Hanno ammazzato Vik. Vik è vivo

«Non ci sei più. Spenta la voce, spento il sorriso, spenta quell’amarezza intrisa di ironia con la quale sapevi scrivere anche i pezzi più duri, spenti i gesti delle tue forti braccia che parevano invincibili quando ti facevi scudo umano e ci indicavi il cammino. Ma noi ci siamo e ci saremo, sempre. Siamo migliaia, dalla tua amata Palestina al mondo. Testimoni che hanno raccolto la tua Utopia e la stanno diffondendo, proprio come volevi, senza confini, senza barriere, senza bandiere». Così Egidia Beretta, madre di Vittorio Arrigoni, parla a suo figlio e ai nostri cuori. Al cuore di chi ha conosciuto personalmente Vik − ucciso a Gaza il 15 aprile del 2011, a trentasei anni, poche ore dopo il suo sequestro −, al cuore di chi lo ha conosciuto attraverso i suoi scritti che si concludevano sempre con un saluto, quasi un’invocazione, “Restiamo umani”.

Vittorio ogni giorno, con parole e immagini, indipendenti e imparziali, ci ha raccontato la vita vera e la lotta per la sopravvivenza di due milioni di persone rinchiuse a Gaza, assediate, bombardate, affamate, umiliate. Vittorio aveva scelto di stare all’inferno per aiutare chi dall’inferno non poteva andarsene a rompere il silenzio indifferente sulla Striscia di Gaza, diventata un buco nero nella cronaca e nella politica, una gigantesca macchia oscura nell’etica e nella morale collettiva, impastata di indifferenza e di complicità con l’orrore. Lo stesso silenzio indifferente e complice che da marzo 2011 avvolge la sanguinosa repressione delle manifestazioni in Siria contro il regime di Assad che, secondo stime dell’Onu, ha ucciso più di 8.000 persone. La morte di Vittorio Arrigoni ha strappato il velo sulla Striscia di Gaza. La sua morte in questo anno ha continuato a parlare. E noi che lo abbiamo ammirato e amato siamo convinte e convinti che continui e continuerà a parlare a tutti e tutte e a seminare ancora l’insopportabilità dell’ingiustizia.

E proprio verità e giustizia su Vittorio morto ammazzato a un anno dalla sua uccisione continuiamo a chiedere. Nulla si sa dei mandanti del suo assassinio e nulla si sa di chi ha ucciso, pochi giorni prima, il 4 aprile del 2011, nel campo profughi di Jenin, Juliano Mer-Khamis, un altro amico del popolo palestinese, regista e fondatore del “Teatro della libertà”. Figlio di madre ebrea e padre palestinese, che credeva nell’arte come forma di resistenza per “ricostruire ciò che l’occupazione ha distrutto”.

Oggi ricorderemo Vittorio e anche Juliano e li ricorderemo vivi. Perché finché li terremo nei nostri cuori e parleremo con le loro parole sono vivi. Vittorio e Juliano non volevano essere eroi, ma sapevano di rischiare la vita, la vita che amavano. Sono stati uccisi, ma le loro parole, la forza delle loro idee, la loro libera espressione e circolazione non possono essere uccise. “Restiamo umani”, ci ha sempre ripetuto Vittorio. A qualunque latitudine, facciamo parte della stessa comunità. Ogni uomo, ogni donna, ogni piccolo di questo pianeta, ovunque nasca e viva, ha diritto alla vita e alla dignità. Gli stessi diritti che rivendichiamo per noi appartengono anche a tutti gli altri e le altre, senza eccezione alcuna.

Restiamo umani, anche quando intorno a noi l’umanità pare si perda. Restare umani è la nostra unica possibilità. È la nostra striscia di futuro. [Celeste Grossi per ecoinformazioni]

 

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: