Associazione giuliano-dalmati

Il confine orientale e il Comasco: un giorno per ricordare davvero

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In vista del Giorno del ricordo, fissato al 10 febbraio dalla legge del 30 marzo 2004 che lo istituiva in memoria «delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale», si è svolto venerdì 5 febbraio nel salone della Biblioteca Comunale di Como il primo incontro di un breve ciclo organizzato dal sindacato Scuola della Cisl dei laghi, dall’Istituto di Storia Contemporanea “Pier Amato Perretta” di Como, dall’Associazione Giuliano-Dalmati di Como e dal Progetto San Francesco, con il patrocinio del Comune di Como e dell’Ufficio Scolastico provinciale.

È da molti anni, sostanzialmente dal momento dell’istituzione, che molti enti e mote associazioni si adoperano per sottrarre il Giorno del ricordo alla retorica nazionalista (quando non addirittura alla servitù ideologica anticomunista), per farne invece un momento di approfondimento di una fase storica particolarmente complessa e particolarmente drammatica, che coinvolse non solo una regione precisa (il cosiddetto confine orientale e le regioni balcaniche con presenze italiane) ma l’intera nazione e – in realtà – gran parte dell’Europa.

L’incontro di ieri pomeriggio è stato, in questo percorso, un momento molto importante, perché non solo ha riportato al “tavolo” degli organizzatori anche l’Associazione dei giuliano-dalmati, in passato spesso acriticamente contraria ai tentativi di approfondimento storico, ma anche e soprattutto perché ha portato l’attenzione sui riflessi della crisi nel territorio comasco. Nell’intervento di Marinella Fasani è stata infatti presentata la ricerca L’accoglienza nel Comasco dei profughi giuliano-dalmati, in corso a cura dell’Istituto di Storia Contemporanea. Per la prima volta si è cercato di dare una risposta a quanti furono e come furono accolti i profughi che a più riprese, nel corso degli anni Quaranta (già durante gli anni di guerra) e Cinquanta, furono costretti a lasciare le terre dalmate e istriane. I problemi della ricerca sono numerosi (a partire dalla mancanza di documenti originali), ma già qualche precisazione è stata possibile darla, sui numeri (qualche centinaio di esuli vennero “accolti”, in diverse fasi, ed erano spesso famiglie già segnate dalla guerra) e sull’“accoglienza”, poco governata – almeno inizialmente – dalle istituzioni e quasi sempre delegata al “buon cuore” della cittadinanza e delle parrocchie. Per la prima volta, per esempio, sono stati individuati i luoghi dove in prima battuta si alloggiarono i profughi (alcuni alberghi, alcune scuole).

 

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Il successivo intervento di Roberto Spazzali, direttore dell’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione del Friuli Venezia Giulia, che da anni si occupa a fondo delle deriverse questioni relative al confine orientale, è servito a mostrare quanto complessa sia la vicenda storica di quei territori, nei quali si aggrovigliano rivendicazioni ed esigenze di numerose nazioni e popolazioni. A partire dal trattato di Campoformio (1797), ma in realtà da prima ancora, e per tutto l’Ottocento, su quelle aree, caratterizzate da un strettissimo intreccio di culture diverse, da immigrazioni e spostamenti di ampi gruppi di popolazione, si concentrarono gli interessi di molti Stati, volti a “spostare” il baricentro dell’area in direzioni diverse.

Dal lungo, e appassionato (oltre che straordinariamente informato) intervento di Spazzali si può ricavare l’impressione che la rivendicazione delle “appartenenze” nazionali non possa far altro che complicare la comprensione dei fenomeni, e che – anche negli ultimi decenni – è difficile attribuire patenti di correttezza e purezza ai vari protagonisti.

Anche l’incontro di ieri non può quindi essere considerato che una tappa di un lungo percorso di approfondimento, per mantenere vivo il “ricordo” liberandolo dalle distorsioni.

Il percorso è proseguito nella stessa giornata di venerdì 5 febbraio con una serata nella sala consiliare di Lurago d’Erba, e con una mattinata dedicata alle scuole di secondo grado nell’Auditorium Don Guanella, sabato 6 febbraio.

Nella serata del 10 febbraio, alle ore 21,15 presso l’Auditorium dell’oratorio di Lipomo (ingresso libero), viene presentato lo spettacolo Nella pancia della balena. Canto per le vittime delle foibedi Gabriele Penner, con Arianna Di Nuzzo e Gabriele Penner, organizzato dall’Amministrazione comunale di Lipomo in collaborazione con Teatro d’acqua dolce e Istituto di Storia Contemporanea “Pier Amato Perretta” di Como. [Fabio Cani, ecoinformazioni]

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