Perché non Rodotà? Candidatura compromessa da una “appropriazione indebita”
Chiara Braga, la parlamentare comasca del centrosinistra, dopo una giornata di “decantazione”, riassume la tormentata storia della vicenda dell’elezione del presidente della Repubblica esprimendo riconoscenza verso Napolitano, stima per Rodotà – vittima a suo avviso di una “appropriazione indebita” da parte di Grillo” – critica per l’operato del suo partito, il Pd, che vorrebbe non fosse destinato all’archiviazione.
«Quando tira un brutto vento i pessimisti abbandonano la nave, gli ottimisti aspettano sperando che il vento cambi ma i realisti aggiustano le vele” mi ha scritto poco fa un amico dalla Cina.
Ho passato questa giornata “di decantazione” a cercare di fare un pò d’ordine nel tumulto di pensieri ed emozioni di questi giorni. Credo che il silenzio aiuti a ragionare meglio ed anche a capire come aggiustare, anziché continuare a distruggere. Proverò a dire qualcosa, senza la presunzione di risolvere in poche righe un ragionamento che spero di poter fare di persona con le tante persone che in questi giorni hanno voluto comunicarmi le loro opinioni.
Domani parteciperò alla cerimonia di giuramento del Presidente Napolitano, con grande onore e riconoscenza per lo spirito di servizio al Paese che ha dimostrato in questi sette anni e soprattutto in questi giorni, nel rendersi disponibile a proseguire il suo mandato.
Sento però tutto il peso del fallimento che ha segnato la politica e in particolare il PD nel passaggio delicatissimo di questi giorni. Sono serena con me stessa, perché convinta delle mie scelte, ma molto amareggiata per quel che è successo e preoccupata per quel che vedo accadere attorno a me, nel PD e fuori di noi, nel paese. Ho reagito con veemenza alle accuse di “vergogna” ricevute dopo l’elezione del Presidente Napolitano e alle parole inaccettabili pronunciate dagli esponenti e sostenitori del M5S e non solo; le immagini di ieri – le urla, le aggressioni verbali, le marce – sono per me la conferma che non c’era nessun fondamento alle aperture di dialogo millantate nei giorni scorsi, che l’obiettivo del M5S non è affatto la rigenerazione della politica e nemmeno soltanto la distruzione del PD (magari fosse solo questo!) ma un attacco alle regole e ai fondamenti delle istituzioni democratiche; la candidatura autorevole di Stefano Rodotà (anche se emersa da un improbabile ed oscuro sondaggio on-line ma sulla quale personalmente non avevo alcun pregiudizio) è stata compromessa da una sorta di “appropriazione indebita”, a cui non è conseguita una necessaria presa di distanza dal diretto interessato che ne ha pregiudicato ogni condivisione (ecco “perché non Rodotà”, rispondendo ai moltissimi che me l’hanno chiesto in questi giorni).
Il PD ha evidentemente sbagliato molte cose, prima e dopo le elezioni, ed è doveroso che il gruppo dirigente (non solo Bersani, perchè io lo intendo in senso lato, comprendendo naturalmente i gruppi parlamentari e quindi me stessa) se ne assuma tutta la responsabilità. Di fronte all’appuntamento più alto che può capitare ad una forza politica – l’elezione del Capo dello Stato – il PD ha dato la peggior prova di sé: semplificando al massimo direi che ha anteposto le proprie “beghe” interne al compito primario di ricercare la soluzione istituzionale migliore, attenendosi al dettato costituzionale. Il nostro errore non è stato quello di “non dar retta” al nostro popolo – e lo dico sapendo quanto ha pesato su molti di noi la critica feroce venuta dai nostri iscritti ed elettori, sulla ricerca, che io continuo a ritenere invece giusta e doverosa, di una condivisione ampia nel Parlamento sulla figura del candidato Presidente – ma di non essere stati all’altezza della responsabilità a cui eravamo chiamati. La mancata elezione di Franco Marini, frutto di una forzatura non condivisa da tanti, me compresa (nonostante l’abbia votato al primo scrutinio come ho spiegato qualche post fa), ha segnato una spaccatura al nostro interno e nella coalizione ed è stato un errore grave, che poteva però essere ancora sanato convergendo sull’autorevolissima candidatura di Romano Prodi. Il “tradimento” dei 101 colleghi deputati dei PD (di cui ancora aspetto, forse inutilmente, un’assunzione di responsabilità) non solo ha sacrificato uno dei padri politici del PD, presidente della Commissione europea e figura internazionale di prestigio, ma ha compromesso la fiducia su cui si fonda la condivisione di un progetto politico e la possibilità di essere riconosciuti come affidabili dai cittadini. Non solo si è affossata ogni possibilità di convergere su un Presidente espressione di una piena responsabilità politica del Parlamento (i numeri a riguardo dicono tutto: se Pd e Sel avessero votato compattamente sarebbe stati sufficienti altri 9 voti sui 1007 complessivi per raggiungere il quorum), ma si è colpevolmente avvallata nei cittadini la convinzione, già così diffusa, dell’incapacità e dell’inutilità della politica. Vorrei essere chiara: le colpe non possono essere attribuite a casaccio. Esiste una responsabilità collettiva (che è del PD) ma le colpe sono individuali, cioè dei 101 parlamentari che non hanno onorato il loro mandato. Spendo su questo solo una considerazione: i nostri gruppi parlamentari sono fortemente rinnovati,anche in termini generazionali, ed espressione di una selezione avvenuta in larga misura attraverso lo strumento delle Primarie, me compresa. Non ci si improvvisa politici e parlamentari capaci, lo dico per esperienza; si impara, se ci si riesce. Ma sarebbe semplicistico ed ipocrita attribuire ai parlamentari eletti con le Primarie o peggio ai giovani eletti la responsabilità di quanto successo con Prodi. Certo, magari ci sarà qualcuno che “non ha retto la pressione della rete” (dovremo interrogarci, e molto in profondità, su questo corto circuito tra eletti e popolo della rete) ma solo uno sciocco o qualcuno in malafede potrebbe far finta di non vedere il comporsi di piani diversi ma tutti egualmente scellerati, perseguiti volutamente e con grande spregiudicatezza e (ahimè) sapienza per impedire l’elezione di Romano Prodi. La gravità di quel che ne è conseguito mi lascia ancora frastornata, lo ammetto. Ed è un dolore enorme, per me e credo per la maggior parte di chi ha creduto nel PD.
A questo punto siamo “alla nave” (da cui sono partita) e tocca decidere: che si fa? Si abbandona, si aspetta o si aggiusta? Io sono per la terza.
Ci aspettano passaggi e scelte tutt’altro che facili, a partire dalle prossime ore, dai prossimi giorni. Il governo sarà il primo banco di prova. Spero che sapremo scegliere nell’interesse reale di un Paese in ginocchio e all’affanno, che abbiamo purtroppo deluso profondamente in questi ultimi giorni. Servirà fare chiarezza e pulizia, di metodi ancora prima che di persone. Bisognerà riscoprire e rianimare le ragioni fondative del PD, perché personalmente non mi rassegno alla sua archiviazione.
Le “vele” sono lacerate ma non ancora rotte del tutto; toccherà riaggiustarle e riprendere il largo, con lo sguardo all’orizzonte.
Sempre dalla Cina qualcuno diceva “Grande è la confusione sotto il cielo. La situazione è eccellente”. A lui la storia ha dato torto. Per noi voglio ancora sperare che sia diverso». [Chiara Braga]
Se a Chiara Braga è bastato un giorno di decantazione, temo che a noi non basterà una legislatura per sbollire la rabbia e il malumore.
Si vergognino!
Eliana Gatti
Se c’è stata un'”appropriazione indebita” è stata quella del mio voto (come quello di molti altri ormai ex simpatizzanti PD), per votare Marini e non Rodotà. Credo che la Vostra navigazione proseguirà ormai in solitario. Cordiali saluti. l. simonetti.