Guerra, scioperi e lager nella testimonianza di Ines Figini

Il 6 marzo 1944, giusto 68 anni fa, fu un giorno particolare: il giorno dello sciopero antifascista e contro la guerra proclamato in tutte le fabbriche del nord Italia occupato dalle forze nazifasciste. Fu un giorno che cambiò la vita di molte persone; sicuramente cambiò quella di Ines Figini, giovane operaia alla Tintoria Comense che ebbe il coraggio di manifestare il proprio sostegno ai compagni di lavoro accusati di essere i promotori dello sciopero nella fabbrica comasca e che per questo fu deportata in un lager in Germania.

Da quella drammatica esperienza (più di un anno in svariati campi – Mauthausen, Auschwitz-Birkenau, Ravensbruck – e poi ancora alcuni mesi di degenza in ospedale di guerra, dopo la liberazione, per le conseguenze dell’internamento) Ines Figini è riuscita a tornare. E questa esperienza è stata, da qualche anno a questa parte, spesso da lei raccontata in interviste e in toccanti incontri pubblici – soprattutto nelle scuole, di fronte a un pubblico giovane con cui Ines ha allacciato un rapporto particolarmente fecondo. Mancava ancora la fissazione sulle pagine di un libro, che ora è stato realizzato da Giovanna Caldara e Mauro Colombo e pubblicato dall’editore Melampo di Milano (150 pagine, 15 euro).

La presentazione del 6 marzo nell’auditorium della Biblioteca Comunale di Como è stata l’occasione per ascoltare ancora una volta l’emozionante racconto di Ines, ricco di ricordi vivissimi e anche di una disarmante autoironia: una vicenda speciale, ma – come hanno sottolineato autrice e autore del volume – rivissuta in una chiave del tutto normale, calibrata sulla misura di un’esperienza di vita ricca e serena. È evidentemente questa la spiegazione del titolo: «Quand’era bambina Ines si allontanava spesso da casa per giocare. Sua madre, però, non se ne preoccupava; “Tanto tu torni sempre…”, le disse una volta. Per non deludere questa fiducia, Ines è tornata anche dall’inferno».

Nel libro il momento centrale dello sciopero, della deportazione e della liberazione, è accompagnato dalla narrazione della vita di Ines prima e dopo quegli anni, proprio per evidenziare la connessione di una vicenda drammatica come questa con la vita quotidiana delle persone protagoniste di una fondamentale fase della storia nazionale.

Nel suo intervento, Valter Merazzi, direttore dell’Istituto di Storia Contemporanea “Pier Amato Perretta” e responsabile del Centro di Ricerca “Schiavi di Hitler”, ha tenuto a sottolineare quanto le testimonianze in prima in persona come quella di Ines siano preziose non solo per dare spessore emozionale a momenti storici che spesso vengono appiattiti dalla fredda narrazione accademica, ma anche e soprattutto per individuare concrete esperienze che faticano a trovare evidenza documentaria nelle fonti storiche “tradizionali”. È il caso, per esempio, di tutto quel complesso mondo dell’opposizione “civile” al fascismo, della deportazione e dell’internamento – di cui anche la vicenda di Ines è un esempio – che solo negli ultimi decenni è stato riportato all’attenzione della ricerca storica.

A quasi novant’anni, Ines Figini è una testimone lucida e accorata, capace di coinvolgere un folto pubblico non solo sulle sue straordinarie vicende personali, ma anche e soprattutto sui drammi, sulle responsabilità e sugli ideali di un’intera città.

[Fabio Cani, ecoinformazioni]

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