Inventare nuovi modi di vivere e portarli dentro le città incattivite

“C’è bisogno di uno sguardo diverso su chi non ha casa: non importa soltanto aiutarli, importa quel che impariamo da loro. Queste persone sono un punto di riferimento da cui partire per cambiare la nostra vita, per essere più felici. Perché il problema dei senza dimora non è soltanto la mancanza di un tetto, è soprattutto la mancanza di rapporti. Le loro storie vanno ascoltate, perché ci parlano del vuoto della solitudine; e noi dobbiamo sentire oggi che un pezzo di quel vuoto lo abbiamo anche dentro di noi. E’ questo che molti, anche quelli che sono ricchi e sembrano felici, cercano di esorcizzare in mille modi, dalla cocaina a tutte le altre forme di dipendenza, dall’alcool agli ansiolitici, così largamente usati. Io ho imparato tantissimo nel lavoro della Casa della Carità, a cominciare dal rapporto con i Rom, che vengono indicati come i nemici. Perché nel nostro paese oggi sembra che per vivere sicuri bisogna gridare contro qualcuno; mentre invece il dramma della povertà avanza e la fragilità è di tutti. La sfida è culturale: è possibile ricostruire una comunità fra diversi, ci sono laboratori di vita e di senso. Bisogna inventare nuovi modi di vivere e portarli dentro le città incattivite”. Sono alcune delle considerazioni con cui Don Virginio Colmegna ha concluso, sabato 16 ottobre al teatro La Lucernetta, davanti ad una platea gremita soprattutto di studenti, la tavola rotonda “Concittadini senza dimora. Quale realtà, quali bisogni e quali aiuti” uno dei momenti più significativi della “Notte dei senza dimora“ organizzata a Como, per il settimo anno consecutivo, dall’Associazione Incroci, con la partecipazione di molte altre associazioni cittadine.

La discussione era stata preceduta dalla presentazione di un video molto interessante e coinvolgente, realizzato dalla stessa Associazione Incroci, che ha intervistato alcune delle persone che vivono per strada nella nostra città. Alla tavola rotonda sono intervenuti Massimo Resta, della associazione Trapeiros di Erba, due giovani che hanno vissuto l’esperienza della strada e il giornalista Salvatore Chouchoud, che ha rilevato un notevole miglioramento, negli ultimi anni, dell’atteggiamento dei Comaschi nei confronti dei senza dimora e ha sottolineato ulteriormente quanto sia irrealistico lo stereotipo del barbone che sceglie il suo tipo di vita per amore della libertà. “Se qualcuno di loro ostenta un certo orgoglio identitario – ha detto – si tratta soltanto di un atteggiamento difensivo, perché in realtà queste persone si sentono dei falliti e vivono la propria condizione con un profondo senso di colpa”.

Questo concetto è emerso chiaramente anche dalla ricerca-intervento sulla realtà delle persone senza dimora a Como, condotta dalla Caritas Diocesana. La ricercatrice sociale Paola Della Casa l’ha presentata alla città, sempre a La Lucernetta, la sera del 15 ottobre e poi di nuovo, sinteticamente, il sabato mattina agli studenti. Ne è nata una piccola pubblicazione “In (ri)cerca di dimora” che vale senz’altro la pena di richiedere alla Caritas comasca. Ecco alcuni dei dati più significativi: gli homeless stimati nella convalle sono circa 150, di cui 128 effettivamente contati nella notte in cui è stato fatto il censimento; l’87% sono maschi; il 57% hanno un’età compresa fra 18 e 45 anni (e il 20% di questi, cioè 25 persone, ne ha meno di 35) tutti gli altri sono più anziani; il 20% sono stranieri irregolari, ma ben il 43% sono italiani; il 44% vive sulla strada soltanto da tre anni a questa parte; il 63% non ha nessuna persona a cui rivolgersi in caso di difficoltà; il 56% ha avuto bisogno di cure mediche negli ultimi sei mesi. La ricerca comprende anche un’accurata mappa dei servizi e delle strutture che la città offre a questi suoi abitanti; praticamente tutte sono affidate al volontariato.

La sera di sabato le associazioni partecipanti all’iniziativa erano invitate alla mensa serale di via Tommaso Grossi. Le presenze sono state numerose – c’era anche il prefetto – e le conversazioni vivaci e interessanti; un ragazzo algerino, per esempio, ha criticato la scelta di trascorrere la notte all’aperto per solidarietà, dicendo che secondo lui sarebbe stato molto meglio che ognuno dei partecipanti invitasse per una notte uno degli homeless a casa propria, al caldo.

Infine alle 21, sempre a La Lucernetta, è stato proiettato un film davvero tosto: “Fuori menù” di Nacho Garcia Velilla. Ai più vecchi la vicenda ha ricordato un po’ “La stangata”, la bellissima commedia interpretata da un giovane Robert Redford; ma l’atmosfera è ben più drammatica: la Londra, che tanti di noi conoscono e amano, è vista con gli occhi di chi, pur avendo un lavoro rispettabilissimo, vive braccato, costretto ad essere invisibile, quanto meno per i funzionari dell’Ufficio Immigrazione, in balia di spietati sfruttatori che approfittano della sua posizione irregolare per ricattarlo. E le nostre città non sono certo migliori di Londra, soprattutto dopo l’introduzione del reato di clandestinità. [Fausta Clerici per ecoinformazioni]

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