Sinistre in cammino/ A Bologna cercando dialogo e unione

Incontro ScuderieSabato 12 dicembre viene convocato, nella sala interna delle Scuderie in Piazza Verdi a Bologna, un incontro delle varie forze di sinistra che vivono la città. Un incontro senza testa, ma con molti organi. In vista delle elezioni comunali si cerca quel dialogo e quell’unione che mancano a livello nazionale. Affinché Bologna diventi esempio come città meno diseguale d’Europa, perché torni ad essere un motore, situato in basso e a sinistra, che dia movimento ai cambiamenti inevitabili.

Siamo persone con contorni, è evidente. Esiste un’individualità. Ma non dimentichiamoci la necessità di essere corpi formati da molti corpi, non dimentichiamoci la società. Perché sono tempi in cui la società non ci sta più sotto il tappeto, dietro al sipario; sono tempi in cui la società esplode, e ci fa delle domande, ci mette sotto accusa e ci impone di muoverci.

«Vincere, perdendo le ragioni per vincere, o rinunciare alla vittoria sperando di salvarsi l’anima. (…) Personalmente, io scelgo senza fatica ma ne ho pagato il prezzo o ricevuto la ricompensa: io non varco la soglia dell’azione politica e rimango (…) come tutti coloro che speculano sull’azione senza agire, frustrato e, forse, segretamente soddisfatto».

Raymond Aron, filosofo francese con una sua storia. Scrive questo pensiero a conclusione di uno scritto di confronto tra Machiavelli e Marx. Spero che le due mutilazioni inferte al suo testo, rappresentate dalle parentesi con i puntini,vi facciano sorgere una prima necessità di muovervi: cercare questo scritto completo e leggervelo.

Nonostante le sue conclusioni, sincere e estremamente interessanti, trova un posto a sedere anche lui, sabato pomeriggio, nella sala a  Le scuderie. Perché ci si chiede,in fondo, se non ci stiamo affezionando un po’ troppo ai nostri contorni, se passiamo un po’ troppo tempo davanti allo specchio, rispetto a quello con le persone nelle lotte. Il culto della personalità, a livello nazionale, è diventato qualcosa di stomachevole.

«Ma non bisogna svegliarsi rivoluzionari convinti ed andare a dormire rancorosi e conservatori». Così dice un intervento dal pubblico, e qui presento un elemento piacevole, e lo radicalizzo. Ogni persona che ha parlato si è presentata con il solo nome di battesimo. Perché se dobbiamo riunire la sinistra, dimentichiamoci questo culto della personalità, questo culto della delega: una persona vale a seconda di quanto fa della sua personalità un servizio per gli altri, e non un altare per gli interessi privati. Radicalizzo perché non riporterò nemmeno questi nomi di battesimo, ma solo i pensieri.

Volete conoscere come si chiamano? Seconda necessità che spero di indurvi, ma questa molto più importante: al prossimo incontro siateci, per conoscere i volti e le braccia, che sono poi gli inseparabili delle parole. Io sono un filtro scomodo, me ne rendo conto e lo confesso: il verismo non esiste.

Parlano rappresentati di work shop svolti precedentemente su vari temi, ci sono rappresentanti dei centri sociali, ci sono persone di Possibile di Civati e candidati in liste di sinistra per le prossime elezioni comunali.

Anche Aron è seduto tra noi, perché bisogna convincere di nuovo i disillusi che il pensare globale può essere tradotto in pragmatismo, non bisogna escluderli.

Ed è la necessità di parlare e di rappresentare la maggior parte della gente, ma non tutta, quella che emerge. Sono così larghe queste intese da comprendere chi lucra sull’assenteismo elettorale? Sulla disinformazione? Sulla malavita organizzata? Sul razzismo? Sull’omofobia? Contro il diritto a manifestare? Contro il diritto alla casa? Contro il diritto alla socialità, in spazi abbandonati e occupati, per sviluppare attività per la società, per sollevare criticità?

Si parla di queste responsabilità per convincere e creare la maggioranza, ma anche per ricordarci dell’anima; per condannare il più possibile le paure della gente, non la gente.

Bologna è una città medievale. Ogni giorno sotto le torri passano circa 1400 autobus e, ancora peggio, una quantità di macchine di privati. È ancora presente nelle mie orecchie la sterile polemica sulla Ztl a Como, ma è evidente che città con una simile storia non possono essere così deturpate. I corpi devono avere libertà di incontrarsi nel centro, le macchine private devono diminuire considerevolmente di numero, gli autobus devono essere reindirizzati verso le periferie. Perché si palesa che Bologna si sta sempre più dimenticando di ciò che sta fuori le mura, che le differenze sociali tra i ricchi colli e la Bolognina (periferia “dall’altro lato della stazione”) sono insopportabili. Si fa presente la necessità di spostare le riunioni come questa nei quartieri periferici, perché sono serbatoi di esperienze di vita e di lotta, e devono avere l’importanza che si meritano. Sono dove i disagi si vivono, e non solo si discutono.

Altro tema fondamentale è vegliare sulle aziende a cui si appaltano i servizi. L’acqua, referendum alla mano, è un bene pubblico. Non ci si può aspettare che aziende che ci lucrano sopra, o che lucrano sull’energia elettrica, vogliano farci risparmiare. Hera, azienda che gestisce l’appalto dei rifiuti della città, vive un conflitto di interessi che non la rende credibile, nello stimolare la faticosa raccolta differenziata. Sarebbe più gestibile suddividere il compito affidandolo a piccole aziende, più facilmente controllabili e più “disinteressate”.

La parola legalità, il suo significato effettivo, è un problema che viene più volte ricordato, ma sfonda più che mai le pareti della sala davanti a piazza Verdi, e riguarda tutti. La legalità non è un archetipo, non è un concetto rigido che rende gli uomini suoi strumenti. La legalità è uno strumento in mano agli uomini, per tutelarne i diritti. È legale che in città ci siano più di cinquemila spazi abbandonati, ma che non possano essere utilizzati per risolvere l’emergenza abitativa? È legale uno sgombero violento di attività e servizi per la cittadinanza, laddove lo stato non da soluzioni? Ed era legale (aggiungo io) il saluto romano dei fascio leghisti in piazza Maggiore l’otto novembre, e tutte le violente apologie al fascismo di quel giorno? Legalità non è un paravento per nascondere la parola “abuso”, e uno strumento che la lascia nuda, è un arma per dare dignità.

Il basso come base per l’alto, il basso verso l’alto. Non è solo una metafora politica, è anche fisicamente lo sguardo dei bambini, per cui non si può prescindere dall’investire e dal tutelare l’educazione. Accesso agevolato o gratuito alla cultura e alla mobilità per gli studenti, e riconoscere agli educatori il loro ruolo cruciale.

L’impressione di insieme, alla fine, è stata quella di essere in cammino. Tante esperienze, tante minoranze che muovono, aggregano, non si fermano, non si accomodano.

“Chi cammina è estraneo all’idea di possedere”, ho sentito citare da Wu Ming 2 qualche mese fa. Ed è per questo che l’ultimo intervento dell’incontro non è altro che il primo del prossimo. [Stefano Zanella, ecoinformazioni]

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