Intervista a Nando Dalla Chiesa

«Il tema che porremo al centro della Giornata – spiegano gli organizzatori di Libera – sarà la dimensione finanziaria delle mafie. Troppo spesso si licenzia frettolosamente ancora oggi il problema mafie come qualcosa che riguarda solo alcune regioni del Sud Italia. Sappiamo per certo che non è così, che oggi le mafie investono in tutto il mondo e che nel Nord Italia ci sono importanti cellule di famigerati clan, che riciclano denaro sporco, investono capitali nell’edilizia e nel commercio, sono al centro del narcotraffico, sfruttano attraverso lavoro nero. La corruzione, oggi nuovamente a livelli altissimi come sottolineato dalla Corte dei Conti, è un fenomeno presente in misura crescente dove ci sono maggiori possibilità di business: è dunque il Nord tutto a doversi guardare da questi fenomeni di penetrazione di capitali illeciti».
Sull’argomento abbiamo intervistato Nando Dalla Chiesa, presidente onorario di Libera.
Il 20 marzo è la XV Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime di mafia: qual è il suo significato?
Questa è una giornata di grande valore morale nella storia del paese, è la giornata che ricorda tutte le vittime delle organizzazioni mafiose e questa memoria è impressa in tutta la storia d’Italia perché parte dalla fine dell’Ottocento e, per quel che riguarda la storia della repubblica, si va dai sindacalisti uccisi negli anni Quaranta in Sicilia fino ai magistrati, agli esponenti della società civile, ai giornalisti a cui si è cercato di tappare la bocca o di fermare la tastiera. Ci sono esponenti delle forze dell’ordine, politici e amministratori. Sono nomi che rimessi uno in fila all’altro, come accade solo in questa manifestazione, ricostruiscono la scia di sangue che percorre la storia della nostra democrazia che va ricordata per portare ad una maggiore responsabilità di chi sente fare quei nomi: per questo giornata della Memoria e anche dell’Impegno
Perché quest’anno proprio a Milano?
La manifestazione si svolge ogni anno in una città diversa, non è la prima volta che viene scelta una città del nord, ci sono già state Torino e Modena. Quest’anno Milano, però, ha un significato particolare: la Lombardia e il suo capoluogo sono sotto attacco da parte delle organizzazioni mafiose, ma l’opinione pubblica e la classe dirigente milanese e lombarda sembrano non rendersene conto o non vogliono vederlo. Si tratta quindi di far tornare per un giorno Milano capitale morale del paese e pensare che da questa affermazione di responsabilità collettiva nasca una nuova capacità di tenere lontane le organizzazioni mafiose, in particola la ‘ndrangheta, dalla società dall’economia e dalle istituzioni lombarde.
Quali sono le attività a rischio mafia in Lombardia?
Sono tantissime, non più soltanto il gioco d’azzardo, le discoteche e i luoghi del divertimento, ma vanno dal ciclo del cemento allo smaltimento dei rifiuti tossici alla sanità. Si tratta di luoghi di investimento importanti che, fra l’altro, intrecciano professioni e bisogni sociali diffusi – basta pensare alla casa e alla salute – che per questo rischiano di trovare indirettamente delle cinture di consenso anche involontarie e in intenzionali, ma che poi pesano: bisogna fare presto!
Che responsabilità hanno avuto la classe politica e i partiti nello sviluppo della mafia al Nord, in territori non tradizionali e che ruolo dovrebbero avere per contrastarlo?
Dal punto di vista del “dovrebbero avere”, quello che dovrebbero fare è schierarsi come una falange contro le organizzazioni mafiose, difendere le città e i cittadini. Purtroppo non lo fanno a volte per calcoli di convenienza e di quieto vivere e anche per valutazioni superficiali; non c’è calcolo, c’è semplicemente inadeguatezza culturale e civile però un paese non può permettersi di fronte a questi avversari una classe dirigente così.
La domanda che spesso si fanno i cittadini comuni è: cosa posso fare io, cosa possiamo fare noi nella nostra quotidianità per combattere questo sistema che tende ad essere invisibile per proliferare?
Queste organizzazioni, segnatamente la ‘ndrangheta, sono state a lungo rimosse dalla coscienza collettiva e questo è stato il loro alleato principale: noi dobbiamo sconfiggere questo alleato. Si tratta di una guerra e noi possiamo battere il nemico cominciando a battere questo suo fortissimo alleato.
L’Italia è il paese in cui sono nate le organizzazioni mafiose, però quelle italiane non sono le uniche presenti sul nostro territorio: come mai anche organizzazioni straniere si sono insediate qui?
Sono arrivate qui perché abbiamo avuto fenomeni migratori repentini che sono stati utilizzati come maschera dalle organizzazioni malavitose e sono diventanti il terreno ideale per esercitare dei reati: primo tra tutti proprio il traffico di esseri umani per entrare in Italia. Inoltre il nostro è un paese nel quale la legalità è sempre incerta e dunque, vedendo quello che fanno le organizzazioni criminali italiane, si può a ragione ritenere che ci siano anche altri spazi se si riesce a rimanere sott’acqua e non farsi vedere troppo.
C’è una speranza nel futuro della lotta dell’antimafia?
La speranza c’è sempre dipende semplicemente dalle forze che si riescono a mettere in campo. Oggi più che mai bisogna rendere esplicito il problema e crearne consapevolezza. Questo si può fare ma richiede un grande sforzo di sensibilizzazione e di impegno civile per oltrepassare la barriera dell’indifferenza, dell’inerzia o dell’incapacità e superficialità dei partiti e dei mezzi di informazione di massa. [Tommaso Marelli, ecoinformazioni]