
Prc/ Per prendere tanti voti
«Per prendere tanti voti, anche a Como, bisogna: 1. saper cavalcare le cosiddette “questioni urgenti” e le “priorità per la città”, mica quelle vere, ma quelle costruite pazientemente negli anni, con l’aiuto di organi di informazione amici o dipendenti; 2. Scrivere un programma dove si prospettano soluzioni apparentemente neutrali e ovvie (non si trova dove mettere l’auto in città? Costruiamo nuovi parcheggi);
3. Non lasciare spazio a dubbi, a incertezze e a problemi aperti che richiedano ai cittadini e agli amministratori di cambiare mentalità, atteggiamenti e visioni del mondo. (Se in via Anzani i nord-africani spacciano, da dove arriveranno mai i loro clienti?); 4. Puntare su un numero sempre minore di elettori ed elettrici (perché ormai la metà della città non va più a votare) e capire come convincerli a scegliere il marchio o la squadra.
Perché di quello si tratta, alla fine. Avere la meglio sulla concorrenza, senza preoccuparsi di un dramma politico: la separazione fra la città e gli uomini e le donne che la governano.
In questa come in altre campagne elettorali non sentiamo parlare di giustizia sociale per contrastare la povertà, l’emarginazione dei disoccupati o dei senza casa, di solidarietà per migliorare le condizioni di vita dei migranti in questa come in altre campagne elettorali non sentiamo parlare di contrastare la pesante infiltrazione delle mafie nell’economia locale o di rilanciare la gestione totalmente pubblica dell”acqua e dei servizi alla persona.
Chi vi ha fatto qualche cenno ha sempre “portato a casa” pochissimi voti, sarà un caso?
In questa tornata elettorale a Como sono falliti i tentativi di Comocomune di sfruttare la capacità trainante del PD e della sua coalizione. Molto allineata e sotto tono nelle parole d”ordine e modesto anche il risultato elettorale in termini di preferenze e di voti.
La prospettiva, che come rifondazione comunista abbiamo scartato già due anni fa, di entrare in una coalizione perché non vincessero gli “altri” ha prodotto un ulteriore assottigliamento dei consensi e un disorientamento dell’elettorato al quale non bastava evidentemente che Minghetti e soci si definissero come la “non-destra”.
È vero che la Minghetti va al ballottaggio, ma che prospettiva politica hanno gli ideali della sinistra, la solidarietà, la giustizia sociale, il miglioramento delle condizioni materiali di vita dei più poveri in una coalizione dove il candidato assessore alla sicurezza riprende uno slogan della desta e parla di militarizzare i quartieri “insicuri”?
Con una candidata sindaco che vuole privatizzare gli asili e affidare a fondazioni private i servizi sociali?
E la città ed il territorio? Tangenziali, parcheggi e ancora parcheggi come se l’unica soluzione fosse l’auto privata (elettrica, mi raccomando).
E la riforestazione dove la faranno? Allo svincolo di Acquanegra?
Per non parlare del “resto”: Comocomune è consapevole di essere alleato del partito che più di tutti sostiene la guerra?
Comocomune è pronta ad entrare nel “campo largo” proposto da Enrico Letta?
Non ha convinto gli elettori la lista Bartolich – così come due mesi non aveva convinto noi di Rifondazione, contattati direttamente dalla candidata sindaco: loro possibilisti sulle privatizzazioni, noi no, loro aperti a candidati transfughi da lega e Forza Italia e noi no e, ciliegina sulla torta, arrivata però a liste già definite, l’espulsione del “gruppo Adduci” per le contestazioni antifasciste alla Meloni, per noi del tutto legittime, come si sa. Viene da dire anche in questo caso che se uno è orientato verso il centrosinistra finisce che sceglie il modello originale.
Anche osservando quel che accade in vista del ballottaggio pensiamo che mai come in questa occasione la vincitrice o il vincitore si dovranno ricordare delle promesse fatte agli ex avversari che lo/la sosterranno al primo turno.
Quasi imbarazzante la caccia ai voti per il ballottaggio: sembra di essere alla partenza del Palio di Siena con strette di mano e ammiccamenti
Noi ci siamo voluti togliere da una competizione che che non ci avrebbe lasciato spazio, troppo distante dal modo che abbiamo noi comunisti di rifondazione di intendere la la ricerca del consenso e la partecipazione politica in questa fase pensiamo quel 55% circa di comaschi che assiste indifferente pensando (e sbagliando di grosso) che il governo della città non li riguardi e, straricchi a parte, paga concretamente il prezzo della crisi e delle scelte governative, subendo il carovita, i bassi stipendi e la precarietà lavorativa.
Sarà dura, ma siamo convinti che il nostro compito sia quello di ripartire da li: collegando il generale al particolare, chiedendo stop alla guerra per fermare il massacro dei civili in Ucraina, salario minimo a 10 € e blocco dei prezzi dei beni di prima necessità per fermare il massacro sociale da noi». [Segreteria provinciale Prc/Se Como]