Giorno: 15 Dicembre 2008

Liberté, faternité, lagalità

Si è conclusa domenica 14 dicembre sera la tre giorni dei pacifisti lariani. Ampia la partecipazione, fittissima l’agenda delle cose da fare per dare concretezza d’azione alle idee sviluppate nel Convegno Liberté, fraternité, legalità. Non c’è pace senza diritto.

 

Complessivamente più di mille i partecipanti alla tre giorni pacifista organizzata dal Coordinamento comasco per la Pace con Avc – Csv, Arci provinciale e regionale, Libera regionale e nazionale, Acli, Ipsia, Fillea – Cgil e Soci Coop.

Molto frequentate tutte le diverse sessioni con la sala dello Spazio Gloria quasi completamente piena per l’apertura di mercoledì 10 dicembre, gremita nella mattinata di sabato riservata alle scuole. Rilevante anche la partecipazione, più di cento persone, al pomeriggio di sabato e alla proiezione serale del film Il divo, ancora più alta nella sessione conclusiva di domenica 14 con duecento partecipanti. Complessivamente quindi il Convegno Liberté, fraternità, legalità ha registrato circa 1200 presenze con più di 450 giovani. Molti anche gli interventi nel dibattito e significativa la volontà di una trentina di partecipanti all’attività seminariale di approfondimento su Lavoro nero e Libera della domenica mattina.

Su questo blog si trovano i resoconti delle diverse fasi del Convegno mentre nel prossimo numero del mensile ecoinformazioni saranno pubblicate sintesi delle relazioni svolte al convegno.

Mafie e antimafie a Como

Partecipata sessione conclusiva dell’undicesimo convegno del Coordinamento comasco per la Pace.  La legalità e le infiltrazioni mafiose al centro del dibattiti davanti a 200 persone allo Spazio Gloria dell’Arci Xanadù nel pomeriggio di domenica 14 dicembre.

Dopo la replica dello spettacolo su Peppino Impastato, Buongiono a Cinisi,  la sessione conclusiva in due parti al Convegno Liberté, fraternità, legalità, i 200 presenti hanno assistito ad un incontro con Enza Rando e Maria Luisa Lo Gatto, moderato da Roberto Caspani, Ipsia – Acli, e con Lorenzo Baldo e Luigi Lusenti, moderati da Emilio Botta, presidente del Coordinamento. Intermezzi musicali di Maurizio Aliffi, Franco D’Auria, Simone Mauri e per terminare 10 minuti per la Carovana antimafie, musica di Gaetano Liguori.

Enza Rando di Libera ha ricordato come la società civile, in Sicilia e Calabria si è risvegliata dopo gli attentati e ne sono nate la primavera siciliana e la primavera dei sindaci. Per l’avvocatessa serve la capacità di indignarsi e di mantenere un’attenzione sul problema mafioso non episodica. Col bagaglio della sua esperienza come vicesindaco di Niscemi ha posto in primo piano l’importanza degli enti locali come strumento di partecipazione e di contrasto della cultura mafiosa. «Se la politica perde di credibilità lascia spazio alla mafia ed alla collusione allontanando ulteriormente la gente» ha affermato l’esponente di Libera che si è retoricamente chiesta a proposito del coinvolgimento democratico: «Quanti fanno un’urbanistica partecipata?»

«Fare comunità isola la cultura mafiosa» ha affermato Rando ricordando l’esperienza della giornata della memoria delle vittime della mafia, che si celebra ogni anno il 21 marzo, a Niscemi quando ragazzi provenienti da tutta Italia hanno fatto si che i mafiosi si eclissassero.

Maria Luisa Lo Gatto, magistrato, ha invece raccontato della infiltrazione mafiosa nelle province di Como e Lecco secondo i dati recuperati dalle inchieste giudiziarie. «La ‘Ndrangheta è radicata nel Lecchese da ormai quarant’anni e vi ha riproposto gli schemi tradizionali con un vero e proprio controllo militare del territorio con bar, esercizi pubblici, famiglie». La magistrata comasca ha poi voluto concentrare l’attenzione sul Campione d’Italia e il suo Casinò. Un luogo in cui «già le indagini sono difficili dato che non c’è la Guardia di finanza e la polizia, ma solo i vigili urbani ed i carabinieri». Ripercorrendo la storia della nascita della casa da gioco e dell’importanza assunta nella comunità locale diventando la principale azienda del paese che dà lavoro a metà dei residenti ha denunciato come in Italia non ci sia stata una disciplina contro il riciclaggio per le case da gioco sino al 1999, che nell’exclave italiana non è ancora stata applicata.

Ha quindi citato un’inchiesta dei primi anni ’80 di Piercamillo Davigo che metteva in luce come la soceità che gestiva il Casinò avesse legami con Nitto Santapaola attraverso i cambisti, coloro concedono prestiti a tassi usurai ai giocatori. Un modus vivendi talmente rodato che erano intenzionati ad esportare alla casa da gioco di San Remo, dove si scontrarono con un’altra cordata che faceva riferimento a Epaminonda.

Negli anni 2000 sono poi cambiate le modalità del riciclaggio e si è passati alle società di porteurs, ovvero società con cui i casinò stipulano contratti per farsi portare i clienti, ed in un’inchiesta su una di queste società era stato coinvolto Vittorio Emanuele di Savoia.

«Ormai c’è stato un salto di qualità – ha affermato Lo Gatto – non vi è più l’inserimento di un soggetto estraneo nelle associazioni a delinquere ma si instaura un patto di collaborazione». Per questo è stato coniato il termine giuridico di concorso esterno in associazione mafiosa un fenomeno che denota un decadimento etico, culturale e l’aumentare della corruzione. «Il problema non è palliare la legislazione – ha concluso la magistrata comasca – ma operare contro i meccanismi politico istituzionali di un’area contigua alla criminalità che va modificata con il contributo di tutti».

Lorenzo Baldo, di Antimafia2000, ha rilevato le aderenze di personaggi politici con la mafia da Marcello Dell’Utri a Giulio Andreotti e denunciato la censura di Roberto Scarpinato, la cui testata, Il Corriere della sera, gli ha tolto l’incarico di seguire un’inchiesta di mafia dopo aver fatto nomi e cognomi. L’unica soluzione anche per Baldo è comunque l’impegno e la partecipazione civile anche solo di una minoranza.

Per ultimo Luigi Lucenti, Arci Lombardia, ha ripercorso la storia e l’operato della Carovana antimafie e posto l’accento sull’importanza della cultura della legalità, denunciando lo «slittamento delle coscienze, con l’accettazione di alcuni fenomeni di criminalità».

Il dibattito ha visto quindi una riflessione sulla coscienza della legalità all’interno delle carceri intese come percorso di rientro nella società.