The Life Electric: un dibattito postumo (e inutile)
La presentazione ufficiale dell’opera The Life Electric nel salone della Biblioteca di Como è l’occasione per un dibattito tardivo e svogliato, ormai svuotato di significato.
Alle 17.30, in effetti, va in scena un simulacro di dibattito: simulacro non solo perché ormai le decisioni sono prese, ma anche perché in nome di una fantomatica par condicio chi vuole intervenire deve prenotarsi prima dell’inizio e dichiarare se è favorevole o contrario in modo da poter alternare i pareri. I giochi sono fatti, quindi, in tutti sensi. Le cose già dette. Le opinioni già formate. E allora cosa si discute a fare?
But the show must go on.
Proviamo a darne conto in sintesi.
Bruno Profazio nella sua breve introduzione definisce questa “l’iniziativa più importante degli ultimi dieci anni a Como” e poi ne loda la capacità di far discutere. Il sindaco Mario Lucini la definisce una grande opportunità e un elemento di novità, capace di generare attrattività internazionale; e ovviamente sottolinea la positività del dibattito. Silvio Santambrogio, presidente degli Amici di Como, magnifica l’attività dell’associazione che sintetizza nella triade “cuore – passione – coraggio”. L’assessore Lorenzo Spallino ribadisce che il comune ha ricevuto un’offerta di donazione, che l’ha accettata, che ha condiviso la collocazione indicata, e ha avviato le procedure per la realizzazione; aggiunge poi che, alla fine dei cinque anni di concessione allo sponsor, “se vogliamo, possiamo toglierla”. L’architetto Giuseppe Blengini, dello studio Libeskind di Milano, ricostruisce la genesi dell’opera, spiega come la sua forma sia un’elaborazione dei campi di tensione che si creano tra poli positivi e poli negativi, mostra le simulazioni dell’inserimento nel paesaggio. L’architetto Giuseppe Cosenza, del Comune di Como, spiega le fasi della procedura di realizzazione e le tappe della gara d’appalto, scandisce le cifre: circa 129.000 euro la realizzazione dell’opera (a carico degli Amici di Como), circa 470.000 euro l’adeguamento della diga e il posizionamento dell’opera (oggetto della gara), e poi 103.000 euro di Iva ancora in discussione.
Dopo un’ora si sono esaurite le presentazioni e può cominciare il dibattito.
Chi si aspettava qualche scintilla, rimane deluso. A parte il siparietto di tre esponenti di Forza Nuova che avevano subito interrotto le presentazioni vociando contro l’inutilità del dibattito, il resto procede piuttosto stancamente. C’è chi chiede precisazioni sulle indagini geologiche sul fondo del lago nei pressi della diga, e chi si rallegra dell’apertura di un nuovo cantiere, chi chiede conto della quantificazione del brand “Como” e chi si rammarica della drammatizzazione eccessiva e ripone speranze nell’efficacia del neonato rapporto Como-Libeskind-Volta, chi richiama l’esperienza del monumento alla Resistenza ma confonde i soggetti coinvolti e chi sollecita chiarimenti sui tempi, o sulle responsabilità o sulle penali.
Tra richiami di maniera a lavorare tutti per il bene di Como e imbarazzate mezze parole sul lungo lago e l’ignobile vicenda delle paratie (che sono il vero convitato di pietra – anzi di cemento – della serata), un solo intervento – a nostro parere – coglie nel segno. Marco Longatti sottolinea come il progetto sia in sostanza un’“operazione parassitaria”, ovvero che sfrutta il contesto paesistico invece che valorizzarlo; pur riconoscendo alcuni elementi di interesse dell’opera e del progettista, da cui però era lecito aspettarsi di più, resta fortemente discutibile il modo di procedere fin qui seguito e soprattutto l’obiettivo di rendere “vendibile” ovvero “consumabile” il lago, un obiettivo che ha poco di innovativo e di culturale; pur senza considerare “intangibile” il primo bacino del lago, quel luogo merita sicuramente di meglio.
In sintesi, dice, un “piccolo” monumento per una “piccola” città, su cui si è esercitato un “piccolo” dibattito.
[Fabio Cani, ecoinformazioni]
Un momento della presentazione in biblioteca.