David Bidussa

Rinviata la presentazione de L’italiano con Bidussa

Il Circolo Fumagalli e la libreria Punto Einaudi (di via Giovio 33, Como) comunicano che il previsto incontro di  giovedì 3 novembre alle 21 alla Cascina Massée in via S. Antonino 4 a Como Albate per la presentazione della nuova edizione del libro L’italiano di Giulio Bollati (1924-1996) è rinviato a data da definirsi.

Dopo l’ultimo testimone. La memoria e il suo uso pubblico

La difficile trasmissione delle memoria e i pericoli del suo uso pubblico sono stati al centro dell’incontro con David Bidussa organizzato giovedì 21 gennaio dall’Istituto di Storia Contemporanea Pier Amato Peretta alla biblioteca comunale.

 Più di 70 persone, quasi la metà giovani, hanno partecipato alla serata Dopo l’ultimo testimone. La memoria e il suo uso pubblico con David Bidussa organizzata dall’’Istituto di Storia Contemporanea Pier Amato Perretta in collaborazione con Punto Einaudi alla Biblioteca comunale giovedì 21 gennaio.
Dopo una breve introduzione di Fabio Cani, vicepresidente dell’Istituto e una presentazione di Antonia Barone, responsabile della didattica dell’Istituto, che ha ricordato come alcuni dei giovani presenti avrebbe partecipato a Un treno per Auschwitz grazie alla loro scuola «uno dei luoghi di fondamentali di trasmissione della memoria», ha preso la parola Bidussa, storico sociale delle idee attualmente impegnato alla Fondazione Feltrinelli di Milano.
Dalla presentazione del libro a cui era dedicata la serata l’autore ha preso lo spunto per articolare un ragionamento più ampio sulla memoria e «l’uso politico della storia che è ben visibile nel discorso pubblico italiano».
Lo stesso Giorno della Memoria per l’autore difficilmente avrà una lunga vita, «non diventerà mai maggiorenne!», è un prodotto di un determinato contesto storico e bisogna interrogarsi sul motivo e sul momento della sua istituzione.
Per Bidussa la ricorrenza si è imposta contestualmente alla nascita dell’Unione europea con la ricerca di un calendario civile comune per tutto il continente che superasse i particolari delle singole ricorrenze nazionali: «Ad esempio il 25 aprile a Londra non dice niente a nessuno».
Era necessaria una data che superasse, anche nei singoli stati, le ricorrenze di un calendario «che parlano solo ad una parte del paese, che sostengono una memoria corporativa».
Il 27 di gennaio è accolto poi in Italia con una certa freddezza «anche perché se ne parla oggettivamente come di un evento avvenuto a 2.400 km di distanza, dimenticandosi che l’ultima disposizione di un articolo delle leggi razziali del ’38 è stata abrogata solo nell’aprile del 1987».
L’incapacità degli storici di intervenire nel dibattito e di formare un’opinione al riguardo è data anche dalla loro inadeguatezza nell’utilizzo e analisi dei nuovi e meno recenti media, in primis il cinema: «L’analisi di un film non si riduce alla sola trama». Non si può ridurre il giudizio ad un generico apprezzamento o meno, ma è fondamentale analizzare con gli strumenti adeguati il prodotto che nelle sue proprie modalità di costruzione determina un orientamento ed il passaggio di messaggi definiti.
L’obbligo a confrontarsi con l’evoluzione inderogabile del presente e con la scomparsa dei testimoni diretti di avvenimenti storici impone per Bidussa un impegno ulteriore: «Devo rispondere con le risorse che ho in prima persona, ho un obbligo di riflessione». Una presa in carico di quanto prima era “naturalmente” considerato patrimonio dei testimoni con il conseguente bagaglio di conoscenze ed esperienze.
Per l’autore il lavoro dello storico è principalmente quello di porre domande, da confutare e verificare sul campo.
Rispondendo alle domande dei giovani del pubblico, Bidussa ha spiazzato l’uditorio mettendo in causa la percezione di elementi del comune senso storico come l’inno nazionale, incredibilmente ufficiale solo dal 2006 e la figura del suo autore, Goffredo Mameli, considerato un nume tutelare della Repubblica, ma il cui corpo è stato bistrattato nel corso degli ultimi 150 anni e trasferito periodicamente da un luogo di sepoltura ad un altro senza ancora aver trovato una “collocazione”.
Uno slittamento dalle certezze consolidate che dovrebbe coinvolgere anche altri ambiti storici tradizionalmente occidentali. «Per noi la fine della seconda guerra mondiale è data dalla liberazione dei campi di concentramento, ma ci si può aggiungere lo spostamento di milioni di persone da est a ovest nell’Europa centrale e nessuno pensa al maggio del ’45 in Algeria, quando la popolazione festante è scesa in piazza sperando l’indipendenza dopo aver contribuito alla lotta per la libertà stando con gli Alleati, mentre la Francia metropolitana sosteneva l’Asse: le stime della repressione vanno da 15 a 40 mila morti».
La storia per Bidussa non ha un fine, uno sviluppo teleologico o una giustizia intrinseca, si basa invece su rapporti di forza: «L’esempio viene dalla Palestina, dove in un unico territorio due movimenti nazionali, quello palestinese e quello israeliano, cercavano di diventare stato. Israele ha avuto la forza, creando delle strutture che si sono poi evolute nel moderno stato, per nascere, al di là di ogni giudizio di merito, mentre la Palestina no». [Michele Donegana, ecoinformazioni]

Guarda il video Ansa sul viaggio della Memoria, organizzato da Cgil e Cisl, al quale hanno partecipato anche studenti di scuole comasche.