Giorno: 1 Giugno 2022

La Repubblica siamo noi. Riprendiamoci il 2 giugno

La guerra devasta vite, ambiente, democrazie, diritti. Prima di tutto è foriera di distruzione e di morte. E poi è anche costosa e inutile. In questo 2 giugno 2022 il mondo è attraversato da centinaia di guerre alimentate dalla corsa al riarmo globale.

Dopo oltre 3 mesi di guerra in Europa, con la sistematica violazione di i diritti umani, di fronte a un’escalation militare che ci mette l’umanità a rischio di una guerra nucleare, il governo italiano sceglie di celebrare la sua Festa esaltando l’ideale bellico e il militarismo. La giornata del 2 giugno da anni è stata espropriata alle donne e agli uomini di questo Paese e trasformata in parata militare, che non ci rappresenta e offende i valori fondanti della nostra Repubblica che “ripudia la guerra”. La Repubblica italiana per celebrarsi sceglie di mettere in piazza e di esaltare ciò che ripudia. Non può essere l’ostentazione di strumenti di morte e frecce tricolori a rappresentare la comunità nazionale. Una scelta che appare più stridente che mai in questo 2 giugno 2022 in cui la guerra tuona alle porte di casa.

La Repubblica siamo noi e vogliamo riprenderci la nostra Festa. Il 2 giugno è la festa della Repubblica, della res publica, di ciò che a tutte e tutti appartiene. Una giornata per festeggiare la vita, le istituzioni civili, l’amicizia verso gli altri popoli.

La Repubblica siamo noi le donne e gli uomini che ogni giorno lottano per una politica di pace, per l’acqua, l’aria, la salvaguardia del territorio dalla cementificazione, dai tunnel e dai muri (costosi, arroganti, inutili), per i beni comuni (tutti quelli essenziali per la vita e l’identità collettiva) e per il diritto alla salute, alla casa, ai saperi, al welfare, a servizi pubblici di qualità, per la dignità del lavoro e la fine della precarietà.

Oggi è la nostra festa. La festa delle donne e degli uomini che si riconoscono nella Costituzione, che sancisce i diritti di tutte e di tutti e il ripudio della guerra.

L’Italia che vogliamo festeggiare è accogliente, fondata sul rispetto e il riconoscimento reciproco tra uomini e donne, tra nativi e migranti, dove le ragazze e i ragazzi possano avere un futuro, le persone con disabilità una vita dignitosa e indipendente, gli anziani serenità e sicurezza sociale.

L’Italia che vogliamo è un paese che sappia affrontare i conflitti, interni e internazionali, senza ricorrere all’uso della forza. Un paese che investa nella cultura, nella scuola, nella salute, nell’occupazione anziché in armi e guerre. Pretendiamo che l’Italia esca dalla logica di guerra e dal sistema militare, industriale e mediatico che le sostiene.

Per questo il 2 giugno osiamo chiedere che invece di aumentare le spese militari, il governo imposti coerenti politiche attive di pace a livello nazionale e internazionale: disarmo, riconversione sociale delle spese militari, riconversione civile delle basi militari e dell’industria bellica, adesione al Trattato di proibizione delle armi nucleari, costruzione della difesa civile non armata e nonviolenta e dei corpi civili di Pace.

E che il Parlamento ritrovi la voce.

Teresa Mattei, la più giovane tra le ventuno donne elette all’Assemblea Costituente, una donna libera, espulsa  era stata espulsa dalle scuole del Regno, nel 1938, perché antifascista e dal Partito Comunista, nel 1955, perché antistalinista, così racconta il momento della votazione dell’Articolo 11 della Costituzione: «Al momento della votazione per l’Articolo 11, cioè quello contro la guerra – “L’Italia ripudia la guerra”, è stato scelto il termine più deciso e forte – tutte le donne che erano lì, ventuno, siamo scese nell’emiciclo e ci siamo strette le mano tutte insieme, eravamo una catena, e gli uomini hanno applaudito». […] «per questo, quando ora vedo tutti questi mezzucci per giustificare i nostri interventi italiani nelle varie guerre che aborriamo, io mi sento sconvolta perché penso a quel momento, penso a quelle parole e penso che se non sono le donne che difendono la pace prima di tutto non ci sarà un avvenire per il nostro paese e per tutti i paesi del mondo».

Ai parlamentari tutti, e in particolare alle donne diciamo: siate liberi, libere, come Teresa Mattei, ispiratevi a lei e proponete modifiche migliorative alla Legge 185/90. Forse la Legislatura finirà presto, ma avrete segnato un cambiamento vero, ridato dignità al Parlamento, onorato la Costituzione e lasciato un segno nella nostra Storia repubblicana. Come Teresa Mattei». [Celeste Grossi, coordinatrice provinciale Sinistra Italiana Como]