della serata è stato la mozione sul sostegno all’aeroporto di Malpensa, un argomento fortemente intrecciato con quello di attualità sul futuro di Alitalia, uno scalo che per i primi firmatari della Lega è una risorsa anche perché un suo eventuale declassamento potrebbe pesare sulla scelta dell’Expo 2015 che potrebbe anche andare in Turchia. Per Roberto Rallo la scelta stessa del luogo è stata sbagliata, «una cattedrale nel deserto che fosse stata fatta in Sicilia, si sarebbe detta frutto della criminalità organizzata», ma ormai «è giusto fare quadrato per difendere i soldi spesi». D’accordo con lui, «al 90 per cento», Bruno Magatti che ha sottolineato come «non potete chiederci di difendere l’indifendibile». Per Giorgio Carcano, Area 2010, Malpensa era l’unica localizzazione possibile, anche se «non ci si arriva bene e in fretta e non ha una forte compagnia aerea che dia dei servizi». Luca Gaffuri ha invece ricordato la «paralisi in termini di mobilità di scelte errate negli ultimi decenni in visione milanocentrica». Per il capogruppo dei Ds Malpensa ha le possibilità di rimanere centrale una volta finite le infrastrutture di servizio, senza fasciarsi la testa sulle prospettive di Alitalia a cui «non è più possibile dare aiuti di stato». La mozione è così passata con il voto favorevole della maggioranza e l’uscita dall’aula della minoranza, tranne l’assenso di Area 2010, e il voto contrario di Rifondazione comunista e Paco. [Michele Donegana, ecoinformazioni]

Sciopero bianco al carcere del Bassone

Stato di agitazione delle polizia penitenziaria del Bassone dopo la decisone di trasferimento d’uso della terza sezione. È iniziato lo sciopero bianco del personale che si atterrà d’ora innanzi alla lettera gli ordini di servizio e venerdì 28 e lunedì 31 marzo si asterrà dalla mensa obbligatoria di servizio.

Dopo la decisione di cambiare l’uso della terza sezione della struttura carceraria del Bassone da comune a protetta, per i detenuti protetti, ovvero tutte quei soggetti (un insieme davvero eterogeneo che comprende transessuali, pedofili, collaboratori della giustizia, ecc.) che potrebbero avere problemi a stare con i “generici” è stato dichiarato lo stato di agitazione e l’inizio di uno sciopero bianco da parte del personale di sorveglianza della casa circondariale comasca.
La struttura comasca, edificata nel 1985, soffre già di alcuni problemi strutturali. Nata per ospitare 176 detenuti ha ora una tollerabilità dichiarata di 580 posti, con una popolazione carceraria, che dopo l’indulto si aggira sulle 500 persone circa, divise in 6 sezioni. Il passaggio della terza sezione ha avuto un cedimento strutturale divenendo inagibile, mentre la quarta sezione è in ristrutturazione è non è ancora in grado di poter ospitare nessuno. «Nonostante i solleciti del provveditore [il responsabile regionale per l’amministrazione carceraria] in tal senso – spiega Massimo Corti, responsabile provinciale e regionale Cisl – Fps penitenziario – la struttura non si presta ad una simile trasformazione, data la conformazione della stessa che impone il passaggio verso gli spazi collettivi, come infermeria o colloqui, attraverso le zone comuni dove potrebbero nascere situazioni rischiose per il personale».
«Anche l’ipotesi di una turnazione per garantire “l’aria” ai detenuti – aggiunge il sindacalista – è di difficile praticabilità dato che servirebbe più personale, quando la situazione è già ora precaria con il personale sotto organico di ottanta unità».
I rappresentanti sindacali in una nota congiunta ricordano anche che il cambiamento di destinazione d’uso dovrebbe avvenire tramite un Decreto ministeriale e lamentano come «questo progetto nasca all’insegna dell’improvvisazione a discapito del personale tutto che vede la propria sicurezza alienata da provvedimenti nati da una valutazione superficiale e frettolosa». Massimiliano Corti sottolinea inoltre che «l’amministrazione ha preso una decisione senza sentire le parti sociali».
È iniziato così lo sciopero bianco del personale del Bassone che si atterrà d’ora innanzi alla lettera gli ordini di servizio e che venerdì 28 e lunedì 31 marzo si asterrà dalla mensa obbligatoria di servizio. Striscioni e bandiere sono già state esposte dalla struttura carceraria e se l’incontro di lunedì 31 marzo con il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria per la Lombardia non andrà a buon fine c’è già chi pensa di protestare autoconsegnandosi, cioè rimanendo nella struttura alla fine del proprio turno di lavoro. [Michele Donegana, ecoinformazioni]

Il consiglio provinciale di martedì 25 marzo 2008

Presentata la bozza di bilancio provinciale 2008 nella seduta di martedì 25 marzo. L’assessore al bilancio Patrizio Tambini: «Aprire un dialogo con Roma per ridefinire i criteri del federalismo fiscale».

Una piccola polemica ha aperto il consiglio provinciale di martedì 25 marzo. I capigruppo dell’opposizione hanno lamentato livelli di approssimazione troppo alti nella bozza di bilancio presentata ai consiglieri. «Ci sono voci di bilancio della portata di uno o più milioni, composte a loro volta da più capitoli di spesa, che non sono però specificati» ha dichiarato Mauro Guerra (Pd), «già in commissione bilancio – ha rincarato Renato Tettamanti (Prc) – erano stati richiesti dei documenti più approfonditi, ma quelli a noi consegnati non aiutano ad entrare nello specifico degli ambiti di spesa, quindi chiedo un rinvio del termine per la presentazione degli emendamenti». Richiesta che non è stata accolta nella breve riunione dei capigruppo.
L’assessore Patrizio Tambini ha però così motivato la scelta di fornire ai consiglieri un documento poco approfondito: «il consiglio è libero di emendare il bilancio spostando risorse da un settore all’altro, saranno poi gli assessori interessati a decidere dove tagliare o cosa incentivare», spiegazione che non ha convinto Mauro Guerra (Pd), che ha ricordato come «il bilancio autorizzi precisi impegni di spesa, sarebbe quindi importante sapere nel dettaglio come spenderemo le risorse».
L’assessore nel presentare il bilancio si è poi soffermato a riflettere sulla questione del federalismo fiscale, sottolineando che la Provincia già lavora in quest’ottica, essendo esattrice di molte imposte indirette. «Nonostante il nostro ruolo di esattori non possiamo ridistribuire le risorse. Anche quest’anno infatti torneranno a Roma circa 9 milioni di euro sui 54 che incassiamo. E questa cifra non è legata ai nostri introiti, ma è un importo fisso che ogni anno torna allo Stato. Occorrerà aprire un dialogo con il nuovo governo per ridefinire i criteri di questo federalismo fiscale, introducendo uno strumento oggettivo per calcolare quanto le province debbano versare allo Stato».
Tra le voci a capitolo nel bilancio 2008, 300 mila euro saranno spesi per la caserma dei Vigili del fuoco a Dongo che servirà tutta la zona dell’alto lago ad oggi sprovvista di questo servizio. Saranno anche acquistate le cucine del centro di via Del Doss.
In risposta all’interpellanza presentata dalla minoranza durante la scorsa seduta consiliare riguardante i Bpt sottoscritti dalla provincia mediante strumenti finanziari derivati, l’assessore ha ricordato che i buoni hanno fruttato alla provincia nei primi tre anni 2 milioni 400 mila euro. «Con la situazione economica globale non so se sarà conveniente mantenere questi buoni, gli uffici tecnici studieranno la questione e relazioneranno in commissione bilancio. Di certo prima di venderli dovremo aspettare che questi titoli vadano bene, come per le azioni, per non perdere altri soldi».
Per l’approvazione del bilancio occorrerà aspettare la seduta di lunedì 31, o più probabilmente di martedì 1 aprile, quando verranno esaminati e votati gli emendamenti dell’opposizione. [Francesco Colombo, ecoinformazioni]

Il Plinio contro lo svolgimento ad agosto dei corsi di recupero

Una posizione rivendicata anche dalle organizzazioni sindacali regionali che sottolineano l’autonomia scolastica stigmatizzando la “ingerenza” dell’Ufficio scolastico provinciale.

Non ha ancora trovato una soluzione il confronto fra docenti e dirigenti scolastici del Liceo scientifico Paolo Giovio e dell’Istituto Caio Plinio Secondo di Como. Tutto è nato dalla definizione del periodo di svolgimento dei corsi di recupero e la verifica finale per gli studenti che avranno dei debiti alla fine di quest’anno scolastico. La Regione Lombardia, propone come data di inizio dell’anno scolastico l’8 di settembre e, per non avere corsi e verifiche tropo a ridosso di tale data, una conferenza di servizio dei dirigenti scolastici provinciali, convocata dal dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale, ha deciso di svolgere le attività di recupero alla fine di agosto.
I due istituti cittadini avevano però già deliberato all’interno dei collegi docenti di svolgere tali attività all’inizio di settembre, una facoltà che è propria di tali organismi così come ricorda il sito del Ministero della pubblica istruzione nella parte domande più frequenti (faq): «il collegio dei docenti, presieduto dal dirigente scolastico, delibera la programmazione delle attività di sostegno e di recupero. Decide quindi anche i tempi delle verifiche del saldo dei debiti, tenendo conto delle particolari situazioni del singolo Istituto, che potrebbero anche non rendere possibile la conclusione di tutte le operazioni entro il 31 agosto». Con un’unica precisazione «l’unico vincolo che dovrà in ogni caso essere rispettato è che tutti gli adempimenti si concludano prima dell’inizio delle lezioni dell’anno scolastico successivo».
Lucia Del Giudice delegata Flc-Cgil della Rsu del Caio Plinio Secondo ha ribadito che «non è una questione di ferie, ma di rispetto delle prerogative del collegio docenti e dei toni adoperati». Il consiglio di istituto, che dovrà decidere l’inizio delle lezioni, non ha ancora espresso una data e, ha ricordato Lucia Del Giudice, «a breve verrà convocato un collegio docenti straordinario in cui ribadiremo la nostra posizione». Nel mentre le rappresentanze sindacali unitarie hanno presentato un volantino che è stato sottoscritto da 73 degli 85 docenti di ruolo dell’Istituto di via Italia libera e che sottolinea come sia già stata presa una decisione con una «fortissima maggioranza» e come i dirigenti scolastici alla conferenza dei servizi «avrebbero deliberato sulle tempistiche scavalcando di fatto la competenza, esclusiva in materia, dei collegi docenti e sul calendario scolastico scavalcando di fatto le competenze dei consigli di istituto».
Una presa di posizione ribadita fortemente anche a livello regionale da un documento congiunto Flc-Cgil, Cisl e Uil Scuola, firmato dal segretario generale Flc-Cgil Corrado Barachetti, che alza i toni precisando che «una “conferenza di servizio” è una riunione appunto di servizio di lavoratori di una certo ufficio (in questo caso: di dirigenti scolastici), convocata dal “capo” dell’ufficio stesso», un atto improprio secondo i rappresentanti sindacali del dirigente dell’Usp che «non è affatto il capo ufficio dei dirigenti scolastici, ma, caso mai, un dirigente pari grado» mentre il superiore gerarchico è il direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale. [Michele Donegana, ecoinformazioni]

Paratie e Grande stufa al sesto appuntamento con La piazza virtuale

Paratie e Grande stufa i due temi centrali del sesto appuntamento on-line con La piazza virtuale organizzata da L’AltraComo, mercoledì 19 marzo dalle 21.30.

La chiacchierata virtuale, che ha coinvolto una quindicina di persone, ha avuto inizio intorno alle 21.30. Dopo una breve introduzione nella quale gli organizzatori hanno sottolineato l’interesse della serata per le tematiche in discussione, Paratie e Grande stufa, la parola è passata a Territorio precario (Tp), un insieme di circoli, associazioni, sindacati e partiti che si occupano di analizzare il concetto di precarietà in riferimento a diversi ambiti, invitati per rispondere in merito alla questione delle Paratie. Alle prime domande poste dai presenti «a Como servono le paratie? Dopo i cambiamenti climatici degli ultimi anni esiste ancora il pericolo di esondazioni?» Tp ha risposto con un deciso no e ha da subito messo in evidenza l’aspetto politico della questione. «La “grande opera” – ha spiegato Tp – ha una funzione che non è propriamente quella di affrontare un problema concreto. Nel caso delle paratie di Como, il cui cantiere è appena iniziato, si pone un problema politico che ha a che fare con l’ideologia imperante nelle classi dirigenti, per cui ogni opera pubblica genera sviluppo e benessere.

In realtà a nostro avviso ciò genera degrado e devastazione ambientale. Per questo è importante che la popolazione si unisca in movimenti dal basso che contrastino le scelte imposte dall’alto».

È necessario «formare un comitato in grado di organizzare una reale opposizione» ha continuato Territorio precario sollecitato dalle domande dei partecipanti alla chat. «Attraverso questa piazza stiamo tentando di sensibilizzare e allargare l’azione – ha proseguito Tp – come per tutte le nostre iniziative cerchiamo un confronto con le soggettività presenti sul territorio per sollecitare la partecipazione attiva e inventare insieme nuove forme di opposizione». Alcuni presenti alla chat hanno proposto l’idea di lanciare un sondaggio sui giornali locali, per raccogliere le impressioni dei cittadini sul problema Paratie e sollecitare il dibattito. Territorio precario ha sottolineato la necessità di associare alla controinformazione anche azioni concrete di visibilità «per far emergere l’opposizione silenziosa dei cittadini, che abbiamo colto da quando ci occupiamo di questo progetto». «Non pensiamo ad articoli né trasmissioni – ha continuato Tp – piuttosto ad imitare movimenti come quello contro il Tav che qualcosa ha ottenuto». Territorio precario ha concluso l’intervento dando appuntamento ai “rivoltosi”, nel mondo reale, per giovedì 27 marzo alle 21 alla sede della Cgil, in via Italia libera, per un incontro-dibattito con comitati locali, associazioni e cittadini nel quale scambiare opinioni sul «che fare?».
Gli organizzatori hanno chiuso la prima parte della serata e hanno introdotto il tema «Villa Guardia ha bisogno veramente di un congeneratore a biomassa?», presentando Sabina Barca, del blog ripuliamoci.blogspot.com.
«La Grande stufa non è altro che un inceneritore a biomassa di cippato – ha spiegato brevemente Sabina – anzi un congeneratore che sarà in grado di produrre energia elettrica. Il Comune dice che bruciando la legna si produrrà energia elettrica e si potrà avere acqua calda sanitaria e per riscaldamento». «La legna – ha proseguito la blogger – sarà reperibile nel territorio da puliture di boschi, dal recupero di compostaggio e tagli di giardini. La centrale dovrà lavorare 24 ore su 24 e 12 mesi l’anno e dovrebbe subentrare alle caldaie in una zona completamente metanizzata». «Il risparmio economico – ha continuato Sabina – è dovuto al decreto legge 344 del ’98 per l’utilizzo di biomassa e dalla riduzione dell’Iva dal 20 al 10 per cento. Se una sola di queste agevolazioni decadrà il così decantato risparmio verrà a mancare». Barca ha poi posto l’accento sulle questioni che più la preoccupano: l’impatto ambientale e i rischi per la salute, «giocano sempre con la storia del Co2 nullo, ma non è qui il problema: le emissioni da combustione (anche di legna) producono diossine e altre sostanze tossiche, nonché polveri (Pm10) o le ultra sottili sotto il 2,5 Pm1. Queste polveri sono responsabili della gran parte delle malattie dei nostri anni: cardiopatie, ictus, malattie respiratorie e cancro. In Comune confidano in un filtro tecnologicamente avanzato, ma per la verità non c’è nessun filtro che può fermare le polveri sottili o le così dette nanoparticelle, che respiriamo in forma di aerosol mortale». «Il succo è – ha sottolineato Sabina – che non si deve cambiare il tipo di combustione, ma bisogna proprio eliminare le combustioni».
È poi subentrato nella discussione Piermario Vimercati, consigliere di minoranza del Comune di Villa Guardia per la lista civica Progetto per Villa Guardia, per spiegare le motivazioni che lo hanno portato a presentare una mozione alla Procura regionale della Corte dei conti per verificare «la legittimità per un’amministrazione comunale di assumere una partecipazione societaria, in una società a scopo di lucro, per di più come socio minoritario e quindi non una società “pubblica”». «Il consiglio comunale – ha spiegato Vimercati – possiede il 20 per cento delle quote della società. La legge finanziaria 2008 ha espressamente vietato ai Comuni questo tipo di partecipazioni societarie, ma poi sono state introdotte delle deroghe. L’unica deroga ammessa è nel caso in cui si tratti di società che producono servizi di interesse generale, ma per i consiglieri comunali in carica è impossibile determinare se una società come quella del teleriscaldamento abbia o meno i requisiti richiesti. Per questo vorrei sollecitare la corte dei conti affinché dia un parere al Comune». «Con la mia iniziativa in consiglio comunale – ha concluso Vimercati – ho ritenuto semplicemente di fare una cosa a garanzia dei cittadini e del Comune, ma non aspettatevi chissà quale responso dalla Corte dei conti».
Poco prima della chiusura della chat è intervenuto Fadhil, originario dell’Iraq e trasferitosi per qualche tempo nel comasco, che ha voluto condividere con i partecipanti il suo disappunto per la guerra che da cinque anni sta sconvolgendo il suo paese natale.
Sabina ha chiuso la serata ricordando a tutti gli interessati di visitare il suo blog ripuliamoci.blogspot.com per approfondire la questione della Grande stufa «perché la decisione che ha preso il Comune di Villa Guardia la respireranno in tanti!». [Greta Pini, ecoinformazioni]

Presentazione del progetto Salva un bambino!

Il Rotary club ha presentato mercoledì 19 marzo il progetto Salva un bambino! per l’educazione al primo soccorso delle persone che lavorano a stretto contatto con i bambini.

Dedicato agli insegnanti delle scuole materne, elementari e medie il Rotary Club Baradello ha organizzato nelle scuole un corso di rianimazione di bambini, rivolto a persone estranee all’ambito medico, come ad esempio i docenti. Il responsabile del progetto Alfredo Caminiti ha chiarito che il problema, nel soccorso, è quando e come intervenire, poiché il bambino è diverso dall’adulto: «l’obiettivo è insegnare le manovre giuste a coloro che non masticano medicina, per rianimare e salvare la vita ad un bimbo». C’è inoltre la difficoltà nell’uso degli strumenti: un defribillatore può salvare la vita, ma bisogna saperlo usare. Il corso dura quattro ore, in un primo momento viene spiegato l’approccio, poi mostrate delle diapositive, ed infine gli insegnanti, divisi in gruppi, passano all’esercitazione pratica. Franco Brenna, ideatore del progetto, ha chiarito che per evitare che ci si dimentichi della lezione appresa il Rotary lascia un cartellone così non si dimenticherà la procedura. Alfredo Caminiti ha messo in risalto come i primi minuti dopo il trauma siano fondamentali per un corretto soccorso e dunque saperli gestire è alla base di una buona riuscita dell’intervento. Il provveditore agli studi Benedetto Scaglione ha concluso facendo notare come l’iniziativa di formazione del personale docente risulti gratuita, grazie all’impegno volontario dei formatori. Il progetto, attualmente già attivo al Collegio Gallio, si sta diffondendo anche in istituti pubblici e l’auspicio è che sempre più scuole aderiscano. [Nicoletta Nolfi, ecoinformazioni]

Il futuro polo ambulatoriale dell’ospedale Sant’Anna

Presentato mercoledì 19 marzo il futuro polo ambulatoriale dell’ospedale Sant’Anna in via Napoleona. L’assessore regionale Bresciani attacca la ministro Turco, ma conferma che il denaro statale per il nuovo nosocomio c’è dalla fine di gennaio.

Presentata la futura struttura dell’Azienda ospedaliera Sant’Anna a Camerlata alla presenza dell’assessore alla sanità della Regione Lombardia Luciano Bresciani che, intervenendo sul finanziamento delle nuove strutture sanitarie, ha affermato «abbiamo dovuto fare acrobazie per portare a casa quanto quello che era dovuto». I soldi per fare il nuovo ospedale rientravano nel piano di edilizia sanitaria 2003-2006 il cui importo è stato saldato a fine gennaio 2008 solo dopo il rifiuto di firmare il terzo atto del procedimento da parte dell’assessore senza un impegno concreto da parte del ministero a pagare. Per Luciano Bresciani il ministro della salute Livia Turco «guarda la Lombardia come se fosse il demonio, che guardi le altre regioni, che vada a vedere che qualità forniscono e i loro bilanci in rosso mentre quello lombardo è in pareggio». L’assessore lombardo ha poi aggiunto «la Turco fa bene a criticare, ma non a fare una critica esasperata che fa vedere la sanità lombarda come meno efficiente di quello che è», mentre a Toronto la Lombardia è stata l’unica regione nel gruppo dei migliori sistemi sanitari assieme ad altre sette nazioni, tra cui la Francia e la Germania «ciò non toglie – ha ribadito l’assessore alla sanità – il fatto che ci sono ancora cose da migliorare come le liste d’attesa, le cure di primo e secondo livello nel territorio, il decentramento, la cura delle malattie croniche, cambiare la mentalità ospedalocentrica».
Venendo al tema dell’incontro con la stampa il direttore generale Andrea Mentasti ha presentato il futuro dell’area nella quale è previsto un grande poliambulatorio che coprirà 12-14 mila metri quadri, in tre, quattro palazzine fronte strada costruite ex novo e ristrutturate, fornendo alcuni servizi di primo livello, raggruppando servizi ora sparsi in città. La direttrice sanitaria, Laura Chiappa, ha spiegato invece più nello specifico le caratteristiche della nuova struttura che non sarà destinata ai degenti bensì a pazienti esterni all’ospedale. A Camerlata rimarranno le strutture di fisioterapia, il day hospital di dermatologia e diabetologia, le strutture per il prericovero, ambulatori particolari, ad esempio quelli per le malattie trasmesse sessualmente, cardiologia, solo per visite ed elettrocardiogramma non per test da sforzo o scintigrafie, radiologia tradizionale, non quella ad alta tecnologia con mezzi di contrasto, tac e risonanza magnetica, il centro prelievi e il centro trasfusionale. Saranno presenti anche un punto informazioni, la cassa e un luogo di ristoro. «Verrà garantita la presenza di un anestesista – ha proseguito la direttrice sanitaria – per cui sarà possibile una chirurgia ambulatoriale che non richieda anestesia totale». Verranno quindi trasferite le strutture di via Carso e via Pessina: odontoiatria, oculistica, agopuntura, terapia del dolore. Incertezza ancora per la scuola infermieri e per il trasferimento di pneumologia, se arriverà in via Napoleona oppure nel nuovo ospedale. Aprendo un Centro di assistenza limitata a Camerlata con un massimo di 15 posti letto crescerà la disponibilità per la dialisi superando gli attuali 35 posti letto che verranno trasferiti ai “Tre camini”. Per il direttore sanitario nel progettare ciò che sorgerà al posto del vecchio ospedale «si è cercato di specializzare le strutture evitando frammentazioni in modo che gli operatori non debbano fare spola da una sede all’altra».
Concludendo Andrea Mentasti ha annunciato entro l’anno l’introduzione a Como della possibilità del parto indolore. [Michele Donegana, ecoinformazioni]