Fisascat

16 maggio/ sciopero del turismo

scioperoFilcams, Fisascat e Uiltucs hanno proclamato, per l’intera giornata di venerdì 16 maggio, uno sciopero nazionale per i dipendenti delle imprese aderenti a Fipe Confcommercio, Fiavet Confcommercio e Confesercenti. Si parla quindi di bar, ristoranti, pizzerie, fast food, ristorazione autostradale e agenzie di viaggio. A Como sono circa duemila i dipendenti impiegati nel comparto

«La comunicazione del recesso da parte di Fipe dal Contratto Nazionale del Turismo – commenta la Filcams Cgil – è un atto grave e irresponsabile, volto a far pagare il costo della crisi esclusivamente alle lavoratrici ed ai lavoratori, le cui condizioni di forte precarietà, negli ultimi anni, hanno subito se possibile un ulteriore e drammatico arretramento. Inoltre Fiavet, a trattativa ormai conclusa, ha pretestuosamente abbandonato il tavolo del negoziato che ha prodotto, lo scorso 19 gennaio, un importante rinnovo contrattuale con Federalberghi e Faita, mentre Confesercenti si è sistematicamente sottratta al confronto cercando, nei fatti, di ottenere una moratoria e una dilazione dei tempi al fine esclusivo di non erogare aumenti. Siamo sempre stati disponibili a riprendere con immediatezza il confronto, purché venissero rimosse dal negoziato una serie di pregiudiziali pesanti poste al tavolo: abolizione della quattordicesima mensilità, congelamento degli scatti di anzianità per i vecchi assunti e abolizione per i neoassunti, ricalcolo del periodo di comporto della malattia e la pesante decurtazione delle ore di permesso retribuito. Chiediamo che si riconosca pari dignità alle esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori come a quelle delle imprese. Fipe, solo a seguito del terzo sciopero proclamato nel giro di 1 anno nel settore, ha concesso una “proroga” sino al 31 dicembre al mantenimento dell’attuale CCNL di settore, il che non è sicuramente una garanzia per i lavoratori impiegati nel settore. La perdita della 14ma mensilità, dei permessi, va ad incidere su di un salario medio di 700 euro, calcolando che i part time costituiscono almeno l’80% degli addetti nel settore. Non sono bandierine ideologiche ma risorse minime per la sopravvivenza dei lavoratori. E il settore, pur nella crisi economica, è quello che ne esce annualmente con margini di profitto maggiori rispetto alle realtà piccolo-medio industriali». [aq, ecoinformazioni]