Mese: Novembre 2009

Il Consiglio comunale di Como di lunedì 9 novembre 2009

cernezziApprovata la Manhattan comasca, un altro scempio sul territorio «da Muggio non si vedrà più il Baradello!» denuncia Lucini.

Il problema delle multe non registrate e della richiesta, ulteriore, di pagamento da parte del Comune delle stesse già saldate è stato posto dal consigliere di Rifondazione donato Supino: «a 9 mila comaschi, che hanno già pagato è stato chiesto di corrispondere nuovamente i soldi» e il consigliere si è poi chiesto «come mai sono entrati dei soldi nelle casse comunali e non sono stati registrati?».Roberta Marzorati, Per Como, ha invece richiesto la sistemazione definitiva degli scarichi fognari che scendendo da via Rienza scaricano il proprio troppo pieno nel Cosia.
Luigi Bottone, Gruppo misto, ha invece domandato a quanto ammontano i ristorni delle tasse dei frontalieri dati al Comune di Como per opere infrastrutturali e quali siano queste strutture.
Vittorio Mottola, Pd, ha chiesto nuovamente una recinzione per il cippo ai caduti di Ponte Chiasso.
Alessandro Rapinese, Area 2010, ha chiesto di trasformare in ordini del giorno diverse interpellanze da lui presentate al sindaco e le cui risposte non l’hanno soddisfatto: dalla nomina di un rappresentante del sindaco in Agenda 21, sempre rimandata, alla consulenza esterna per la redazione del Pgt, alla mancata notifica di una multa al consigliere stesso, fino all’inattività della Commissione biblioteca.
Gianmaria Quagelli, Pdl, ha chiesto di «non fare aspettare due, quattro, sei mesi [così come accade normalmente], se non ha più senso» la discussione di una mozione sui crocefissi nei luoghi pubblici da lui presentata.
Il sindaco ha quindi recisamente dichiarato al consiglio delle dimissioni di Caradonna e della sua sostituzione con Stefano Molinari e della nuova redistribuzione degli incarichi all’interno della Giunta, Ezia Molinari è la nuova vicesindaca.
Decadendo Molinari come consigliere del Pdl avendo accettato la nomina ad assessore il Consiglio ha dovuto votare la proroga con il primo dei non eletti della vecchia lista di An facendo rientrare dopo qualche hanno nell’assemblea Augusto Giannattasio. «Noi siamo quelli che geneticamente devono fare e a volte sbagliano – ha dichiarato il neoconsigliere – ma ora ci rimetteremo in piedi».
L’assemblea ha quindi affrontato la definitiva approvazione del Piano di recupero di via Morazzone, già passata in aula, dopo i trenta giorni di esposizione per la raccolta di eventuali osservazioni. La delibera è passata con i soli voti della maggioranza, contrari Paco, Prc, Vincenzo Sapere, Gruppo misto, Rapinese, Mottola, astenuti Dario Valli, Area 2010, Pd, Per Como.
Si sarebbe dovuto affrontare così la nomina dei revisori dei conti comunali, ma su proposta del capogruppo Pdl Marco Butti, dato che nella maggioranza non è ancora stato trovato un accordo, è stata decisa l’inversione dell’ordine dei lavori passando al Piano di recupero presentato da Gamma 3 per la zona fra Camerlata e Muggiò, scendendo dalla canturina lungo il Fiume Aperto.
Il sindaco ha presentato il progetto che prevede un insediamento di 382 abitanti in 5 condomini di cui 4 di 9 piani alti 32 metri tra il Fiume Aperto e la massicciata delle Ferrovie dello stato. Edifici che pur partendo dal fondovalle saranno alti come i condomini, posti ben più in alto, di via Turati. «In cambio degli standard di urbanizzazione abbiamo ottenuto box e case e monetizzazioni per 561 mila euro» ha poi concluso il primo cittadino.
Dopo una schermaglia verbale fra Rapinese, che ha chiesto se qualcuno degli amministratori aveva qualche interesse nel progetto, e Massimo Serrentno, Pdl, i consiglieri dell’opposizione Bruno Magatti, Paco, e Mottola hanno rilevato la mancanza di servizi in zona e l’assurdo di una pista ciclabile interna al nuovo quartiere. «Devo rilevare una lacuna nell’esposizione del sindaco – ha detto Mario Lucini, Pd – si è dimenticato di dire del voto contrario al Paino del Consiglio di Circoscrizione», infatti il parlamentino di quartiere di Albate, governato dal centrodestra, ha espresso parere negativo. «Da via Turati non si vedrà più il monte Goi e da Muggiò non si vedrà più il Baradello – ha esclamato il consigliere democratico – sarà un disastro oltre che paesaggistico viabilistico» dato che i futuri residenti andranno ad incidere negativamente sulle attuali strade dal calibro ridotto. Lucini ha infine ricordato che il piano era stato bocciato (due astenuti ed un voto contrario tra le file della maggioranza) anche in Commissione urbanistica. Lucini ha spiegato che dal piazzale del S. Anna si vedranno in altezza ancora 6 piani delle 4 torri.
Dopo l’appello di Rapinese ai leghisti «non deludete Montorfano!», presidente leghista della Circoscrizione 1, e di Gianni Imperiali, Pd, «cercate di convincermi che bisogna della bontà di questo progetto!», ed un involuto intervento di Emanuele Lionetti, Lega, la maggioranza ha chiesto una sospensione di un quarto d’ora per confrontarsi.
Erano le 22.37, alle 23.05 Arturo Arcellaschi, Pdl, è uscito infervorato dalla sala riunioni minacciando di andare a casa, alle 23.25 è ripreso il dibattito.
Lucini ha subito stigmatizzato la situazione «il 14 ottobre noi siamo stati 10 minuti in più in riunione e voi avete ripreso la seduta senza aspettarci ora siete stati fuori 40 minuti in più», raccogliendo gli applausi del pubblico in sala. Supino ha aggiunto, rivolto a Pastore, «io una volta solo ho chiesto una sospensiva e lei voleva darmi tre minuti! Alla maggioranza ne dà 40 in più».
Giampiero Ajani, Lega, ha chiesto quindi un’ulteriore sospensiva, alle 23.35 «di 15-20 minuti» per consultarsi col proprio gruppo.
«Arturo specia un mument!» ha dovuto urlare a Arcellaschi in fuga, alle 23.47, Butti per cercare di fermarlo, gettandosi al suo inseguimento per i corridoi di Palazzo Cernezzi.
Alle 23.52 la seduta è ripresa e il sindaco ha replicato al Consiglio. «Non credo che da Muggiò non si vedrà Camerlata» ha precisato, si tratta di una bonifica di una riqualificazione e riferito ai senza tetto che si rifugiano nell’area «non andranno più a dormire lì non siamo un paese del Terzo mondo».
Con i soli voti favorevoli della maggioranza, l’astensione di Valli, e il parere negativo delle minoranze e della Lega, la seduta è stata prolungata ad oltranza.
Di seguito alle dichiarazioni di voto di Valli e Luca Gaffuri, Pd, contrari al Progetto, quella che è stata definita la Manhattan comasca è stata approvata con i voti del Pdl, unico astenuto Paquale Buono, l’astensione della Lega, ed il voto contrario delle minoranze. [Michele Donegana, ecoinformazioni]

Carioni commissario ad acta

inceneritoreCarioni, commissario ad acta con i poteri del Consiglio provinciale ha riadattato il Piano provinciale per la gestione dei rifiuti. Il consigliere provinciale Renato Temmanti denuncia l’aumento del 20 per cento del potenziale di utilizzo del forno Acsm portandolo a ben 151.600 t/ annue e chiede della cosa si parli nel Consiglio provinciale del 16 novembre.

Il presidente della Provincia di Como Leonardo Carioni è stato nominato Commissario ad acta per la gestione dei rifiuti dalla Giunta regionale il 28 ottobre scorso.
Il 5 novembre, dopo che «l’istruttoria svolta dalla Regione ha evidenziato la non conformità del piano», bocciandolo nell’agosto scorso», e che «la Provincia di Como ha comunicato alla Regione l’oggettiva impossibilità del rispetto delle scadenze previste per le integrazioni cartografiche richieste e per l’espletamento delle procedure consiliari di riadozione», Carioni in solitaria, con la «deliberazione [n. 1] del commissario ad acta con i poteri del Consiglio provinciale» ha riadattato il Piano provinciale per la gestione dei rifiuti.
Cosa prevedeva il Piano provinciale? «L’utilizzo del ricorso al termovalorizzatore – spiega Renato Tettamanti consigliere del Prc – per una quantità di 118 mila t/ annue e di invio alla discarica di Mozzate di 46 mila t/ annue nel quadro di un cosiddetto scenario C (equilibrio tra recupero di materia e recupero di energia), basato sul miglioramento della raccolta differenziata, consentendo il recupero di materia e sottrazione della frazione organica a discarica e termovalorizzatore. Uno scenario da noi contestato in Consiglio provinciale perché ancora troppo timido nell’utilizzo della raccolta differenziata e per un ricorso ancora significativo a termovalorizzatore e discarica».
Tutto è cambiato però con la delibera del 7 agosto della Giunta regionale quando – spiega Tettamanti – «con la scusa della solidarietà interprovinciale, aumenta del 20 per cento il potenziale di utilizzo del forno Acsm portandolo a ben 151.600 t/ annue. La vicenda non è ancora esecutiva, ma è molto probabile che senza un’ampia opposizione divenga realtà».
«Tutto – ha precisato il consigliere eletto nelle liste del Prc – in assenza di controlli sulle emissioni e delle ricadute sulla salute dei cittadini. Solo ora sta partendo una prima parziale indagine da parte di Arpa Lombardia di Como a seguito di un ordine del giorno proposto dalle opposizioni in consiglio provinciale. Ad oggi gli unici dati disponibili sono solo quelli di parte aziendale che naturalmente non riscontrano nessun problema».
Per il consigliere comunista «vengono gettati via anni di discussioni data la decisione di Carioni, in ossequio alle direttive della Regione, comunicandolo ai consiglieri via fax».
«Si apra la discussione in Consiglio provinciale lunedì 16 novembre, se no a cosa servono tutti i discorsi sul federalismo e le competenze delle province? – ha chiesto Tettamanti – anche perché quest’argomento è strettamente collegato alla gara d’appalto sulla raccolta di rifiuti nel capoluogo, non ancora indetta, dato che adesso è più conveniente bruciare e Acsm/ Agam ha in programma la costruzione di una terza linea del forno».

Basta Bruni: in piazza con Giù la Giunta

vol1Più di 150 persone hanno partecipato alla manifestazione contro Bruni e la sua Giunta che si è svolta domenica 8 novembre in piazza Cavour a Como dalle 10,30 alle 12,30. Pioggia e vento gelido, ma anche un’inedita unità di intenti tra le opposizioni. La critica a Bruni oltrepassa il muro.

L’obbiettivo del Comitato Giù la Giunta di riunire in un unica voce l’insieme delle critiche e delle proteste contro i mostri realizzati dal centrodestra comasco è stato raggiunto con una manifestazione corale nella quale la voce dei diversi esponenti delle forze politiche del centro sinistra e della sinistra lariana si sono composte insieme a quelle di associazioni e movimenti.
Ancora da costruire invece il tentativo, pur fortemente voluto dagli organizzatori, di riempire la piazza delle persone indignate per i diversi disastri compiuti dal sindaco Stefano Bruni e dalla sua Giunta indipendentemente dalle scelte politiche di ciascuno dei partecipanti.
Sotto la pioggia, al centro di piazza Cavour, si sono susseguiti gli interventi di Patrizia Signorotto (Giù la Giunta), Bruno Magatti (consigliere comunale di Paco, sull’Area Sant’Anna), Roberta Marzorati (consigliera comunale di Per Como, una fiaba per riflettere su come abbattere i muri che dividono le persone), Donato Supino (consigliere comunale Prc, sul tema dei trasporti), Marcello Iantorno (consigliere comunale Pd, sull’area ex Trevitex), Maurizio Casarola (allenatore squadra di lotta, sul nuovo palazzetto dello sport di Muggiò) Edi Borgianni (Territorio precario, sulle paratie), Nino Taiana (Associazione Libero Fumagalli, sul porticciolo travolto dal Lario), Ermanno Pizzott, portavoce di Paco sulla gestione dei rifiuti), Renato Tettamanti (consigliere provinciale eletto nelle liste del Prc, sullo sviluppo del 20 per cento deciso dalla Regione Lombardia per il forno inceneritore di Como), Luca Corvi (segretario provinciale Pd, per un ringraziamento agli organizzatori e l’espressione della volontà di dialogo tra le forze politiche e gli autoconvocati).
La manifestazione si è quindi spostata sotto i portici della piazza al riparo della pioggia, ma non del vento gelido che ha indotto gli organizzatori a concludere l’iniziativa intorno alle 12,30.
Positivo date le condizioni atmosferiche che hanno limitato la partecipazione il giudizio di Patrizia Signorotto che preannuncia che il Comitato organizzerà nei prossimi giorni un’altra assemblea per decidere nuove iniziative: «Si pensa a una manifestazione all’esterno del Comune la sera durante una seduta del Consiglio e ad un ulteriore impegno per rafforzare la rete di comunicazione tra i partecipanti».

Via Bruni e la sua Giunta domenica 8 novembre

vol2«Domenica in manifestazione: partecipa e … porta una scatola da scarpe». Il Comunicato con il quale il Comitato Giù la Giunta invita alla partecipazione alla mobilitazione sostenuta anche da partiti e associazioni che si svolgerà domenica 8 novembre in piazza Cavour a Como dalle 10,30.


Il testo, sottoscritto da Comitato Giù la Giunta, Alessandro Rapinese, Altra Como, Arci, Associazione per la Sinistra, Associazione Radicali Como, Circolo culturale “L. Fumagalli” di Albate, Giovani Democratici, La Città Possibile, Lista per Como, Paco – Progetto per amministrare Como, Partito Democratico, Rifondazione Comunista, Territorio precario, Verdi, del comunicato che invita alla mobilitazione di domenica 8 novembre contro la Giunta Bruni.

«Domenica 8 novembre, a partire dalle 10.30, in Piazza Cavour a Como si terrà una manifestazione unitaria promossa da un comitato spontaneo di cittadini e sostenuta dalle firmatarie associazioni e partiti. La manifestazione vuole sollecitare la giunta comunale ad assumersi le proprie responsabilità di tutti i problemi di Como a oggi senza soluzione, dei quali il muro e il progetto delle paratie sono solo la parte più evidente. L’obiettivo è l’incontro tra persone che vedono aumentare a poco a poco il degrado della città e credono si possa ancora intervenire per migliorare la situazione. I cittadini di Como e della provincia sono invitati a partecipare e portare con sé una scatola da scarpe».

Bertinotti a Como: Ricostruire almeno una sinistra

bert«Fino al 14 aprile 2008 avevamo due sinistre. Ora non ne abbiamo più nessuna. Si tratta di ricostruirne almeno una»: questo il giudizio sulla situazione odierna con cui Fausto Bertinotti, ormai fuori dalla vita politica attiva, si è espresso durante la presentazione del suo ultimo libro: Devi augurarti che la strada sia lunga.

La serata, organizzata venerdì 30 ottobre nel salone dell’Unione dei Circoli Cooperativi di Albate a Como dall’Associazione per la Sinistra, è stata seguita da un centinaio di persone ed ha offerto l’occasione per una riflessione intorno alla domanda che tutti si fanno dopo le elezioni politiche nazionali ed europee.
In Italia non mancano le lotte, non mancano le associazioni, non mancano i gruppi che in qualche modo si proclamano o si richiamano o rappresentano interessi affini alla sinistra, ma nessuno di loro, come non accadeva più dai tempi del Fascismo, è più collegato o collegabile ad una qualsivoglia rappresentanza parlamentare. Certo non si può parlare del Pd come di un partito di sinistra, almeno di quella sinistra che vorrebbe un’alternativa, piuttosto che la semplice alternanza interna all’attuale sistema sociale e di potere. Sollecitato da chi scrive, Bertinotti non è arrivato al punto di dire che il PD, con la sua “vocazione maggioritaria” e la teoria del “voto utile”, abbia contribuito alla scomparsa della sinistra per ragioni meramente di potere o di occupazione opportunistica delle istituzioni, come molti sostengono. Tuttavia egli ha condiviso l’idea che i Democratici rappresentino al massimo quella che una volta si chiamava “sinistra borghese”, il primo partito liberale di massa della storia italiana, paradossalmente nato da genitori tutt’altro che borghesi e liberali quali la destra del Pci e la sinistra della Dc.
Se dunque il Pd ha i suoi problemi perché deve fare i conti quotidianamente con contraddizioni che negano la sua “ragione sociale”, che ne è e che ne sarà di chi vorrebbe ancora una sinistra capace di alimentare la speranza di una società più giusta, di una società in cui le contraddizioni più gravi e le diseguaglianze più scandalose siano un ricordo e non una minaccia, un fatto del passato e non una realtà quotidiana? Ammesso che questa sinistra non sia una pura e semplice illusione, il bel libro di Bertinotti cerca di rispondere a questa domanda attraverso una sorta di autoanalisi politica. Complici le domande delle giornaliste Ritanna Armeni e Rina Gagliardi, la lunga intervista ripercorre a grandi tappe la vicenda personale e politica del protagonista e utilizza la sua esperienza di dirigente, sindacale prima e politico poi, come una specie di lente d’ingrandimento per comprendere meglio la realtà. Lungo i dieci capitoli del libro, Bertinotti ci guida alla scoperta dei motivi che, dal suo punto di vista per molti aspetti privilegiato, hanno condotto alla sconfitta.
Le cose hanno cominciato a mettersi male negli anni Ottanta, quando, di qua e di là dell’Atlantico le quasi contemporanee politiche economiche liberiste di Reagan e della Thatcher fecero capire al mondo intero che il clima internazionale era cambiato. Lo capì anche la Fiat che iniziò la ristrutturazione più importante della sua storia, decine di migliaia di licenziati e cassintegrati, settimane di scioperi e di picchetti, la famosa marcia dei 40 mila quadri e impiegati che chiedevano la ripresa del lavoro, l’accordo siglato con i sindacati costretti a digerire praticamente tutto quello che la Fiat aveva chiesto. Quella fu per Bertinotti una sconfitta molto più dolorosa di quella elettorale più recente perché, come scrive nel suo libro, essa determinò “lo scompaginamento dei lavoratori, della tua gente, del tuo popolo”. La sinistra dunque come comunità antropologica, non tanto e non solo come classe operaia, o classe degli sfruttati, ma anche come comunità di sentimenti e di passioni, muore davanti ai cancelli di Mirafiori nell’autunno del 1980.
Negli ultimi venticinque anni ci sono stati molti tentativi di rianimare quel corpo morto, di far sopravvivere qualcosa di quella lunga stagione di lotte che si apre con la fine della Seconda Guerra Mondiale e si chiude simbolicamente pochi anni dopo la vertenza Fiat con la caduta del Muro di Berlino. Quello che Bertinotti si chiede è se quei tentativi, non ultimo il generoso sforzo di una Rifondazione Comunista, da lui diretto tra il 1993 e il 2006, non siano stati alla fine vani per ragioni così profonde e che forse non si volevano conoscere e affrontare tanto erano difficili e inquietanti. È possibile, cioè, secondo Bertinotti tentare di analizzare più a fondo la sconfitta epocale della sinistra non attribuendola solamente ad errori o “tradimenti”, come fanno in parte le frange più nostalgiche di quella che egli ha chiamato la sinistra identitaria. Si può cercare, come ha spiegato all’attento uditorio, di capirne le radici, di individuarne i germi. Egli ritiene la sconfitta della “primavera di Praga” il momento di non ritorno della vicenda della sinistra europea del Novecento. Fu allora, infatti, nell’agosto del 1968, che il sistema uscito dalla Rivoluzione d’Ottobre dimostrò che non poteva più essere riformato dall’interno. Oggi possiamo dire che allora, sotto i cingoli dei carri armati che spegnevano l’entusiasmo del popolo cecoslovacco, la speranza suscitata dagli avvenimenti russi del 1917, il modello di società che tanto aveva fatto nel male e nel bene, perdeva per sempre la sua “forza propulsiva”, come riconoscerà troppi anni dopo Enrico Berlinguer. “Dopo quell’avvenimento – dice Bertinotti nel suo libro – i nostri sono stati tentativi nobilissimi e, in mancanza d’altro, necessari, ma nella sostanza, anche se inconsapevolmente, disperati”.
Dopo la presentazione del libro, il dibattito si è naturalmente aperto sulle ferite più recenti e molti degli intervenuti hanno cercato di portare l’autore su tematiche di politica attiva. Qualcuno ha rimproverato a Bertinotti di non aver  mai fatto autocritica, di essersi preso la responsabilità della sconfitta della Sinistra Arcobaleno, ma di non aver mai chiarito le ragioni delle sue scelte, qualcun altro ha proposto per la sinistra il tema del nuovo modello di sviluppo, secondo lo slogan della cosiddetta “decrescita felice”, qualcun altro infine ha chiesto all’ex-presidente della Camera cosa intendesse dire che per rifondare o rifare una sinistra ci vorrebbe una sorta di big-bang culturale. Le risposte a queste domande sono state molto coraggiose, ma hanno deluso forse più di uno  dei presenti. In sostanza Bertinotti non ha proposto formule risolutive. Il momento di crisi è epocale, le mutazioni sociali non autorizzano trasformismi di comodo e, forse, l’unica strada per una sinistra seria consiste nel resistere dove possibile e nello studiare per conoscere meglio la nuova società e i nuovi bisogni di un mondo sempre più complesso e unito, ricco di differenze e di somiglianze, in preda al drammatico problema di un capitalismo che produce sempre più tempo libero e sempre meno opportunità di lavoro, sempre più ricchezza per pochi e miseria per molti.
In altre parole, secondo Bertinotti, è possibile che la cancellazione totale della sinistra dalle istituzioni sia dovuta non già all’abbandono delle posizioni, alla perdita dei punti di riferimento del Novecento, quanto piuttosto a non aver osato abbastanza nei processi di rinnovamento della rappresentanza e della lotta. I comunisti e i socialisti, la sinistra operaia e sindacale, i movimenti anticapitalisti e altermondialisti non hanno perso rappresentanza perché hanno tradito o hanno fallito ma perché non sono stati capaci di cambiare profondamente, sono rimasti ancorati ad idee vecchie, andate in fumo quarant’anni fa nel rogo di Jan Palach in piazza San Venceslao a Praga. La sinistra dovrebbe essere capace, ma qui anche Bertinotti non riesce essere chiaro, di ricostruirsi da capo, con un nuovo inizio, un big bang tutto da inventare. Per questo l’unica strada, forse, è quella di praticare con pazienza lo spirito della poesia di Kavafis da cui Bertinotti ha tratto il titolo del suo libro. La lirica racconta di chi si mette in viaggio per Itaca, fuor di metafora una società più giusta, e si deve augurare che la strada sia lunga, che il viandante non tema gli ostacoli, che abbia sempre in mente la meta, che tragga tutti gli insegnamenti possibili dalle difficoltà che si frappongono al suo cammino e, quando la raggiunga non sia deluso dal fatto che magari non corrisponda alle sue attese. Come dice il poeta “Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso/ già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare”. [Paolo Ceccoli per ecoinformazioni]

A Como domenica 8 novembre contro Bruni e la sua giunta

bruppo personeManifestazione contro Bruni e la sua giunta domenica 8 novembre dalle 10 alle 13,30 in piazza Cavour. L’assemblea di martedì 3 novembre indetta dai promotori di “Giù la giunta” ha deciso di fare propria modificandola l’iniziativa del Pd già in corso di organizzazione. La presenza in piazza  nelle intenzioni degli organizzatori sarà aperta a tutte le persone che condividono la necessità di cambiare il governo della città e non avrà caratterizzazioni di partito, né simboli di associazioni o movimenti.

I dettagli nelle nostre prossime edizioni.

Giù la Giunta!

Arrivano nuove adesioni alla proposta di manifestazione cittadina trasversale contro la Giunta Bruni dai partiti politici, come Rifondazione comunista, al mondo dell’associazionismo come l’Arci di Como, per passare per le liste civiche come Paco, mentre aumentano le singole adesioni. Tutti si incontreranno martedì 3 novembre alle 20.30 alla Sala Noseda in via Italia Libera 23 a Como.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: