L’importanza di una Memoria precaria
Il 25 aprile e l’1 maggio in piazza mercato a Erba i giovani dell’associazione Erbattiva, in collaborazione con Pianeta music school, hanno commemorato la Resistenza partigiana e la festa dei lavoratori con musica e divertimento, senza dimenticare l’importanza della testimonianza: martedì 25 aprile il partigiano Mauro Gilardi di 86 anni ha raccontato per la prima volta in pubblico la sua storia.
Intervistato dal professor Emilio Galli e visibilmente emozionato, Mauro Gilardi ha raccontato ai presenti sotto i portici di piazza Mercato a Erba la sua storia, cominciando dalla chiamata alla leva del novembre 1943: «Avevamo diciotto anni ed eravamo chiamati a morire, perché in guerra non ci si bacia né ci si scambia complimenti. Se sceglievi di disertare, ti processavano e condannavano a dieci anni di prigione». Nonostante la paura di morire in guerra fosse tanta, Gilardi scelse di presentarsi alla chiamata alle armi e venne mandato a Novi Ligure nell’esercito della repubblica di Salò; non resistette a lungo, a dicembre scappò e torno a casa sua a Pontelambro, vicino a Erba. Dopo due giorni dal suo ritorno, i carabinieri andarono a cercarlo a casa sua e lui decise nuovamente di presentarsi alle armi: «Al posto della prigione mi hanno proposto un corso per diventare caporale e accettai. Nel gennaio 1944 mi mandarono a Prato Ponticino, vicino ad Arezzo, dove c’era una ferrovia che i tedeschi usavano per inviare rifornimenti al fronte. Mentre noi lavoravamo sotto gli ordini e le minacce delle SS, gli alleati angloamericani ci bombardavano e qualcuno di noi ci lasciò le penne». I soldati italiani presenti a Prato Ponticino, dopo aver visto più volte la morte negli occhi, decisero di disertare tutti assieme e scapparono da lì. Mauro Gilardi riuscì a tornare a casa, e venne trasferito a Garbagnate Rotta travestito da donna, per non farsi riconoscere: «a Garbagnate ho conosciuto Mauri, reduce della guerra civile spagnola, che mi ha messo in contatto con i partigiani. Sono entrato a far parte della 176^ brigata Garibaldi, nel Gap, cioè i nuclei armati che avevano la funzione di disturbo e di propaganda della Resistenza».
Tornato a Pontelambro, Gilardi comincia la doppia vita di partigiano e lavoratore al cotonificio: «Eravamo coscienti di mettere in gioco la nostra vita, sapevamo che sbagliando per noi era finita. Ma quella non era una guerra civile, come oggi alcuni raccontano, ma una guerra partigiana». Tra le azioni raccontate ci sono l’impresa al cotonificio di Pontelambro, durante il bombardamento di Erba nel settembre-ottobre ’44, quando disarmarono le guardie all’esterno dello stabile; successivamente, assieme al compagno Beppe, Gilardi riuscì a rubare la mitragliatrice alla guardia della portineria del comando delle SS di Villa Vacari, verso Longone al Segrino. Questi piccoli gesti di coraggio servivano a conquistare il sostegno della gente comune, senza correre rischi tali da prevedere reazioni violente dei nazifascisti in una zona tranquilla come quella erbese.
Mauro Gilardi ha concluso i suoi racconti dicendo: «La Resistenza era un momento triste, perché la guerra è il male. Ma noi giovani non ci siamo nascosti né tirati indietro per vincere i nazifascisti e liberare L’italia». A chi gli ha chiesto un consiglio per i giovani d’oggi, Gilardi ha risposto sorridendo: «Non posso darti il pesce, ti dico come vai a pescarlo se vuoi mangiarlo! Siate fiduciosi in voi stessi, assumete comportamenti propositivi, mai negativi, perché solo così si riesce a risolvere i problemi». [Tommaso Marelli, Ecoinformazioni]