Cultura per lo sviluppo 2

L’assessorato alla cultura del Comune di Como ha organizzato nella bella sede di Villa Olmo, per il 5 e 6 novembre 2010, il convegno La cultura per lo sviluppo. Il valore della cultura e della conoscenza per la città che cambia.

Il convegno su La cultura per lo sviluppo è proseguito anche nella mattinata di sabato, di fronte a un pubblico non troppo folto (non più di una trentina di persone all’inizio, poi cresciute fino a cinquanta verso mezzogiorno).

Di questa scarsa partecipazione si è lamentato in apertura l’assessore alla Cultura del Comune di Como, Sergio Gaddi, in versione un po’ più pacata del solito, ricordando come la proposta del convegno sia stata elaborata proprio come risposta a una diffusa richiesta delle associazioni culturali, che invece non hanno poi risposto positivamente alla chiamata alla partecipazione. L’assessore ha poi sottolineato come la cultura sia una premessa ineliminabile allo sviluppo della città e che – allo stato attuale dei fatti – non ci sia alcuna alternativa a questa scelta. «La cultura – ha detto – è un valore in sé. La sfida è applicare questo modello alla città di Como».

Con sfumature diverse, l’invito è stato ripetuto anche dal presidente della Camera di Commercio, Paolo De Santis, il quale, nel presentare il “chilometro della cultura” (ovvero il progetto in progress di fare dell’asse Villa Olmo – Villa Sucota una sorta di centro propulsore dell’offerta culturale a Como), ha affermato con forza che «Como deve avere un progetto», sottintendendo quindi che la città – al di là delle altisonanti prese di posizione – ne è tuttora priva.

Le linee generali di questo progetto si intendeva forse, nelle intenzioni degli organizzatori, che le tracciasse l’intervento di Pierluigi Sacco, docente di Economia della Cultura all’Università Iulm di Milano (già docente a Venezia e prossimamente anche a Lugano). In effetti il lungo intervento del prof. Sacco ha indicato molte possibilità, fornito innumerevoli spunti, raccontato diverse esperienze, avanzato parecchie provocazioni, ma si è tenuto molto sulle generali, evitando di scendere nel concreto del territorio comasco. Ovviamente ciò è derivato – come ha ripetutamente ricordato il docente – da una ancora scarsa conoscenza della reale configurazione della situazione locale. Come intervento generale, quindi, quello del prof. Sacco è risultato assai interessante, ma anche molto discutibile (e, si capisce, queste occasioni di convegno non sono mai il momento giusto per discutere nel dettaglio concezioni e proposte complesse…).

Sacco ha sottolineato in apertura l’esigenza di progettare i processi di sviluppo legati alla cultura, chiarendo fin dall’inizio che non tutti i settori culturali possono essere fonte immediata di “ricavi economici”, ma che tutti settori sono ugualmente importanti per garantire la crescita di una società. Intanto si può cominciare a parlare di “industrie culturali e creative”, ampliando il campo e mettendo così in evidenza l’importanza economica del settore. Tra le “industrie culturali e creative” rientrano: l’editoria, il cinema, la musica, la radiotelevisione, i videogiochi, così come la progettazione architettonica, il design, la pubblicità. La centralità economica di questo macrosettore è già stata messa in evidenza da apposite ricerche commissionate dall’Unione Europea fin dal 2006. Bene, il dato sconcertante è che l’Italia non ha una strategia per queste industrie, a differenza di quello che succede in molti paesi europei ed extraeuropei; questo spiega perché i finanziamenti “per la cultura” in Italia vengano drasticamente ridotti, mentre invece nel Regno Unito (dove pure la crisi morde con la stessa violenza) essi siano praticamente rimasti invariati. Secondo Sacco, quindi, non resta che sperare nei territori, che si sono rivelati negli ultimi decenni i veri protagonisti del “rinnovamento” dell’economia italiana. I territorio devono scegliere le strade da percorrere, e – in particolare, secondo il prof. Sacco – scegliere nel campo culturale tra l’economia della rendita (ovvero cercare di sfruttare al massimo il patrimonio che la storia e l’arte del passato ci hanno consegnato) e l’economia dell’investimento (ovvero riuscire a trasformare quel patrimonio in un’occasione di rinnovamento). Sullo specifico di Como, si è limitato a una battuta: «Como può essere un nodo fondamentale sull’asse Milano – Lugano», quindi «riflettete bene – guardatevi attorno – agite subito!».

Che il discorso del prof. Sacco andasse declinato nella specifica realtà locale è risultato evidente, ciò nonostante l’assessore alla cultura si è limitato a dichiarare che tutto quello che aveva sentito “era musica per le sue orecchie”, senza minimamente essere sfiorato dal dubbio che la sua politica di questi anni non sta propriamente andando in quella direzione, ricadendo invece piuttosto in quella “economia della rendita” che Sacco ha considerato come pericolosa. Del resto di “incubatori di imprese culturali” a Como, in questi anni, non se ne sono visti granché…

Peraltro anche nelle sue linee generali l’intervento del prof. Sacco andrebbe discusso: in quasi un’ora di intervento, non sono mai stati avanzati i concetti di “ambiente”, “ecologia”, “sviluppo sostenibile”, né tantomeno quelli di un riequilibrio tra le diverse aree del mondo. Se il migliore modello proposto è quello dello sviluppo della Corea del Sud, qualche dubbio è legittimo nutrirlo.

Ma, proprio per queste considerazioni, l’appuntamento di venerdì e sabato travalicava i limiti delle consuete “passerelle” autereferenziali, ed è un peccato che sia stato snobbato dalla gran parte della cittadinanza, compresi gli addetti ai lavori. [Fabio Cani, ecoinformazioni]

 

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