Rosy Bindi a Como con Monti senza entusiasmo

Rosy Bindi ha partecipato, nel tardo pomeriggio del 16 aprile a Como alla Circoscrizione 3, all’incontro La rete del welfare comasco: comune, associazionismo e famiglie. In una sala piena, dopo il saluto della segretaria provinciale del Pd Savina Marelli, di quello cittadino Stefano Legnani e di Ana Rosa Ruiz a nome delle candidate del Pd, Rosy Bindi ha iniziato con ottimismo: «In pochi mesi ci siamo liberati prima di Berlusconi, poi di Bossi e speriamo tra poco anche di Formigoni e del sindaco di centrodestra a Como».  L’incontro ha poi però preso una piega difficile mostrando la difficoltà del Pd che appoggia il governo Monti in un percorso lontano dagli interessi della sua base elettorale e della maggior parte della popolazione.Subito la presidente del Pd è entrata nel merito della durezza dei sacrifici subiti dalla popolazione: «Questa scadenza elettorale amministrativa cade nel cuore di una crisi senza precedenti che in Italia è più grave che altrove anche a causa del cattivo operato del governo Berlusconi. La crisi è tuttavia globale e europea. E non c’è certezza che gli interventi che vengono fatti  – che pure sono “costosi” per le persone che devono sopportali  – saranno sufficienti e efficaci. Io ho votato per questi sacrifici, io mi sento responsabile di sotenere il governo Monti. Noi non abbiamo votato a occhi chiusi, ma non mi sento responsabile di chi ha determinato le condizioni che hanno determinato la necessità di quei provvedimenti. Per i bisogni fondamentali la dimensione pubblica garantisce di più. L’organizzazione e la responsabilità dei servizi deve essere pubblica».

«Guai a pensare che le tipicità delle associazioni possano essere svincolate dai leader. Pensate a don Ciotti se non ci fosse lui certe cose non si farebbero. Mi illuderò, ma penso che sia passata la fase nella quel non si poteva parlare di solidarietà In questi 20 anni si è cercato di favorire l’individualismo. Oggi è chiaro a tutti che da soli non ce la fa più nessuno. Io ho fatto fatica anche nel mio universo politico che non si poteva uscire dai sistemi di solidarietà pubblica per andare a un welfare per chi se lo può permettere. Pensate se avessimo fatto una riforma del welfare Puntando sulla capacità del ceto medio di reggere. Oggi sarebbe un disastro: oggi solo il 10 per cento può farcela da solo. Se il 90 per cento non ha il welfare pubblico non ce la può fare. Non è vero che con l’individualismo del territorio si risolvono le cose. In nord non è mai stato così umiliato come in questi anni».

Sul tema della riforma del mercato del lavoro Bindi afferma: «Io sono una sostenitrice convinta di Monti e noi del Pd lavoriamo perché arrivi alla scadenza naturale. Ma non rinunciamo alle nostre idee e al nostro stile. Io mi sono permessa di consigliare a Monti che la sua forza sta nel fare riforme condivise non imposte. E’ una prova di forza avere la concordia con le parti sociali. Quando si influisce nella struttura del Paese non lo si può fare senza le parti sociali e le forze politiche. Se si fa costare di più il lavoro precario si incide sui costi dell’impresa e nella busta paga dei lavoratori. In questi cinque mesi si è raffreddato il mercato finanziario, ma i vantaggi nel paese reale non sono arrivati e non è stato rimessa in moto l’economia. La riforma fiscale deve colpire gli evasori in primis, ma anche chi ha grandi disponibilità finanziarie e ridurre il peso su lavoratori e imprese».

Sul voto di genere Bindi afferma: «Ci sono donne e donne, ma anche uomini e uomini. Come dice Mafalda: “Il femminile si forma il maschile esiste”. Se uno deve votare la Santanché può anche votare un uomo. Le donne sono una risorsa per riscattare anche la politica».

L’incontro, partita Bindi impegnata in un altro incontro, è proseguito cone gli interventi delle associazioni a Mario Lucini. [Gianpaolo Rosso, ecoinformazioni]

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