23 agosto/ Fff per l’Amazzonia

La disattenzione criminale verso la crisi biofisica del pianeta trova conferma nella incapacità di cogliere che gli incendi in Amazzonia, incrementati dalla politica del presidente fascista del Brasile Bolsonaro che così favorisce il disboscamento mettendo migliaia di ettari a disposizione degli speculatori che hanno finanziato la sua elezione, colpisco l’intero pianeta non solo le sventurate popolazioni brasiliane.

Fff si mobilita in tutto il paese e anche a Como lo sciopero del venerdì del 23 agosto sarà dedicato alla controinformazioni e alla mobilitazione per l’Amazzonia. Il documento di Fff:

“L’amazzonia è una foresta pluviale equatoriale in America meridionale e ospita la maggiore biodiversità della terra: 750 specie di alberi, 400 specie di uccelli e 125 specie di mammiferi. Questa foresta è in grado di fornire all’atmosfera aria pulita, garantendo ossigeno all’essere umano. Per questo motivo l’Amazzonia è chiamata polmone della Terra.

Qualche giorno fa l’Inpe (Istituto Nazionale per le ricerche spaziali) ha denunciato un’accelerazione della deforestazione dell’Amazzonia sotto la presidenza di Jair Bolsonaro. Proprio Bolsonaro, alcune settimane fa, ha licenziato il direttore dell’Istituto dopo le critiche arrivate sul governo dopo la diffusione dei dati sul vertiginoso aumento del tasso di disboscamento dell’Amazzonia, rilevato proprio dall’Inpe; circa il 65% in più rispetto al 2018. Gli ambientalisti hanno accusato Bolsonaro di incoraggiare il disboscamento da parte di taglialegna e agricoltori. Il presidente ha bollato i dati dell’Inpe come fake news.

A metà della giornata dello scorso lunedì, il cielo sopra la città di San Paolo in Brasile, è diventato buio. La città, come altre parti degli stati federati del Brasile Mato Grosso e Paraná, è stata oscurata da una coltre di fumo causata dagli incendi che stanno divorando l’Amazzonia.

La stagione degli incendi nell’Amazzonia è solo all’inizio, ma il fumo è già così tanto che si può vedere dallo spazio.

La settimana scorsa, la NASA ha pubblicato alcune immagini satellitari, che mostrano la distribuzione degli incendi e del fumo in Brasile. Le fiamme in Amazzonia rilasciano una media di 500-600 tonnellate di diossido di carbonio nel corso di un anno intero. Nel 2019, per ora, hanno già prodotto 200 tonnellate di gas serra.  Tramite le immagini satellitari si è potuto tracciare il moto di spostamento del fumo, che ha completamente saturato l’aria a San Paolo. Gustavo Faleiros, che lavora per il notiziario ambientalista InfoAmazonia, ha detto via mail che la qualità dell’aria è persino peggiore in campagna che in città.

La notizia di questi incendi arriva nel mezzo di un’operazione di deforestazione estesa voluta dal presidente di estrema destra Jair Bolsonaro, che ha scatenato non poche proteste localmente e molta preoccupazione a livello internazionale. Se il fumo dovuto agli incendi è una minaccia concreta per la salute degli abitanti della zona, un numero di incendi maggiore è anche un fattore di stress in più sulla foresta pluviale dell’Amazzonia come intero ecosistema.

In passato, l’umidità dell’Amazzonia l’ha protetta da incendi massicci, ma la siccità, la deforestazione e l’agricoltura potrebbero rendere gli incendi così frequenti da alterare completamente il paesaggio, ha avvertito uno studio nel 2014. Stando a un post di InfoAmazonia, l’Istituto nazionale di ricerche spaziali del Brasile prevede che le precipitazioni piovose nell’Amazzonia centrale e settentrionale saranno il 40 o 50 percento sotto la norma nei prossimi tre mesi.

Purtroppo la deforestazione risulta sempre più attiva in queste zone, poiché quest’area per le sue risorse permette di ottenere onerosi guadagni con vendite di legname, sfruttamento di giacimenti minerari, coltivazioni e allevamenti intensivi. Ma ricordiamoci che sono le piante verdi a mantenere stabile la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera, attraverso la fotosintesi clorofilliana: il disboscamento crea il noto “effetto serra”, desertificazione di territori secchi, erosione, inquinamento degli ecosistemi acquatici e altresì sottrazione delle risorse per le popolazioni indigene,  colpevoli di nient’altro che aver ereditato quelle terre dai propri antenati e usufruire dei beni della natura con rispetto e coscienza.

Numerosi ambientalisti denunciano questi avvenimenti da qualche tempo, a differenza del governo brasiliano con a capo il presidente Jair Bolsonaro che ha minimizzato le preoccupazioni ambientali durante la sua campagna presidenziale 2018, minacciando di strappare il Brasile dall’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e di promuovere lo sviluppo minerario ed economico della foresta pluviale amazzonica. 

Bolsonaro entrato in carica dichiara di voler aumentare la conversione della foresta pluviale in terreni agricoli, per fare “ grande “ il brasile, per sacrificare altro spazio, per ottenere quello che già abbiamo.

L’amazzonia ha un ruolo chiave nel controllo del clima sulla terra. Se il tasso di disboscamento accelera ulteriormente, le conseguenze su scala globale potrebbero essere immense. 

L’Amazzonia è qualcosa di più di un ecosistema, di una grande foresta, di un immenso paese da tutelare. L’amazzonia è il nostro futuro: è una delle ultime risorse naturali che siamo ancora in grado di poter proteggere. 

Ora non abbiamo più tempo di preoccuparci, senza agire! E non vi sto dicendo di prenotare il prossimo volo e partire alla “ protezione della giungla”, perché si può fare molto di più partendo dalle piccole cose, partendo dalla nostra quotidianità.

Secondo la Fao il 26% delle terre emerse è destinato agli allevamenti, ai campi per produrre mangimi e agli impianti di trasformazione e confezionamento. Stiamo parlando di un quarto della superficie del pianeta non ricoperto dalle acque, pari all’estensione di Europa e Africa messe insieme.

Questo dato è odierno ed è già preoccupante, ma lo è ancora di più se si considerano la crescita della domanda di carne e l’aumento della popolazione mondiale. Quanta altra terra siamo disposti a consumare per i prodotti di origine animale?

La colpa della deforestazione è in parte da attribuire all’agricoltura industriale e dell’allevamento intensivo che il Brasile ha sdoganato, piazzandosi al secondo posto per le esportazioni globali di soia, in gran parte OGM. Agricoltori e allevatori hanno la responsabilità di circa un terzo della deforestazione amazzonica, spinta quest’anno proprio da una crescita nel Mato Grosso, lo Stato brasiliano con il più alto livello di produzione nel settore.

L’agonia dell’Amazzonia non conosce tregua.

Le tue scelte di ogni giorno possono fare la differenza. Contrastiamo con le nostre scelte alimentari la deforestazione dell’Amazzonia!” [Fff Como]

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