Memoria difensiva per una cascata

Se mi arrogo il diritto di dire a chiare lettere quello che penso a proposito di ciò che si progetta nell’area della cascata Vallategna è perché sono un cittadino di Asso ma un cittadino di Asso tra coloro che più si sono  spesi per mantenere questo caro luogo libero da sozzure infami come il paventato, inutile, tomba di cemento definitiva, ipermercato della Snc Experience, il nome della società che avrebbe voluto quella costruzione. Per lottare assieme ad altri, di Asso, di Canzo, da tutta la provincia e da fuori, fondai il gruppo Difendiamo la cascata Vallategna giunto  a 3600 membri, vera piattaforma di lotta digitale che ha consentito di fronteggiare una amministrazione fermamente decisa a portare a termine quella operazione puramente speculativa, altra pietra tombale sul piccolo commercio del paese. Senza quella lotta adesso l’amministrazione Aceti avrebbe dovuto fare fronte ad altri problemi, la Vallategna essendo stata svenduta alla grande distribuzione.

Se ci siamo opposti a quell’infamia cementificatrice è stato perché io e quelli che hanno lottato, firmato petizioni, fatto manifestazioni, scritto, dibattuto, per due lunghi anni, è stato perché siamo portatori di una cultura ecologista diversa. Perchè un supermercato lo abbiamo già e ci basta, trecento metri più in là, dovevamo preservare quel poco di poesia che madre natura nella sua bellezza casuale e nello svolgersi delle ere geologiche, crea a suo capriccio e proprio per questo, merita di essere preservato essendo il nome che da sempre gli uomini, tutti gli uomini danno a ciò: bellezza. Veniamo all’oggi. Da quello che leggiamo, dalle ricerche effettuate da quel  movimento in quegli anni e ringrazio in particolare un convegno che fu organizzato dal Gruppo Naturalistico della Brianza, che è stato il più antico gruppo, vero nucleo di innamorati della natura, adesso presieduto da Roberto Cerati, fondato sessant’anni orsono da Ackermann. Così sappiamo tante, moltissime cose. Il GRB  ha preservato dalla morte per anossia il lago del Segrino, ricordiamo che vi si andava in motoscafo, causando la scomparsa graduale della vita per il rilascio di idrocarburi, e questi meriti sono dovuti allo studio che da sempre accompagna gli ecologisti veri.

L’attuale  amministrazione , a mio avviso, avrebbe dovuto ascoltare il parere di quel sodalizio, da 60 anni attivo qui per la salvaguardia dell’ambiente naturale. Sono loro i più titolati, senza dubbio alcuno,ma non solo, una pecca grave è non solo quella di non aver sentito il GNB ma neppure si è sentito di coinvolgere il comune di Canzo. La decisione, campanilista e riduttiva di segnare con lo stemma del comune di Asso lo dimostra. Canzo dista poche centinaia di metri, la frazione Villa Ricca è là. La sola bella canzone scritta sulla cascata è dei Sulutumana, sono di Canzo anche se appartengono al mondo della musica come la cascata appartiene all’Italia tutta, essendo, infatti, già dichiarata monumento da preservare e proteggere fin dal 1934.Stendhal era francese, anche se sulla sua tomba ha voluto l’epigrafe “cittadino milanese” ed è stato tra i tanti, quello che meglio di tutti ha saputo celebrare la nostra cascata. Decisione , nel suo progetto, che non tiene conto del pensiero ecologista più all’avanguardia e innovativo, quello di Gilles Clement, teorico del  “terzo paesaggio”. Bisogna volare alto quando si tratta di mettere mano ed in maniera definitiva  ad un bene naturale inestimabile. La Vallategna è puro terzo paesaggio, ossia è mantenimento di un habitat naturale in prossimità ed a ridosso di ambienti fortemente antropizzati.

La stazione ferroviaria, una strada provinciale, abitati accanto, sopra e dentro. Questo è “terzo paesaggio” puro. Gilles Clement avrebbe trovato nulla di più rispondente alla sua teoria che città come Parigi hanno accolto e fatta propria. Il progetto della giunta Aceti si sovrappone , senza soluzione di continuità, ai progetti o meglio ai non progetti delle giunte precedenti.

Quando mai nei documenti delle amministrazioni di Asso si è trovata la nozione di “terzo paesaggio”? Di che cultura sono nutriti i tecnici ingaggiati? Dove si sono aggiornati, dove hanno studiato? La cittadinanza di Asso rischia di  essere deprivata per la seconda volta. Ed uso un termine diplomatico apposta. Centinaia di migliaia di euro spesi, sottratti alla comunità, sottratti ad altre esigenze, per potere acquistare quell’area che proprio l’amministrazione Conti  aveva fatto lievitare concedendo il permesso di costruire nell’area. Dopo tante menzogne, spudorate menzogne, si rimangiarono il progetto perché la nostra lotta dimostrò che quell’area era vincolata senza ombra di  dubbio come bene ambientale. La marcia indietro, non indolore, il comune acquistò quell’area ad un prezzo maggiorato, ai danni dei cittadini assesi. Adesso questa giunta vuole spendere altre centinaia di migliaia di euro per una sistemazione “definitiva”. Sono soldi nostri, soldi pubblici, anche di non ha votato questa giunta, anche di chi ha votato per altri ed anche di chi si è astenuto.

Essendo, a quanto pare, la sistemazione definitiva, è necessario esprimersi, dopo, sarà troppo tardi.

Asso è stata cementificata a più non posso, proprio di fronte , sul versante opposto un casermone orrendo, da abbattere in quanto oltre che una bruttura è abusivo, fiancheggia una miriade di villette, molte delle quali disabitate: pura speculazione edilizia. Carlo Emilio Gadda, abitava qui vicino, a Longone al Segrino, scrisse quel bel componimento “Villette, villette, villette”, poteva riferirsi ad Asso. Insomma il contesto nel quale noi ci troviamo e contro il quale abbiamo lottato duramente, è quello di un composito fronte trasversale di cementificatori. La cascata Vallategna adesso, rischia di essere l’ultimo fiore rimasto ad essere calpestato, sepolto e  reso imbruttito per sempre.

Punto primo: abbattere tutte le case nell’area della cascata ed  il muro che   la delimita a nord è una imprudenza che pagheranno i nostri figli e le generazioni a venire per sempre. Un saggio recupero della cascina accatastata regolarmente, non abusiva, quella prospiciente il torrente Foce, ed il mantenimento del muro, sarebbe la cosa migliore. La cascina, una sola, potrebbe diventare sede di corsi naturalistici, luogo d’incontro ed i informazione. Non solo: una ghiacciaia è presente nel suo interno, segno di una cultura materiale, memoria tangibile della sapienza di un popolo operoso.

Quella cascina va preservata. Costruire un anfiteatro e rendere “fruibile” il laghetto, significa solo autorizzare una discarica permanente. Significa privare la piccola fauna presente di quella tranquillità di cui ha goduto in questi decenni. Si tratta proprio di salvaguardare questa mirabile porzione di “terzo paesaggio” del quale Gilles Clement si farebbe difensore. La “visibilità” e la presunta “accessibilità” della cascata sono falsi punti di vista che poggiano su presupposti errati.

Quando la cascata è in grossa essa è bellissima ma trascina con sé materiale, e ciò è inevitabile: chi paga i danni a persone che si trovino sotto la cascata? Quando è al minimo,in estate,  non è che un rivolo d’acqua . Dunque, un “parchetto” a chi servirebbe se non a tossici che troverebbero un luogo sicuro per disfarsi delle sostanze nel caso di una retata? Oltre alla certa trasformazione in discarica pubblica dell’area. Bella eredità per le generazioni a venire!  Una eredità che costerebbe ancora (!) centinaia di migliaia di euro dei contribuenti.

Un progetto intelligente sarebbe quello di preservare l’area a “wilderness”. Zona selvatica in piena zona antropizzata ovvero il”terzo paesaggio” del quale parlavamo. Voglio dire che conservando il muro ed una delle cascine a ridosso del torrente, allora sì che restaurando con criteri di bioedilizia quella costruzione, rendendo accessibile sì ma solo su visita guidata l’area, si preserverebbe la bellezza ed il fascino della zona.  Non solo: bisogna pensare, diversamente dallo scempio tutto italiano della distruzione totale di tutta la vegetazione nell’alveo del Lambro, in Germania, per esempio, si usa da decenni, diversamente da questa cieca ed ignorante pratica qui seguita, si cerca la rinaturaliazzione di tutti i corsi d’acqua. Rinaturalizzazione che significa la messa a dimora lungo le sponde dei canneti, dei salici, il ripristino di tutto l’ecosistema fluviale che sul Lambro è stato annientato. Terzo paesaggio e rinaturalizzione sono i caposaldi  dell’opposizione all’abbattimento della cascina e soprattutto alla falsa e surrettizia “parchizzazione” della zona. Quale madre porterebbe mai suo figlio a passeggiare davanti ad una cascata in grossa e se si prevede il prato, il puro parto, quale ombra potrebbe mai avere , poniamo, in una giornata d’agosto? Non considerando che , seppure avesse successo la riduzione a parchetto, dove mettere la macchina?

Vogliamo asfaltare un pezzo del prato? E che ne parliamo a fare, sarebbe davvero ancora la logica speculativa e asfaltatoria che già conosciamo ad Asso: no grazie. Invece, perché non convocare un tavolo con le associazioni davvero portatrici di sapere   ecologico come il Gruppo Naturalistico della Brianza? In sessant’anni di storia hanno mostrato di essere i migliori. Cosa costa convocarli?

Sono centinaia di migliaia di euro, sono soldi pubblici. Spesi per fare un parco pubblico, abbattere tutte le cascine, quelle abusive sarebbe stato doveroso farlo al pari del condominio multipiano che ancora sta là e che merita solo le ruspe, pare proprio una cattiva idea. Per finire: ma l’idea che tutta la zona, la cascata Vallategna, il laghetto, il torrente Foce, il fiume Lambro, tutto il prato fino al benzinaio, privato o meno, che quella vada considerata come un’area naturalistica complessa e che con l’acquisizione da parte di una buona e sensibile amministrazione, della nozione di “terzo paesaggio” e di “rinaturalizzione”  potrebbe ricevere fondi europei come zona umida ed essere davvero e per sempre acquisita per i posteri come esempio di integrazione tra città e selvatico, proprio non passa per la testa a nessun amministratore?  Ci si deve per forza raccontare delle virtù dell’acciaio “Corten”? A cosa serve un preteso e presunto anfiteatro se il primo masso portato giù dalla cascata quando è in grossa lo manda in mille pezzi? Consegno alla stampa  queste mie riflessioni non illudendomi. Comunque, la memoria dei cittadini più onesti ci racconta di quando il Lambro cambiava ogni giorno colore a seconda del tipo di tessuto lavorato nella nota industria attigua, era un fiume inquinato ed avvelenato dagli sversamenti del nichel, del cromo delle officine disoneste che vi sversavano dentro senza ritegno. Adesso ci sono anatre ed aironi. Peccato, dopo aver reso l’area “visibile” ed “accessibile” nel Lambro non troveremo veleni così micidiali ma immondizia varia mista a siringhe, certamente si. Se è un progresso, lo lascio giudicare a voi ed ai posteri. [Teodoro Margarita][Foto Teodoro Margherita]

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