Gerri Caldera

Resistenti e resistenza/ Ultimato il secondo ciclo

ISCCo-23maggio-RosariaAllIstituto di Storia Contemporanea P.A.Perretta, venerdì 23 maggio, si è concluso il secondo ciclo di seminari sulla storiografia resistenziale del comasco. Gli ultimi volumi presi in considerazione dai ricercatori dellIstituto sono stati Como dal fascismo alla democrazia di Marco Pippione (Franco Angeli, 1991) e Cera la guerra di Rosaria Marchesi (Nodo Libri, 1992). Due testi che si supportano a vicenda per arricchire il quadro della città nel periodo che va dal 1940 al 1945. Come ha ricordato in apertura Gerri Caldera, il testo di Pippione è quello che viene definito un libro istituzionale, attento alle vicende dei partiti e alle loro rappresentanze. Un lavoro che si è avvalso di testi noti sulla resistenza comasca, materiali d’archivio e fonti (tra cui Coppeno e Morandi) che sono stati più volte messi in discussione durante il ciclo dei seminari, in quanto ampiamente inattendibili. Quella che emerge è una Como vista in modo politico e generale, mentre mancano le persone e il rapporto tra i resistenti e la città. Ma come spesso accade, solo l’anno successivo viene pubblicato un libro che sembra riempire, dando voce alle persone, i vuoti lasciati da Pippione. Rosaria Marchesi si è sempre occupata di divulgazione storica, ed ha contribuito con Cera la guerra ad un percorso intrapreso da Nodo Libri (collana In prima persona), per la raccolta di testimonianze il meno filtrate possibili. A distanza di ventidue anni, l’autrice ha ripercorso, con un piacere frizzante, la genesi del suo libro d’interviste, capace di mostrare il clima di un’epoca. Attraverso i contribuiti inediti di alcuni personaggi, che in modo diverso hanno cercato di ricostruire un puzzle del periodo storico, ha preso vita un libro ancora attuale e importante per descrivere Como e i comaschi e i non comaschi a Como. Le interviste, di differente spessore e con la presenza di persone appartenenti a tutti i ceti sociali (tra cui: operai, docenti, donne e preti), hanno permesso al lavoro di avere un ampio respiro, complice anche l’inclusione della testimonianza di un uomo che aderì alla Repubblica sociale. Con il senno del poi, ha dichiarato Marchesi, qualche domanda più scomoda, o una dose maggiore di dettagli, avrebbero reso il lavoro ancor più completo. Ed é proprio da queste mancate occasione che il presidente Calzati parte per la sua riflessione sul ciclo dei seminari e sul lavoro futuro. Alcuni nodi non sono stati ancora sciolti, forse perché i protagonisti hanno intrapreso vie istituzionali per la trasmissione della memoria. Servirebbero le persone: la popolazione civile e il loro vissuto. Le biografie aiutano a comprendere la scelta, perché dopo l’8 settembre chi ha scelto, per le ragioni più diverse, lo ha fatto sapendo di rischiare la vita. Manca la ricostruzione della guerra civile; il territorio non ha permesso il formarsi di grandi formazioni partigiane, poiché i gruppi dovevano essere mobili (basti pensare al problema del vettovagliamento per i gruppi stanziati sul lago); torna a sgomitare l’ingombrante assenza delle donne, che sembrano scivolate via (solo da vent’anni se ne parla, ha ricordato Roberta Cairoli). Quello che emerge, oltre alla carenza dei fatti e dei contesti, è uno spaccato fatto da tanti piccoli gruppi: come ha concluso Caldera:« bisogna mettere insieme il binocolo e il cannocchiale per capire la catena di comando». Quello dell’ Istituto è un piccolo gruppo di ricercatori, ma è molto attivo: difatti, si prevede un terzo ciclo di seminari dopo l’estate. Il prossimo appuntamento in programma in Istituto è per venerdì 30 maggio ore 18.00, per la presentazione del volume Como 1915-1945: protezione dei civili e rifugi antiaerei, di Maria Antonietta Breda e Gianluca Padovan. [Barbara Rizzi, ecoinformazioni]

Stefano in città/ Presentata la ricerca, festeggiato Mario Tonghini

Nella sala Stemmi del Municipio, nel luogo simbolo della comunità civile della città, ma senza alcun paludamento retorico, è stata presentata la ricerca Stefano in città, basata su una serie di interviste con Mario Tonghini, nome di battaglia “Stefano”, appunto.

Tonghini3Una ricerca (qui il PDF dell’opuscolo) che – come ha ricordato in apertura Giuseppe Calzati, presidente dell’Istituto di Storia Contemporanea “Pier Amato Perretta” – si colloca all’interno di un articolato percorso di avvicinamento al 70° anniversario della Liberazione, celebrazione che l’Istituto ha inteso come l’occasione per una generale revisione dei materiali disponibili per la documentazione delle vicende dell’antifascismo e della resistenza, materiali che in molti casi attendono di essere valorizzati e in altri necessitano invece di una profonda revisione critica. Necessità di approfondimento che è stata sottolineata anche nell’intervento di Gerri Caldera, tanto che è stata annunciata una “nuova edizione” della ricerca appena presentata, poiché proprio l’elaborazione di nuovi materiali sollecita ulteriori ricerche e verifiche. Il lavoro ancora da fare è veramente enorme, anche per recuperare tutte quelle memorie in grado di restituire le tante sfaccettature del mondo resistenziale, degli innumerevoli atteggiamenti e aspirazioni, delle diverse pratiche e ideologie, adottate di volta in volta da persone già politicamente formate oppure da giovani che si affacciavano per la prima volta all’azione.

Nel suo intervento il sindaco di Como, Mario Lucini, ha espresso il ringraziamento della comunità nei confronti di Mario Tonghini, e ha anche affettuosamente ricordato l’intervento di Tonghini nella celebrazione del 25 aprile dell’anno scorso, un intervento fuori dell’ufficialità (addirittura non previsto) ma che ha assunto un particolare rilievo proprio come “consegna” della memoria e dell’impegno da una generazione all’altra.

La presentazione della ricerca è stata quindi soprattutto l’occasione – nonostante l’assenza di molta parte del mondo politico comasco, anche di quello che più direttamente si richiama ai valori della Resistenza e del movimento operaio – per festeggiare Mario Tonghini, ultimo comandante partigiano vivente nella nostra zona, interprete dei valori di giustizia, di libertà e di sobrietà per cui ha operato tanto durante la lotta di liberazione, quanto nella sua attività di imprenditore e di consigliere comunale poi.

A questi valori si è richiamato “Stefano” nelle parole che ha pronunciato in chiusura dell’incontro: un omaggio a tutte le persone che hanno sacrificato la propria vita durante la Resistenza, sia combattendo in armi, sia opponendosi da civili al fascismo e subendo quindi la deportazione.

Per le sue alte qualità personali – come ha ricordato Gerri Caldera – l’Istituto di Storia Contemporanea aveva proposto l’anno scorso Mario Tonghini per la benemerenza cittadina dell’“Abbondino”, benemerenza che la commissione comunale ha ritenuto di non concedere, ma che dovrebbe essere riproposta alla prossima edizione proprio come “riconoscimento” istituzionale a una persona come Stefano e ai suoi valori. [Fabio Cani, ecoinformazioni]

Tonghini

22 marzo / Stefano in città: Resistenza a Como e nel territorio

Tonghini-locandinaSI presenta il 22 marzo alle ore 17 alla Sala Stemmi del Municipio di Como, la ricerca Stefano in città, condotta dall’Istituto di Storia contemporanea Pier Amato Perretta sulle vicende della Resistenza a Como tra 1944 e 1945.

Stefano è il nome di battaglia di Mario Tonghini, nato a Como nel 1923 e attivo nella Resistenza a partire dal novembre 1943. Ultimo comandante partigiano vivente della nostra zona, Tonghini ha ricostruito in una serie di interviste la situazione della città e del territorio durante gli ultimi, drammatici mesi di guerra, fino alla Liberazione, e in particolare delle zone che l’hanno visto protagonista: Como, Cantù, le Grigne. È grazie alla sua testimonianza che per la prima volta è stata ricostruita la mappa di un nutrito numero di recapiti clandestini delle Resistenza utilizzati nella città di Como nel corso del 1944.

La ricerca pubblicata in un opuscolo dall’Istituto di Storia Contemporanea, grazie anche al contributo di Coop Casa Como, viene presentata con la partecipazione dello stesso Mario Tonghini “Stefano”, del sindaco di Como Mario Lucini, del presidente dell’Istituto Giuseppe Calzati e di Gerri Caldera, che ha seguito la realizzazione del lavoro (l’opuscolo). [fc, ecoinformazioni]

Resistenti e Resistenza all’Istituto di Storia Contemporanea/ Mario Martinelli

Rosaria MarchesiNumerosi i partecipanti al secondo ciclo di conferenze sulla storiografia locale all’Istituto di storia contemporanea Perretta. Relatrice la giornalista Rosaria Marchesi, che ha presentato quello che è stato definito un testo base: Aspetti e problemi del movimento cattolico comasco dal 1919 al 1945 di Mario Martinelli, pubblicato nel 1985. Come ormai di consueto, prima della presentazione, viene tratteggiata una nota metodologica, che possa dare una cornice e al tempo stesso un orizzonte. La memoria della memoria è quella che rimane ai posteri – ha sottolineato Gerri Caldera nella sua premessa – quindi è possibile parlare di una post memoria, quella sulla quale i ricercatori dell’Istituto lavorano con grande senso di responsabilità. Mettere in relazione autori e tempo storico è cosa delicata, soprattutto quando i personaggi che hanno partecipato alla storia arrivano alla scrittura anni dopo, portando alla luce il problema di una memoria che si sedimenta, non liquida, ma piena di senso comune, condizionato dai fatti che si sono verificati in seguito.
Il volume di Mario Martinelli approfondito è il secondo di una trilogia mai terminata, pubblicato in occasione del quarantesimo anniversario della Liberazione. Il testo parte dal Partito popolare italiano a Como (di cui il padre fu tra i fondatori), per arrivare in conclusione alla vicenda che ci offre diversi spunti di riflessione: la clandestinità nel Comasco. Per ricomporre la vicenda storica Martinelli si è avvalso di documenti da lui posseduti e citati nelle note; come sia venuto a conoscenza di questi documenti non viene specificato. Nel periodo della resistenza, grazie al suo impegno sociale e culturale nel mondo cattolico, si rese disponibile a mantenere i contatti per la Dc con Milano, e mise a disposizione la sua casa per le riunioni. I contatti con il capoluogo gli fecero avere rapporti anche con esponenti di altre forze politiche – spiega Rosaria Marchesi – poi presenti nel Cln. La clandestinità si respirava in tutti i momenti dell’agire quotidiano; è così, ad esempio, che Martinelli, di ritorno da Milano, era solito passare all’ospedale Valduce, dove, grazie alla disponibilità delle suore, lasciava in custodia i documenti prima di tornare a casa. Dato da non trascurare è che egli fu imprigionato dall’agosto del ’44 alla primavera del ’45; di conseguenza, la sua testimonianza si intreccia a testimonianze che gli sono state riportate e agli incontri avvenuti nel carcere di S. Vittore. Numerose le persone che vengono da lui citate, tra cui i sacerdoti, quasi a dare il giusto spazio a ciascuno, che rischierebbe altrimenti di essere dimenticato. Molti aspetti rimangono aperti, e probabilmente avrebbero trovato collocazione nel terzo volume. Le persone in sala hanno reso omaggio con parole di stima e rispetto all’onestà intellettuale di Martinelli, anche in considerazione della sua pluridecennale attività di politico in Parlamento.

In chiusura, Giuseppe Calzati, ha individuato in Eugenio Rosasco, Pier Amato Perretta e Mario Martinelli figure simbolo per la Resistenza; pur avendo posizioni diverse, erano accomunati da un sentire comune: quello dell’antifascismo. [Barbara Rizzi, ecoinformazioni]

Resistenti e Resistenza – Al via il secondo ciclo­

GalanteCalderaIl 17 gennaio, all’Istituto di Storia Contemporanea Pier Amato Perretta, si è aperto il secondo ciclo di conferenze sulla storiografia della Resistenza, in particolare su una parte della storiografia locale. In una presentazione corale sono intervenuti Carlo Galante, Elisabetta Lombi e Gerri Caldera.

Giuseppe Calzati ha aperto la presentazione ricordando che i ricercatori e gli studiosi dell’ ISC Perretta, attraverso questo lavoro di sintesi e condivisione, si preparano e cercano di coinvolgere la cittadinanza per il prossimo settantennale  della Liberazione. Lo fanno incrociando ed interrogandosi sulle fonti e sulla loro natura non sempre omogena. Difatti, Gerri Caldera ricorda al pubblico presente la difficoltà derivate dall’attendibilità delle fonti e delle narrazioni. Sceglie come esempio due metodologie utilizzate  nella raccolta delle narrazioni di testimoni: la prima, “Sterling Memorial Library”, progettata sul finire degli anni ’70 dall’Università di Yale, prevede che un gruppo di universitari-intervistatori tenga un atteggiamento solidale con l’intervistato e con il suo vissuto. In contrasto, la metodologia usata dalla Shoah Foundation, voluta da Spielberg nel 1994, segue un protocollo rigido, con un format medesimo per tutti gli intervistati, e con elementi di spettacolarizzazione sul finale , quando il testimone è invitato a lasciare un appello al mondo. A questo proposito, si è parlato di una torsione della testimonianza.

Il problema delle fonti e del tipo di narrazione dovrebbe essere tenuto a mente in generale, e nel caso specifico per le cronologie di Giuseppe Coppeno e  Renato Morandi.

Carlo Galante si è occupato in modo dettagliato del testo di Giuseppe Coppeno Como dalla dittatura alla libertà (1989), dichiarando dal principio quanto il testo è di difficile comprensione, perché complesso è il periodo che viene trattato. Un testo che è stato molto criticato, soprattutto perché non vengono citate le fonti, ma nel quale è presente una storia piuttosto completa della resistenza comasca.
Coppeno è stato agente partigiano di collegamento tra Como e Milano, e il suo è stato un ruolo pressoché marginale, ma la dovizia dei particolari del suo scritto può confondere il lettore circa la veridicità dei fatti narrati. La sua è stata una prospettiva unilaterale, dettata dalla scelta dei particolari da argomentare e quelli da trascurare, unita ad una personale opinione dei fatti che si sono susseguiti. La sua disamina parte dal ventennio fascista e vuole arrivare agli atti finali della liberazione; nel mezzo, si susseguono le azioni partigiane volte al rifornimento di armi; l’inquadramento dei gruppi partigiani, nei quali la formazione più semplice e diffusa fu il distaccamento; nomi e cognomi di chi nel palazzo del fascio usò la tortura come vile mezzo di prevaricazione.

GalanteLombiElisabetta Lombi sta svolgendo una ricerca tra le audio interviste effettuate negli anni ’70 e archiviate in Istituto. Nel corso del suo lavoro, si è imbattuta in due interviste fatte da Coppeno, e lo stile di quest’ultimo è sembrato più simile a quello di un interrogatorio. Le sue intenzioni vengono chiaramente esplicitate negli audio, e laddove egli è convinto che i fatti narrati non si siano verificati, nonostante venga testimoniato l’esatto contrario, egli sceglie di ometterli. Anche in questo caso c’è molta retorica su come le donne non vengano giustamente narrate per la loro grande partecipazione: a loro viene dedicato soltanto un piccolo paragrafo di scarsa rilevanza. Come sottolinea Lombi, “ci si aspetta sempre che siano le donne ad occuparsi delle donne”.

In conclusione, Gerri Caldera ha presentato due testi di Renato Morandi: Memorie storiche dell’attività partigiana (1956) e Azioni partigiane (1981). Il primo testo afferma che fino al marzo del 1944, nella zona di Como, non c’è stata attività partigiana, mentre il secondo, che è una cronologia dei fatti, certifica azioni partigiane già dal settembre del 1943. Contraddizioni come queste sono state segnalate anche da Giusto Perretta: nei libri archiviati in Istituto sono presenti delle chiose che negano quanto affermato da Morandi.

Nel dibattito finale, è emerso come la parola chiave sia narrazione, e ci si è interrogati sul senso della categoria dell’inattendibilità, quando le narrazioni usano la memoria, che è di per sé un atto selettivo e deliberato. Kafka chiude così il Prometeo: “La leggenda tenta di spiegare l’inspiegabile. Siccome proviene da un fondo di verità, deve terminare nell’inspiegabile”.

Sul sito dell’Isc Perretta è presente l’abstract scritto da Caldera, che si conclude con queste parole: “Le cronologie di Morandi e il testo di Coppeno stanno alla base della storia della resistenza locale, ma per 70 anni non sono state vagliate criticamente, e quindi tutti i successivi testi, che ad essi si richiamano, conservano quelle ambiguità originarie, per altro i testi di resistenza locale di solito si occupano di vicende specifiche e narrano episodi singoli (in specie il tratto finale che riguarda Dongo e Mussolini), ma non hanno fatto un lavoro di sintesi, non hanno catturato il “senso” complessivo di quegli anni. Quindi possiamo forse dire che la “Resistenza” della nostra zona attende ancora di essere scritte”. [Barbara Rizzi, ecoinformazioni]

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