Sara Sostini intervista Eugenio Bennato

Pur essendo un mare “chiuso”, ben delimitato da coste, definire il Mediterraneo al di fuori dalla geografia è quasi impossibile: secoli di stratificazioni storiche, culturali, etniche e politiche ne hanno reso labili i contorni, mutevoli le forme. Ma, per quanto sfuggente, questo «luogo della mente» è istantaneamente riconoscibile e comprensibile, soprattutto attraverso uno dei linguaggi più antichi (e in un certo senso, universali): la musica. Eugenio Bennato ha saputo raccogliere nel corso della propria carriera un patrimonio secolare di note, musiche, motivi e strumenti, riscoprendone i modi e le storie e raccontandole ai propri ascoltatori con una sfumatura immediatamente riconoscibile.

Da Musicanova a Taranta Power, passando per l’esperienza con la Nuova compagnia di canto popolare, il musicista napoletano diventa nuovo aedo di latitudini meridionali, facendo parlare territori differenti con storie d’amore e di briganti, di minoranze dimenticate e schiacciate da un mondo sempre più egoista, competitivo, veloce, tenendo sempre come punto fermo del proprio orizzonte musicale quel «mare comune», crocevia di sale e umanità, ma segnando la rotta con una direzione altra, differente, rispetto al passo imposto da una contemporaneità famelica. La redazione di ecoinformazioni ha colto l’occasione del concerto del 21 giugno a Sarzana (La Spezia), per confrontarsi con l’autore di Che il mediterraneo sia, scelta come sigla del primo festival delle culture del Mediterraneo all’Arci Mirabello di Cantù sabato 25 e domenica 26 giugno: nella bellissima cornice del circolo Arci Canaletto (che ringraziamo ancora una volta per l’ospitalità), il viaggio in punta di corde di chitarra si è snodato lungo itinerari antichi eppure attuali, fatti di riflessi e rifrazioni sociali, senso di colpa, cultura del (ri)morso, sincretismo, passi di danza, migrazioni e diritti.

[Intevista a Eugenio Bennato di Sara Sostini, regia e montaggio video di Dario Onofrio].