Paco: no alla diga!
Risolto il giallo del primo progetto delle paratie dato per scomparso dagli amministratori di Palazzo Cernezzi. Paco è riuscito a ritrovarlo ed in esso ci sono le prove di quanto il consigliere della rondine aveva dichiarato in Consiglio: la quota prevista per il primo lotto era 199,10 metri sul livello del mare e non 200,30 come oggi voluto dalla Giunta Bruni. Il problema non è il muro è la diga.
Per Bruno Magatti, consigliere comunale di Paco, bisogna ringraziare Marco Fumagalli, allora giornalista del Corriere di Como, se finalmente si può far luce su un giallo che non è escluso possa interessare anche alla magistratura nei prossimi giorni.
Infatti a detta del consigliere della rondine l’articolo pubblicato su Il Corriere di Como del 3 novembre 2008 è stato la traccia che ha permesso di confermare la memoria che prima del progetto delle paratie, attualmente sciaguratamente in via di realizzazione, ne era stato redatto uno che effettivamente prevedeva di procedere per gradi limitandosi nel primo lotto a “difendere” solo fino alla quota 199,10 m sml. Da qui il quesito svolto in Consiglio comunale per conoscere perché si fosse abbandonata tale ipotesi. Da qui lo stupore per la risposta arrivata e sembra accolta anche delle altre opposizioni che dichiarava che quel progetto non esisteva,che se ne era forse parlato in Giunta, ma non era agli atti.
Ulteriore ringraziamento Magatti ha ritenuto di dover esprimere a Espansione Tv che rendendo possibile la visione televisiva dei consigli comunali sul muro della vergogna ha fatto cogliere ad un cittadino il paradosso di un progetto di cui si negava l’esistenza o peggio si era smarrita traccia. Così questo cittadino ha consegnato il progetto a Paco che oggi lo ha mostrato alla stampa.
Si tratta, leggendo il frontespizio, del Documento dell’Amministrazione comunale di Como intitolato Opere di difesa dalle fondazioni del lago nel comparto Piazza Cavour – Lungo Lago, Progetto esecutivo 1° lotto. Una cinquantina di pagine, firmate dagli ingegneri Ugo Maione e Carlo Terragni e dall’architetto Renato Corti veramente illuminanti. Alla pagina 23 si afferma infatti testualmente: «Il 1° lotto dei lavori, oggetto del presente appalto […] prevede la formazione di opere di difesa dalle esondazioni del lago nel comparto Piazza Cavour -Lungolago. Gli interventi previsti in questa fase dei lavori consentiranno di difendere la città dalle esondazioni fino alla quota di 199,10 m s.l.m».
In pratica l’idea di allora era cominciare a proteggere fino ad una quota molto più bassa di quella che ha portato alla necessità di edificare il muro della vergogna sicuri che tale intervento avrebbe consentito di contenere le eventuali esondazioni a non più di 1 ogni quattro anni. Affidando ai lotti successivi il raggiungimento della quota 200,30.
Si trattava di una prospettiva notevolmente più prudente e assennata tanto che Paco adesso propone di fermarsi appunto a quella quota e di non fare altri danni evitando anche di costruire paratie mobili, allora previste e fortemente criticate ed oggi ancora con maggiore certezza valutate inutili e dannose.
Per Paco la necessità di arrivare a quota 200,30 non era e non è derivata da un serio studio statistico, idrologico, pluviometrico, meteorologico e ingegneristico, ma solo sulla banale analisi dei pochissimi dati dal 1946 al 2000 e un semplicistico ragionamento: se in quegli anni 16 volte il Lario ha superato la quota 199,10 m s.l.m la supererà altrettante volte negli anni futuri.
Paco sottolinea anche il fatto che oggi disponiamo di una serie ben più ampia di dati, che nel frattempo la situazione del bacino dell’Adda e di quello del Lario è notevolmente cambiata che la quota 200,30 non è un dogma, è di fatto solo la quota più alta dell’attuale Passeggiata a lago, sembra davvero difficile che il caso abbia determinato che tale punto, ben 20 cm più del massimo livello mai raggiunto, sia proprio l’altezza che la diga dovrebbe raggiungere oggi. Essa è invece certamente una quota così alta da impedire la vista del Lario dalla città in tutti i periodi nei quali le paratie (anche senza l’attuale muro) saranno alzate e la raggiungeranno. L’imponente diga sembra più adatta ad aumentare le dimensioni della provvista d’acqua per irrigazione disponibile per l’agricoltura lungo la valle dell’Adda che a “difendere” da un pericolo che non esiste la città di Como. Come dire Como si sacrifica rinunciando alla vista del Lario, ma in compenso c’è chi può lucrare di più sulle concessioni di acqua per l’irrigazione della pianura.
Inoltre Magatti ha evidenziato che essendo espressamente richiesto dalla Legge Valtellina (che finanzia l’opera) il rispetto del “Patrimonio paesaggistico” le opere oggi in costruzione non possono garantirlo essendo assai più invasive e deturpanti. Il muro della vergogna apparirebbe poca cosa rispetto al disastro ambientale che si svelerebbe alla popolazione se l’opera venisse ultimata.
Paco quindi propone prima di tutto un cambiamento terminologico che aiuta a meglio inquadrare il problema ritenendo che sia giusto nel caso del cantiere in questione parlare della costruzione di una diga e non di “opere di difesa” o leggiadre “paratie”, quindi il blocco dei lavori per ultimare solo quelli previsti dal primo lotto del progetto redivivo non realizzando le paratie. Per fare ciò per Magatti è necessario che l’intero Consiglio comunale prima di tutto accerti l’opinione dei cittadini con un referendum che dovrebbe essere l’intero Consiglio comunale ad offrire alla città