L’orribile episodio che ha coinvolto una giovane utente del servizio pubblico di trasporto urbano non è solo questione di ordinario razzismo. Ci racconta anche di un mondo del lavoro che cambia (in peggio) ed espelle la solidarietà e l’etica del servizio pubblico.

Erano gli anni 70. Si chiamava ACT, azienda comasca trasporti. Azienda municipalizzata. Roba vecchia, un residuo di socialismo reale. Autisti sindacalizzati, anche parecchio. Rossi. Solidali. Ti portavano alle manifestazioni nazionali offrendosi volontari per viaggi massacranti, Andavano Cuba, a sistemare gli autobus del compagno Fidel.

Gli anni passano, la politica dilapida un patrimonio pubblico, smembra, divide, privatizza. Non c’è più la municipalizzata c’è ASF, società per azioni. Terra bruciata degli accordi aziendali, attacco frontale alla sindacalizzazione, precarizzazione dei rapporti di lavoro. Smaccata lottizzazione dei posti nel Cda, superdirigenti in carriera. Una costante però c’è: pessimo servizio prima, pessimo servizio adesso.

Ed ecco che all’autista rosso e solidale, piano piano, carsicamente, subentra il lavoratore 2.0, quello incazzato, poco tutelato, quello che “a me nessuno mi rappresenta”, quello che “ha ragione Salvini” (non sa, lo sprovveduto, che il partito di Salvini gestisce da un ventennio il trasporto pubblico locale in Regione…), quello che “prima gli italiani”. E allora, se sei un’italianissima studentessa di pelle scura, l’autista prima prova a lasciarti a terra, poi ti offende, ti ferisce, abusa del suo piccolo, insulso potere.

La mamma della ragazza, giustamente e con coraggio, ha preso parola pubblicamente per denunciare l’accaduto con un post su Facebook che ha raccolto 1700 commenti. Conosciamo la ragazza, conosciamo i genitori, possiamo soltanto immaginare cosa provano in questi giorni e possiamo soltanto manifestare loro la nostra vicinanza.

C’è chi chiede il licenziamento dell’autista. Qui ad ecoinformazioni siamo garantisti, ci mancherebbe altro. L’Azienda farà le sue verifiche, l’autista potrà dare la sua versione e chiedere le tutele. Potrà scusarsi. Potrà ricredersi. Fatti suoi, che non cambiano di una virgola la gravità dell’accaduto. La gravità di un pensiero antisociale che ci circonda, che pervade la città e percorre le sue strade, letteralmente, anche alla guida dei mezzi pubblici di ASF. Pensiero ASFittico. [Massimo Patrignani – ecoinformazioni]

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