memoria

25 aprile/ Anniversario della Liberazione sul Bisbino

Blo-MonumentoResistenzaEuropeaDei Comuni di Cernobbio, Brienno, Carate Urio, Laglio, Maslianico e Moltrasio.

 

«Il 25 aprile 1945 rappresenta una data fondamentale nella nostra storia. Quel giorno, dopo un grande contributo di sangue e sofferenza, tutti coloro che combatterono contro il giogo nazi-fascista contribuirono alla rinascita della democrazia nel nostro Paese. Sono trascorsi 69 anni da quei drammatici momenti che segnarono la conclusione non solo del lungo e doloroso conflitto mondiale ma anche di una feroce contrapposizione fratricida, soprattutto a partire dall’8 settembre 1943. Il 25 aprile del ’45 rappresentò, dunque, un nuovo inizio per l’Italia e per gli italiani – scrivono in un manifesto congiunto i sindaci Patrizia Nava, Brienno, Daniele Maggi, Carate Urio, Paolo Furgoni, Cernobbio, Roberto Pozzi, Laglio, Mario Luppi, Maslianico, Maria Carmela Ioculano, Moltrasio –.Al fine di ricordare il sacrificio e il coraggio di tutti coloro che parteciparono alla Resistenza, di quanti pagarono con la vita il proprio amore verso il prossimo, la propria terra, la libertà o che a causa di questi valori furono costretti a sottostare a terribili sofferenze, come ogni anno le Amministrazioni Comunali di Cernobbio, Brienno, Carate Urio, Laglio, Maslianico e Moltrasio, invitano la cittadinanza a partecipare alla celebrazione dell’anniversario della “Liberazione” alla vetta del monte Bisbino». Un appuntamento ormai tradizionale fra i Comuni del Basso Lario, con un taglio però onnicomprensivo. Non si ricorda solo la Liberazione, ma anche i caduti della prima guerra mondiale in un ricordo indistinto di tutti i caduti in un clima patriottico di commemorazione dei caduti della patria e omaggio alla bandiera che pone degli interrogativi su come ricordare e proporre i valori della Resistenza. [md, ecoinformazioni]

 

Programma

Rovenna

Alle 9.30, Monumento ai caduti: benedizione delle corone destinate ai monumenti e cippi che ricordano il sacrificio dei caduti Cernobbiesi della Grande guerra e della Seconda guerra mondiale e deposizione corona al monumento di Rovenna.

Monte Bisbino

Alle 11, santa messa con la partecipazione della parrocchia di Monte Olimpino in pellegrinaggio di riconoscenza per il ritorno dei reduci dell’ultima guerra;

Alle 12, benedizione del tricolore e alzabandiera e deposizione corona;

Alle 12.30, ritrovo presso il Rifugio Bugone per commemorazione caduti e deposizione corona alla presenza dei sindaci dei Comuni di Brienno, Carate Urio, Cernobbio, Laglio, Maslianico, Moltrasio.

25 aprile/ Cerimonia ai giardini a lago a Como

monumentoresistenza-bmp[1]Al Monumento alla Resistenza intervento del sindaco e del presidente provinciale Anpi Guglielmo Invernizzi.

 

«Venerdì 25 aprile ricorre il 69° anniversario della Liberazione – precisa Palazzo Cernezzi –. Il programma della cerimonia prevede il ritrovo alle 9.30 al cimitero monumentale per la celebrazione della messa a suffragio e la deposizione delle corone, alle 10 al Sacrario militare seguirà la deposizione delle corone; alle ore 11 al Monumento alla Resistenza europea, ai giardini a lago, ci saranno le orazioni ufficiali del sindaco di Como Mario Lucini e del presidente provinciale dell’Associazione nazionale partigiani italiani Guglielmo Invernizzi. Seguirà l’omaggio e la deposizione delle corone. Nel corso della cerimonia sarà presente la Banda di Rebbio». [md, ecoinformazioni]

12 aprile/ La Resistenza in Brianza raccontata da Piero Arienti

la_resistenza_in_brianzaLa Resistenza a Erba e nel territorio brianzolo. La nostra gente nella lotta di Liberazione è il titolo della conferenza che l’assessorato alla Cultura – Commissione biblioteca di Erba propone sabato 12 aprile alle 16, nella Sala mostre della biblioteca comunale in via Joriati 6. Interverrà Pietro Arienti, autore dei libri La Resistenza in Brianza (Bellavite editore, 2013, 308 pagg, 14 euro) e Dalla Brianza ai lager del Terzo reich (Bellavite editore, 2012, 528 pagg, 18 euro). La conferenza è a ingresso libero.

La P2/ Intrecci di potere da ricordare

gerardocolomboPartecipazione sentita all’incontro dell’8 aprile in Biblioteca di Como con Gherardo Colombo e Anna Vinci La P2 nella storia della Repubblica. Cosa è cambiato a 30 anni dalla Commissione d’inchiesta parlamentare. L’iniziativa è stata organizzata dall’Istituto di storia contemporanea Pier Amato Perretta, dall’Università popolare Auser e dall’associazione Memoriacondivisa con il patrocinio del Comune di Como.

La parola è stata subito data a Gherardo Colombo, ex magistrato milanese noto per aver condotto importanti inchieste tra cui la scoperta della Loggia massonica P2, che ha ricostruito in maniera puntuale i fatti accaduti a partire dal marzo 1980 con l’uccisione di Guido Galli, magistrato di cui era collega all’Ufficio Istruzione di Milano e assassinato dal nucleo armato di estrema sinistra Prima Linea. Quest’omicidio, assieme a quelli di altri due magistrati a Salerno e a Roma, diede il via a una serie di richieste di trasferimento da parte di molti magistrati milanesi. In quel periodo Milano faceva davvero paura, già dalle dieci di sera non si vedeva in giro più nessuno e il timore di essere coinvolti in attentati era grande. Colombo fu uno dei pochi magistrati che rimase a Milano e per questo i vari processi su Sindona furono assegnati a lui, a Giuliano Turone e a Gianni Galati. Durante le indagini vennero scoperti i frequenti contatti tra Joseph Miceli Crimi, medico che aveva organizzato il viaggio clandestino di Sindona a Palermo, e Licio Gelli. Gli uomini della Guardia di Finanza di Milano vennero quindi inviati a perquisire i luoghi che quest’ultimo frequentava e, contro ogni aspettativa, i documenti rinvenuti si dimostrarono di eccezionale rilevanza. Erano state trovate le liste d’iscrizione alla loggia massonica Propaganda 2, di cui Gelli era maestro venerabile. I nomi presenti nelle liste sono tanti ( poco meno di mille) e spesso altisonanti: dodici generali dei Carabinieri, cinque generali della Guardia di Finanza, ventidue generali dell’Esercito, quattro generali dell’Aeronautica militare, otto ammiragli, direttori e funzionari dei vari servizi segreti (compresi i capi di Sismi e Sisde), quarantaquattro parlamentari, due ministri dell’allora governo, un segretario di partito, giornalisti (quasi tutto il Corriere della Sera), imprenditori (tra cui Silvio Berlusconi), banchieri, faccendieri e magistrati. La P2 si costituiva quindi come vero e proprio luogo di incontro tra gli ambienti e i poteri più disparati, in cui la politica sommersa prosperava su quella ufficiale e la loggia stessa fungeva da strumento di controllo e condizionamento. La paura di depistaggi e insabbiamenti era tanta, ma i magistrati decisero che le istituzioni dovevano essere informate della gravità della situazione. Il presidente del Consiglio Forlani li ricevette a Palazzo Chigi il 25 marzo e ad aprir loro la porta fu il prefetto Semprini, che risultava iscritto negli elenchi della P2. Le carte vennero poi rese pubbliche e il governo cadde, ma nel giro di poco meno di sei mesi la Procura di Roma sollevò il conflitto di competenza e tutti i documenti vennero trasferiti da Milano a Roma. Le indagini più rilevanti vennero subito archiviate.
Nel settembre del 1981 venne istituita una Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2 e la presidente della Camera Nilde Iotti chiamò Tina Anselmi a presiederla. Di quanto il ruolo dell’Anselmi fu impegnativo e di come per lei fu difficile restare lucida e impassibile di fronte a tentativi di attentato e depistaggi, ce lo ha raccontato durante l’incontro Anna Vinci. La scrittrice romana ha avuto in consegna dalla ex parlamentare i fogli di appunti accumulati durante i lavori della Commissione proprio perché slegata da poteri forti e perché tutto quello che in essi era racchiuso non andasse perduto. Intrecci di potere, depistaggi, legami trasversali, ma anche ricatti e minacce sono racchiusi nel libro della Vinci La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi [Chiarelettere, 2011, 548 pagg, 16,60 euro].
Dal libro emerge come la Anselmi fosse una vera statista e da ex partigiana prendere atto di una tale mancanza di rispetto per le Istituzioni risultava inconcepibile e molto duro. Rimarca lei stessa in un’intervista del maggio 1984: «Questi tre anni sono stati l’esperienza più sconvolgente della mia vita. Solo frugando nei segreti della P2 ho scoperto come il potere, quello che viene delegato dal popolo, possa essere ridotto a un’apparenza. La P2 si è impadronita delle istituzioni, ha fatto un colpo di Stato strisciante. Per più di dieci anni i servizi segreti sono stati gestiti da un potere occulto». La Anselmi era sicuramente un personaggio scomodo e non corruttibile, e la memoria del suo operato è bene venga tenuta viva al fine di rappresentare un modello per le nuove generazioni.
L’incontro si è concluso con interventi del pubblico a sostegno dell’attività di Gherardo Colombo, che come magistrato in quegli anni ha rischiato la vita, ma non è mancato qualche attacco a politici attuali.  Un partecipante è infatti intervenuto definendo il Partito democratico e l’attuale presidente del Consiglio Matteo Renzi come  frutto delle scelte della P2. I relatori lo hanno invitato ad informarsi meglio e alla partecipazione attiva alla politica, ma soprattutto a non generalizzare perché come diceva la stessa Anselmi: «Per scegliere e decidere, bisogna conoscere». [Federica Dell’Oca, ecoinformazioni]

I venerdì della storia

I venerdì della storiaQuattro appuntamenti 11 e 25 aprile, 2 e 9 maggio alle 21 al Liceo scientifico Enrico Fermi e al Teatro San Teodoro di Cantù, «con l’intento di approfondire vicende della storia contemporanea italiana», organizzati da Liceo Fermi, Coordinamento comasco per la Pace, Centro studi schiavi di Hitler e Comune di Cantù.

 

«Venerdì 11 aprile, al Liceo Fermi [in via Giovanni XXIII] – spiega la presentazione –, si parlerà di Vicende e memorie del confine orientale, con Roberto Spazzali, docente presso l’Università degli studi di Trieste che, con le sue pubblicazioni, ha contribuito a rimuovere l’oblio e l’omertà sulla storia di Venezia Giulia, Istria, Dalmazia.

Il 25 aprile al Teatro San Teodoro [via Corbetta 7], si terrà il concerto dei Barabàn, Venti5 d’Aprile, musica per la festa della Liberazione, uno spettacolo moderno e di straordinaria efficacia. Una vera e propria lezione di storia in musica che racconta, attraverso canzoni e melodie di rara bellezza, appassionate testimonianze e immagini di grande forza evocativa, cosa fu la Resistenza.

Venerdì 2 maggio, al Liceo Fermi, interverrà Miguel Gotor, docente di Storia moderna all’Università di Torino e attualmente senatore della Repubblica. Parlando de L’Italia degli anni 70 tra speranze e tempeste, affronterà il passato recente della Repubblica, con il sogno di un mondo nuovo e le lotte di potere, le vicende inquietanti, le tragedie».

«Questa prima edizione – termina lo scritto – si concluderà il 9 maggio, al Teatro San Teodoro, dove si parlerà della Prima guerra mondiale ma con l’obiettivo puntato lontano dal fronte, per cercare di capire le trasformazioni portate dalla guerra al nostro territorio e alla popolazione. Il Piave mormorava, vita quotidiana, guerra e spagnola tra il 14 e il 18, è il titolo. Interverranno Valter Merazzi, del Centro studi schiavi di Hitler e Carlo Antonio Barberini del Centro Filippo Buonarroti».

Per informazioni tel. 338.4683196. [md, ecoinformazioni]

«La cittadinanza onoraria a Puecher è una mossa elettorale»

prcQuesto il commento del Prc, dopo quanto affermato dall’Anpi comasca, sulla scelta del sindaco di Ponte Lambro di conferire l’onorificenza cittadina a Giancarlo Puecher.

 

«Il sindaco e la sua Giunta in passato si sono segnalati anche per le rievocazioni a sproposito – attacca un comunicato della segreteria provinciale di Rifondazione comunista –: due figure dell’antifascismo locale come Roberto Lepetit e lo stesso Puecher, da qualche anno vengono ricordate da questa amministrazione solo in occasione del 4 novembre, oggi festa delle forze armate e dell’unità nazionale, istituita dopo l’annessione di Trento eTrieste nel 1918 e celebrata con enfasi durante tutto il ventennio fascista, lo stesso regime che fucilò Puecher e deportò e uccise Lepetit».

«Mettere insieme i caduti di tutte le guerre e di tutte le bandiere, solo perché morti, non è un bel servizio per la ricostruzione storica, non favorisce il chiaro confronto democratico fra posizioni politiche né la formazione delle coscienze civili, specie nelle giovani generazioni – prosegue la nota –. Il sindaco Cattaneo che, per formazione e storia politica è notoriamente lontano dai valori della Resistenza antifascista non ha neppure la sensibilità per capire che la cittadinanza onoraria a Puecher conferita con queste modalità e in queste circostanze verrà immediatamente riconosciuta da tutti per quello che è: uno squallido tentativo di recuperare qualche manciata di voti». [md, ecoinformazioni]

Resistenti e Resistenza all’Istituto di storia contemporanea

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All’Istituto di Storia contemporanea “Pier Amato Perretta” di Como il 14 marzo, per il ciclo di incontri sulla storiografia locale, ha parlato la storica e ricercatrice Roberta Cairoli. Il libro Nessuno mi ha fermata – Antifascismo e Resistenza nell’esperienza delle donne del comasco 1922-1945 [NodoLibri, 2005], come ha dichiarato Patrizia Di Giuseppe, «rappresenta una valida ricerca sia per le fonti scandagliate, sia per la modalità narrativa usata». È stato un incontro diverso dai precedenti per la metodologia utilizzata, quella dell’intervista, in cui Patrizia Di Giuseppe ha indirizzato l’autrice nel raccontare le storie presenti all’interno del libro. La scelta di opporsi al regime, per le donne, ha rappresentato la voglia di uscire dalla guerra;  in alcune il sentimento antifascista è stato alimentato all’interno della famiglia. Scegliere di porsi contro il regime, per una donna, è diverso che per un uomo, perché significa trasgredire e superare i codici della società. Questo permette alla donna uno slancio in autonomia e libertà, ma anche forme di sospetto da parte di quelli che dovrebbero essere i propri compagni di lotta. Partendo dalle antifasciste della prima ora, Roberta Cairoli è arrivata a spiegare il maternage di massa, già proposto come categoria storica da Anna Bravo, per cui il ruolo materno, con la sua peculiarità di cura, viene esteso alla sfera pubblica. Dopo l’8 settembre, le donne aiutarono gli uomini a spogliarsi dagli abiti militari per la grande diserzione; da quel momento in poi, hanno sfamato, accudito, nascosto e si sono mosse nella resistenza civile, interpretata come lotta di opposizione al fascismo. La resistenza è stata la lotta per uscire dalla guerra e le donne, in modo diffuso, hanno rifiutato la guerra con modalità non violente. Il loro ruolo è stato assolutamente indispensabile alla guerra partigiana, poiché hanno coinvolto altre donne tessendo rapporti solidali, dando così un valore politico alle relazioni personali. Anche loro hanno pagato la loro scelta con la clandestinità, la condanna, il carcere e la morte. La resistenze delle donne è stata trasversale ad ogni ceto sociale, dalle operaie alle borghesi.
Tra i documenti analizzati, la ricercatrice ha tenuto a parlare dell’importanza del Casellario politico centrale, dove venivano schedati i sovversivi. Le schede relative alle donne comasche sono limitate, ma fanno comprendere il grado di pervasività totalizzante del regime, che controllava amicizie, letture, archiviava gli stenogrammi degli interrogatori e le fotografie. Si pensa spesso che donne e armi siano incompatibili, in quanto in contrasto con la maternità; ma le donne narrate nel libro raccontano della domesticità, della seduzione, della femminilità usate come armi per depistare il nemico. Anita Pusterla, Francesca Ciceri e Ginevra Bedetti Masciadri sono solo alcune delle donne che vengono raccontate nel loro agire. Alcuni espedienti: mettevano le armi nel passeggino del figlio, avevano borse con il doppio fondo, cambiavano colore dei capelli, inserivano i bigliettini, che recavano informazioni segrete, nei gomitoli di lana. E per chi ancora fatica a comprendere, e crede che il loro ruolo fosse marginale, di retrovia: le gappiste fungevano da informatrici, studiavano le abitudini dei fascisti, indicavano i luoghi degli incontri, agivano con scaltrezza. La veloce conclusione si è concentrata su una delle storie più controverse del territorio: la Gianna e il Neri, vicenda che ha spaccato l’Anpi e che meriterebbe più che un resoconto veloce dei fatti, e sembra negli interessi dell’Istituto, ridare spessore ad una vicenda ancora non chiarita. [Barbara Rizzi, ecoinformazioni]

Tijana Djerkovic/ Inclini all’amore

downloadAmpia partecipazione ieri alla presentazione del libro di Tijana M. Djerkovic Inclini all’amore [Playground Editore, 2013, 212 pagg, 15 euro], al Teatro Sociale di Como in occasione della rassegna i Giovedì della lettura.
Un libro che attraverso la storia di tre personaggi di diverse generazioni abbraccia l’intero Novecento e ci racconta un paese, il Montenegro, che non ha avuto il debito spazio nelle cronache letterarie.
L’autrice, scrittrice e traduttrice belgradese laureata in Lingua e Letteratura russa e italiana, affronta in questo suo primo romanzo la difficoltà di trasferire la propria autobiografia, mettendo in campo i sentimenti più segreti e le lezioni morali ricevute in dono dagli uomini della famiglia che lei più ha amato, suo nonno e suo padre.
Il primo protagonista è Milovan, un uomo di grande esperienza del mondo e dell’arte affabulatoria, che aveva la capacità di affascinare coi suoi racconti tutti coloro che gli sedevano intorno.
«Le parole non sono grano che, quando trabocca dal granaio, lo raccogli con la pala, per poi rimetterlo a posto. Le parole si accompagnano al rimpianto e alla perdita. Una volta dette non le recuperi più. È sempre meglio dire una parola in meno che una in più». Questo insegnava Milovan nel piccolo paesino di Bar, sulla costa del Montenegro, ai suoi figli. Le sue parole ebbero grande effetto soprattutto sull’ultimogenito, Vladimir nel romanzo, che divenne uno dei più grandi poeti jugoslavi. La stessa passione per le parole che l’autrice ha ereditato da quel padre poeta tanto amato e dei cui scritti si sente figlia. Ha deciso di scrivere la storia della sua famiglia in italiano, perché sente ormai che questa è la sua lingua (l’autrice vive in Italia dal 1987), ma anche perché scrivere in italiano e non in serbo pensava le avrebbe consentito di prendere le distanze da ricordi amati e dolorosi, invece si è trovata a confessare anche cose che non avrebbe mai scritto nella sua lingua madre. Racconta tutto infatti la scrittrice, la vita di un nonno viaggiatore di gran coraggio e tenacia, lavoratore instancabile che ha girato il mondo facendo i lavori più duri, anche in miniera in Alaska, per poi tornare in patria ed essere chiamato a combattere tre guerre, due balcaniche e quella del ’15-18. Ma anche le vicende di un padre ancora più coraggioso che a soli dodici anni è scappato di casa per seguire il fratello unitosi ai partigiani di Tito. Tornò dal fronte tre anni dopo con molte medaglie e senza un braccio. A diciannove anni, per una falsa denuncia, venne deportato in un gulag sull’isola dalmata di San Gregorio. Subì interrogatori, umiliazioni, torture e perse un occhio. Tutte queste sofferenze vengono riportate nel libro della Djerkovic, che dichiara la sua forte difficoltà nel riportare questi fatti, ma anche quella di dover raccontare in poche pagine la distruzione del proprio paese. L’autrice apprese la deportazione del padre leggendo le sue carte: non le aveva raccontato nulla con l’intento di preservarla, perché fermamente convinto che il rancore e l’odio si ereditano. La sua eredità invece è la forza della dignità e l’amore per la vita nonostante tutto. Vladimir non aveva paura alcuna della distruzione del corpo, ma ciò che realmente temeva era quella delle sue emozioni e della sua inclinazione al bene. Dopo la morte del padre e del fratello, l’unica testimone e depositaria di questo grande insegnamento è proprio Tijana, che con il suo libro tiene viva non solo la storia della sua famiglia ma anche quella di un luogo, i Balcani, devastato da guerre fratricide e ancora oggi visto come il buco nero dell’Europa, ma ricco di bellezza sia nel paesaggio che nello spirito della gente. [Federica Dell’Oca, ecoinformazioni]

Libera verso il 21 marzo: la memoria è il motore dell’impegno

Giuseppe_Bommarito

Venerdì 22 febbraio a Cantù, insieme a Libera, Francesca Bommarito ha condiviso la sua testimonianza di familiare di una delle centinaia di vittime della mafia. Nella salone dell’oratorio di Mirabello, Francesca ha raccontato la storia del fratello Giuseppe, appuntato dei Carabinieri ucciso insieme ai colleghi Mario D’Aleo e Pietro Morici il 13 giugno del 1983 a Palermo. Il suo ricordo era però unito a quello di altre decine di persone uccise in quegli anni in Sicilia, che hanno pagato con la vita la loro scelta di giustizia e servizio verso lo Stato e di lotta contro i poteri mafiosi: «Mi sconvolge sentire come gli assassini parlano e organizzano gli omicidi, spesso non conoscono nemmeno chi devono ammazzare, tanto sono disumanizzati. Io credo che i vari Riina, Provenzano, Bagarella non siano però i veri mandanti di tutti quei delitti, ma solo dei “grandi pupi”, perché i “pupari” che muovono i loro fili sono politici, direttori di banca e uomini di potere che restano impuniti». L’importanza di chiamare per nome ciascuno dei caduti per mani mafiose viene sottolineata da Bommarito, che ha spiegato anche quanto sia indispensabile per i familiari ricordare tutte le vittime, specialmente le meno conosciute: per questo motivo Libera da diciotto anni il 21 marzo raduna questi parenti in una diversa città d’Italia, leggendo ad alta voce tutti i nomi e i cognomi delle persone uccise e rinnovando l’impegno corresponsabile affinché il ricordo diventi azione e concretezza per chiedere giustizia e verità, per combattere realmente ogni organizzazione e sopruso mafioso. L’incontro di venerdì 22 febbraio si è aperto con la cena nel circolo Arci Mirabello a base di prodotti di Libera Terra, grazie al contributo del comitato Soci Coop di Cantù, provenienti dai terreni confiscati alle mafie ed è stato l’occasione per iniziare il mese che porterà a venerdì 21 marzo, quando con una manifestazione serale anche a Como verrà celebrata la XIX Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie. «Mi piacerebbe – ha detto Francesca Bommarito – che tutte le persone perbene di questo paese, che sono la grande maggioranza, si guardassero allo specchio, riconoscessero la propria forza, la propria bellezza e andassero avanti a lottare». [Tommaso Marelli, ecoinformazioni]Bommarito Cantù 22 febbraio 2014

Incontro con gli autori/ Leo Porro

2 Monumento_res europea copiaAlla Circoscrizione 3, a Camerlata, il 20 febbraio, si è aperta la rassegna Incontro con gli autori promossa dall’Istituto di storia contemporanea Pier Amato Perretta. Il primo incontro è stato con Leo Porro, che ha parlato del suo libro Dialogo dei partigiani lambrughesi, del quale è in progetto una riedizione aggiornata. Leo Porro è stato un professore delle allora Magistrali, e come per alcuni accade, non ha smesso di essere professore nemmeno davanti ad un numero risicato di persone. Ha diviso il suo intervento in obiettivi, metodologia e contenuto del libro. L’intento è quello di usare un linguaggio semplice, capace di arrivare a chi è di fronte, usando la fantasia, la forza delle immagini e gli eventi storici per ricostruire ciò che è stato. La metodologia più efficace si situa tra empirismo e idealismo, ed è connettiva per tenere tutto unito. Autore ha l’etimo di augere, che fa crescere ed aumentare, anche grazie alla fantasia. Egli fa parlare i suoi compaesani attraverso quello che è riuscito a ricostruire dalle cartoline del tempo, da cui emerge la ricchezza, il sentimento e il vissuto dei lambrughesi. Prezioso come una biblioteca, anche in questo caso, è stato il libro cronico, una sorta di diario tenuto durante la guerra, in questo caso a cura del Parroco di Lambrugo Edoardo Arrigoni. La narrazione di Porro, si basa su una finzione letteraria dialogica, dove il linguaggio va al di là della cultura di appartenenza dei personaggi. Un Platone che da voce a Socrate si cela dietro agli ideali  dei partigiani; forte l’affinità con Giancarlo Puecher: come Socrate, davanti all’invito di Critone di  scappare è rimasto. Le loro personalità rette come estremo esempio di bellezza rendono la resistenza un momento ricco di ideali intramontabili. [Barbara Rizzi, ecoinformazioni]