Evacuazione Campo governativo/ Un atto autoritario

Il trasferimento, avvenuto questa mattina alle ore 8.30 circa, di una settantina di migranti ospiti del Campo governativo di accoglienza di via Regina, in Como, solleva non pochi interrogativi e si presta a diverse critiche.

Mentre i giornali locali già andavano nelle edicole con la notizia, le decine di ragazzi e ragazze pakistani, ghanesi, nigeriani interessati al trasferimento erano del tutto all’oscuro di quanto sarebbe successo a breve. È stato loro detto dal personale della CRI presente al Campo di preparare il loro bagaglio senza peraltro spiegare né il perché né la destinazione del trasferimento, né tantomeno il criterio con cui venivano scelti, fra i 180 ospiti del Campo, per quella che appare in tutta evidenza come una deportazione. Pur non risultandoci che vi siano state proteste od opposizioni manifeste da parte loro, come chiamare altrimenti un trasferimento forzato, compiuto in poco più di mezz’ora, senza fornire giustificazione alcuna né chiedere la reale volontà di ognuno di loro di restare o meno?

Si è trattato di un atto autoritario, una ulteriore violazione dei loro diritti fondamentali: l’altra faccia della medaglia dell’episodio riguardante il “sequestro a bordo” dei migranti salvati dalla nave Diciotti.

La cosa più grave è, a nostro parere, il fatto che chi ha assunto questa decisione – non certo i volontari della Croce Rossa o della Caritas che si occupano quotidianamente di loro – non abbia minimamente tenuto conto che dietro quei numeri, dietro quei volti vi sono delle persone in carne ed ossa, coi loro desideri, i loro legami, le loro amicizie sia interne al Campo che costruite all’esterno, coi molti comaschi che hanno conosciuto e cui spesso si sono appoggiati per affrontare gli infiniti problemi proprio di “cittadini in transito”: problemi burocratici, sanitari, legali, linguistici, d’integrazione sociale.

Noi, cittadini che vogliono una Como civile che si fondi su un’accoglienza degna e rispettosa dei diritti di tutte e tutti, non possiamo considerali semplicemente come dei migranti in viaggio verso una meta tutt’ora ignota ma come degli scomparsi: pacchi postali spediti ad un destinatario sconosciuto.

Pur non considerando il Campo di via Regina come la miglior accoglienza possibile per i migranti che scelgono Como quale ultima tappa italiana per tentare di raggiungere il Nord Europa, crediamo che la sua presenza in città, a fianco delle molte realtà accoglienti dell’associazionismo laico e religioso e del privato sociale, sia stata e continui ad essere indispensabile. Indispensabile non solo perché rappresenta una prima risposta, del tutto insufficiente ma pur sempre minimamente civile, ai bisogni primari delle persone migranti, ma anche perché permette di dare avvio a percorsi d’integrazione e di ridurre l’insorgere di fenomeni di emarginazione sociale e disperazione individuale, minando fra l’altro la convivenza civile.

Questo vale anche per quanto riguarda la possibilità di riconoscere ed affrontare le problematiche di ordine igienico e sanitario e, da ultimo, permette un più puntuale controllo delle dinamiche migratorie da un punto di vista statistico.

Per queste ragioni, di puro buon senso, siamo radicalmente contrari alla prospettata chiusura del campo in tempi brevi, come anticipato sabato scorso dal Ministro degli Interni agli organi di stampa locali. Non crediamo che tale chiusura possa rappresentare un deterrente all’arrivo di stranieri migranti sul territorio lariano, perché la frontiera svizzera continua a mantenere il proprio potenziale attrattivo, oltre a rappresentare uno dei passaggi per il Nord Europa fra i meno pericolosi. Al contrario, una chiusura aumenterà il numero di persone senza fissa dimora bloccate nel limbo di chi viene rifiutato dal nostro Paese senza peraltro poterlo lasciare.

Riteniamo che tale operazione rientri semplicemente in una strategia volta ad aumentare le tensioni interne e ad annullare ogni sforzo di integrazione e costruzione di una vita migliore per decine di giovani. Una strategia di imbarbarimento della vita civile ed inasprimento dei conflitti sociali inaugurata dalla sciagurata gestione del fenomeno migratorio del ministro Salvini.

Como senza frontiere

Hanno già aderito: Aifo Como, Anpi Monguzzo, Anpi provinciale Como, Arci Como, Arci-ecoinformazioni, Associazione artistica Teatro Orizzonti inclinati, Associazione Luminanda, Associazione Migrante Como-Milano, Associazione Par Tüc, Associazione Territori, Bir Como,  Casa d’Arte asd Unione Sportiva Acli, Cgil Como, Comitato Como antifascista, Comitato Como Possibile Margherita Hack, Como Accoglie, Cooperativa Garabombo, Coordinamento comasco per la Pace, Coordinamento comasco contro l’omofobia, Donne in nero Como, Emergency Como, Giovani comunisti/e Como, I Bambini di Ornella, Il baule dei suoni, L’altra Europa Como, L’isola che c’è, Libera Como, Lila Como, Medici con l’Africa, Missionari comboniani di Como e Venegono, +Europa Lario, Potere al Popolo Como e provincia,  Prc/ Se provinciale Como, Scuola di italiano di Rebbio, Sinistra Italiana Como, Sinistra per Ponte Lambro, Unione degli studenti Como, volontari della Parrocchia di Rebbio, il consigliere regionale + Europa Michele Usuelli, tanti e tante altri/ e.

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