La vittoria di Lucini è una vera liberazione


Anticipiamo dal prossimo numero del mensile ecoinformazioni nel quale proporremo una prima lettura a più voci delle modificazioni delle scenario politico a Como, Cantù e Erba l’analisi dell’esito delle elezioni amministrative comasche di Luca Michelini. La rivista sarà in distribuzione dal 10 giugno.

«1. Elenco sinteticamente quelli che ai miei occhi appaiono macroscopici dati di fatto, senza dilungarmi in peripezie statistiche: la vittoria di Lucini è stata nettissima; il centro destra si è letteralmente sfaldato, battutissimo risultando l’asse Butti-CL; le liste civiche, invero numerose, hanno ottenuto un buon successo elettorale, soprattutto quella del neo-sindaco; l’astensionismo è stato notevole, sia in generale, sia nel ballottaggio; a sinistra del PD d’organizzato e d’organico esiste pochino.

2. Temo che in alcuni possa esserci la tentazione di considerare quella di Lucini una mezza vittoria, visto l’astensionismo e visto il prevalere, con lui, della tradizione centrista della Prima Repubblica. Sono dell’opinione opposta: l’astensionismo, ma mi riferisco prevalentemente a quello manifestatosi nel ballottaggio, va interpretato come una cosciente investitura: il centro destra ha dato forfait, ha ammesso di essere incapace di governare, ha lasciato il campo. D’altra parte  ritengo che il prevalere di certo “moderatismo” di marca cattolica rappresenti un cambiamento notevolissimo e molto positivo per la città: non credo di sbagliarmi nel dire che il confessionalismo sanfedista, anticonciliare e xenofobo è stato spazzato via. E poi bisogna intendersi bene: il centro-destra non era affatto un’area “moderata”, era nettamente estremista: per cultura, per prassi di governo, per ideologia, per il modo di intendere il ruolo sociale della proprietà privata e gli interessi generali, direi per connotati antropologici. O qualcuno davvero ha il coraggio di argomentare che Berlusconi, Bossi, piuttosto che l’ex-ras Butti o la setta di Comunione e liberazione o i sedicenti “liberali” d’assalto – numerosi in città – in cerca, in nome delle ragioni del libero mercato, di prebende pubbliche per il parentado e di nicchie di monopolio, possono definirsi “moderati”?! Dello schieramento berlusconiano, a ragione ritenuto una sorta di proto-totalitarismo da numerosi osservatori anche di tradizione liberale, Como era la roccaforte ritenuta la più inespugnabile: non a caso vi si è insediato il berlusconiano ultrà Sallusti con l’impresa editoriale de L’Ordine. Ebbene, rispetto a questo ammasso di “lubido di possesso” (Gadda, Eros e Priapo), la vittoria di questo centro-sinistra comasco è una vera liberazione, un grande cambiamento, dischiude orizzonti di speranza. Ed il dato notevole è che li dischiude per tutti, a prescindere dall’appartenenza politica e sociale.

3. Altri diranno: Lucini ha vinto grazie ad una buona dose di fortuna. Certamente un sistema di potere si è scardinato anche grazie agli avvenimenti internazionali e nazionali. Ma Como era parte integrante di questo sistema – in molti pensano che “però a Como le cose sono diverse… “, come fosse fuori dal Paese – e poi si deve ammettere che il PD è stato abile nel raccogliere i frutti di questo scardinamento, facendosi trovare pronto e con una strategia ben definita, quella del dividi et impera.

Altri ancora non potranno che evidenziare certe continuità con l’esperienza politica passata, dove le opposizioni non sempre hanno interpretato con lucidità e intransigenza il proprio ruolo. Non c’è dubbio che queste continuità esistano: ma va considerato che, allora, l’orizzonte sembrava completamente chiuso nell’insaziabilità berlusconiana; e va considerato che un ritorno alle urne prima della fine di Berlusconi avrebbe forse dato risultati incerti (in politica non bisogna usare solo il metro della coerenza, ma anche quello dell’opportunità); ma poi ora si tratta di operare politicamente affinché appunto “i tempi nuovi” consentano la nascita di una prassi di governo capace di segnare quanto meno l’inizio di una rinascita.

4. Dunque a mio giudizio il cambiamento è notevolissimo e molto positivo. Ripeto: per tutti, anche per i cittadini di centro destra o per le forze che sono all’opposizione o fuori dal consiglio comunale. A tutti costoro ora va mostrato tutt’altro modo di interpretare l’arte di governo di quello proposto dalla destra.

Naturalmente ora nessuno, ma proprio nessuno, può dare carta bianca all’attuale maggioranza. Sarebbe un errore gravissimo e provo a spiegare il perché.

Lucini ora deve entrare nel ruolo e, visti i tempi in rapidissimo mutamento, deve anche in parte inventarselo. Vi sono dunque diverse insidie, che però potrebbero diventare altrettante opportunità.

Il PD come partito certo non stupisce per forza in termini assoluti, anche a livello cittadino, nemmeno colpisce per trasparenza e per qualità della dialettica interna e, soprattutto a livello nazionale, per coraggio programmatico, ancor preso com’è dall’ubriacatura neo-liberista di stampo angloamericano, che contraddistingue anche l’operato di Monti, che con la Fornero sta proponendo indecenti e antieconomiche politiche del lavoro.  Né si deve dimenticare che l’architettura istituzionale ed elettorale della Seconda Repubblica di fatto riduce la rappresentatività delle istituzioni – e a Como vi sono casi eclatanti – e perciò stesso la loro efficienza, in termini statici e dinamici, favorendo ogni sorta di degenerazione. In altri termini il fallimento della destra comasca non è solo da attribuirsi agli “uomini”, ma, ritengo, proprio al sistema, decisamente oligarchico e votato alla sovrapposizione dell’interesse ultra particolare con quello generale. Basta vedere quello che accade a livello nazionale, dove la delegittimazione della politica attuale (cioè dei partiti oggi in Parlamento) e la crisi economica sono affrontate non con un bagno di democrazia, politica e sociale, ma tentando di escogitare meccanismi sempre più aristocratici (politici, sociali ed economici): si tenta di passare dal sindaco-sceriffo al presidente-sceriffo, perché, temo, il progetto è quello di assecondare (anche da parte di Monti, almeno sino ad ora) una sempre più esasperata polarizzazione sociale, gravida di rischi d’ogni genere e semplicemente suicida, come ha insegnato, oltre che Marx, Keynes.

5. Lucini, dunque, è posto chiaramente di fronte ad un bivio: farsi forte dei meccanismi che creano un solco tra Palazzo e Società e riproporre antistoriche logiche di potere, oppure far davvero partecipare la città al governo della cosa pubblica. Se poi non si limiterà a captare i bisogni esistenti, ma, alimentando il dialogo, anche con altre esperienze cittadine, cercherà di problematizzare questi stessi bisogni per capire il possibile ruolo che oggi la nostra città può avere nel Paese e nel mondo, allora la città comincerà a rinascere. Perché una cosa deve essere chiara: i ceti dirigenti devono essere dirigenti per davvero, cioè devono anche saper intravedere il futuro, senza limitarsi a fotografare lo stato dell’arte, assecondando ogni genere d’appetito proveniente dalla “società civile”. La martellante polemica contro il parassitismo della politica, che certo ha le sue ragioni, rischia infatti di far dimenticare che l’attuale crisi di sistema ha ben altre radici, ben piante proprio nei meccanismi della “società civile”. La sovrapposizione tra capacità imprenditoriali d’ogni genere (“private”, “manageriali” ecc.) e governo della cosa pubblica ha portato nel baratro tutto il mondo occidentale, né l’esaltazione della “gioia di vivere” e della “comunità” delle distrettualità del “made in Italy” (cioè delle micro-imprenditorialità) ha dato i frutti politici e sociali da alcuni sperati (ennesimo esempio negativo delle capacità di governo delle distrettualità può ritenersi il crollo di tanti capannoni industriali avvenuto a seguito del terremoto in Emilia), né il deflazioniamo “lacrime e sangue” di Monti consentirà al Paese di uscire dalla crisi. Il baratro che a Como, come in gran parte del Paese, si è aperto tra rappresentanza degli interessi (economici e sociali) e politica – è numerosa la borghesia produttiva e professionista ad essersi staccata dal PDL –  ora deve essere colmato, ma in formecompletamente diverse che nel passato. Se questa strada non verrà intrapresa, magari incaponendosi nel sostenere le assurde e ideologiche politiche deflazioniate di Monti, non è difficile presumere che si aprirà il campo all’azione di una nuova destra, che già dimostra una notevole sensibilità in materia, almeno in alcune sue componenti, in particolare con Tremonti (rimando a http://lucamichelini.eu/2012/05/16/del-nazionalismo-economico-di-giulio-tremonti/ ).

Uno dei primi punti del programma, insomma, a mio giudizio dovrà essere proprio la democrazia: in una situazione di estrema incertezza come l’attuale, sotto tutti i punti di vista, se ne esce solo ricostruendo un sentimento nazionale e una prassi collettiva, riconoscendo l’assolutacomplementarità tra Stato e mercato e la logica specifica dell’agire pubblico: impresa non difficile sol che si leggesse attentamente la nostra Costituzione, che è frutto non solo della lotta antifascista, ma anche della grande crisi del ’29. Come scrivono alcuni (Furio Colombo, p.es.), si deve proporre un nuovo New Deal, pena il disfacimento sociale. A quanti ritengono che la città non abbia l’autonomia necessaria per cominciare questo percorso, va forse ricordato che è stato proprio dal Municipio che sono cominciate le prime, incisive, forme di economia sociale. Questo, in concreto, significa anche non mortificare ulteriormente (più di quanto non faccia l’attuale legislazione) il ruolo del consiglio comunale, dove però, purtroppo, alcuni eletti hanno preferito l’assessorato (ma attenzione: quale miglior arma per eliminare un concorrente politico, che affidargli un assessorato?). Significa inoltre avere coraggio, magari ridando alla città anche le industrie, preferibilmente grandi (p.es nell’area ex-Ticosa), così ripopolandoci dilavoratori.

6. Naturalmente tutto ciò comporterà un certo smarcamento – reso possibile dal buon risultato della lista del sindaco – anche dalle logiche strettamente di partito e chissà mai che un qualche paletto Lucini dovrà metterlo (e forse già lo avrà messo – con il consigliere regionale PD Gaffuri?). Stando però attenti a non costituire un recinto invalicabile nei confronti e delle forze politiche tutte e della città: non saprei dire, in caso di elezioni regionali, quanti elettori sceglierebbero per l’attuale PD (vedi il “caso Penati”, oltre che il persistente e suicida neo-liberismo), viste anche l’assai minore offerta politica (le liste civiche sono solo cittadine) e l’incapacità di imboccare con decisione una strada neo-keynesiana e neo-gramsciana.

D’altra parte, il “buon governo” potrebbe consentire ad una forza politica intelligente di dispiegare una vera e propria egemonia (con relativa espansione dei consensi anche elettorali), ben differente da quella costruita dal berlusconimo o dagli attuali partiti che siedono in Parlamento. L’egemonia si costruisce con la discussione e la persuasione e la forza delle idee e dei programmi, non a colpi di maggioranza, e si costruisce facendo dei partiti il perno della democrazia. In questi tempi di crisi ritengo che il civismo costituisca un serbatoio di energie positive: perché comunque manifesta la presa di coscienza che un certo mondo, quello del berlusconismo e quello della globalizzazione neoliberista, è finito per sempre. Certo, in molti, nelle liste civiche, pensano che le antiche distinzioni non abbiano più alcuna ragione d’essere, come quella tra destra e sinistra, e ancora pensano (virtù della ricchezza e della stabilità raggiunte) che l’individualismo borghese rimanga il miglior faro per il governo della cosa pubblica, o che la società non sia solcata da profondi conflitti sociali, per quanto essi siano complessi e differenti da quelli di un tempo. Penso si tratti di errori, sia perché non si ha la forza di oltrepassare l’orizzonte cittadino, sia perché si sovrappone il giudizio su certi partiti e su certe politiche, con un’analisi di fenomeni ben più profondi e di lungo periodo e globali. Ma il dato estremamente positivo è che, in ogni caso, antiche certezze sono profondamente scosse e non in virtù della battaglia culturale o ideologica, ma dai puri dati di fatto: dal fallimento di un certo modo (di destra, ma anche “liberista-di-sinistra”) di intendere la società nonché dalla logica delle cose, che oggi spinge a riprendere, di fatto e al di là delle intenzioni e delle consapevolezze, certe idee che i nostri padri costituenti avevano ben chiare in mente.

7. Infine veniamo alla sinistra. Personalmente sono nettamente schierato a sinistra, anche se essa ormai in Italia non c’è quasi più e non ho mai avuto la tessera di alcun partito: per strumentazione d’analisi e per idea di progresso, appartengono alla tradizione che ritiene che il liberismo sia un’ideologia che sottende un sistema sociale iniquo e inefficiente, oltre che terribilmente instabile e gravido di pericoli. Il motivo per cui mi sono schierato con Lucini, pur non essendo minimamente organico al PD o alla lista civica del neo-sindaco e pur essendo, ritengo, tra i critici più implacabili della cultura economica prevalente nel PD, è semplice: amo le persone, e gli schieramenti (il cattolicesimo democratico), coerenti, cioè coloro che, pur nelle mutevolezze dei tempi, rimangono legati ad alcuni valori di fondo: caratteristica che negli eredi della sinistra storica italiana purtroppo molto spesso latita; ed anche quando la sinistra mantiene (indipendentemente dal partito d’appartenenza) un legame col passato, purtroppo si tratta proprio delle parti più deteriori della tradizione, quelle che appunto mi hanno indotto a non divenirne mai organico. La sinistra a Como è poca cosa e non ha avuto un grande risultato elettorale e penso che gran parte del notevole astensionismo pre-ballottaggio sia un suo possibile bacino d’azione. O davvero si crede che in tempi di crisi come questi, cioè in tempi estremamente favorevoli ad una formazione organicamente di sinistra, possano essere considerati davvero positivi i risultati ottenuti, anche da coloro che sono entrati in Consiglio comunale? Vorrei inoltre ricordare che Como, certo come provincia più che come comune, è tra le più industriose e manifatturiere d’Italia. Una sinistra potrà rinascere sol che rimetta in discussione sé stessa anzitutto nel modo di interpretare l’organizzazione partitica e si emancipi dal settarismo, dall’elitarismo, dal verticismo e dal dottrinarismo (spesso di maniera, perché il confronto con i testi e la storia è molto approssimativo, quando non del tutto assente, così che prevale la retorica e il carrierismo), che da sempre la contraddistinguono e che gli fanno risultare particolarmente ostici i termini di democrazia e di pluralismo. Unita e plurale si è detto a volte, ma non per questo, aggiungo, incapace di organizzarsi seriamente e unitariamente in partito e non per questo relativistica o generica nei valori e vaga o velleitaria e tanto meno liberista nei programmi proposti.

Ma anche in questo caso sono fiducioso: se il primo punto del programma sarà la democrazia, allora potrà nascere qualche cosa di interessante ed espansivo. I tempi, lo dico una volta di più, lo richiedono: mai come oggi l’intreccio tra giustizia sociale e sviluppo economico risulta l’unica soluzione ragionevole e progressista alla crisi; c’è ampio margine per rimettere insieme i cocci rancorosi di tanti percorsi. Nonostante l’incertezza del momento e una possibile rapidissima “grecizzazione” del nostro Paese, saluto con entusiasmo la rinascita, in città, di un centro che guarda a sinistra; poiché credo che senza una sinistra autonoma il Paese non può reggere l’urto della crisi, mi auguro che perfino a Como cominci a strutturarsi in modo organico». [Luca Miclelini per ecoinformazioni]

3 thoughts on “La vittoria di Lucini è una vera liberazione

  1. Condivido questa lunga riflessione di Luca Michelini perché in modo chiaro sottolinea la grande svolta per Como nella scelta del sindaco Mario Lucini, senza assolutamente nascondere la propria appartenenza ad una sinistra alla sinistra del PD. Nonostante l’astesione, gli elettori, che hanno dimostrato grande senso civico andando a votare, hanno premiato delle persone e uno schieramento coerenti, questo è scritto in modo chiaro. Luca Michelini esalta inoltre l’importanza della discussione, del confronto delle idee nel governo della città, afferma che alla base del buon governo vi è il rispetto della democrazia, la partecipazione dei cittadini alle scelte.Personalmente penso che non ci possa essere cambiamento senza la consapevolezza che ognuno deve dare il proprio contributo perché la democrazia produca i suoi effetti e Como valorizzi le sue potenzialità.
    Giovanna Corchia

  2. Condivido gli aspetti positivi delineati da Michelini sull’elezione di Lucini. Finalmente un po’ d’aria pulita anche a Como ( almeno speriamo). Però dopo l’euforia bisogna vedere i fatti concreati.
    Il cattolicesimo democratico è senz’altro per molto aspetti vicino alla sinistra, ma ci sono molte cose che ci dividono. es. coppie di fatto, fecondazione assistita, testamento biologico etc. etc. Quindi cerchiamo di non sciolglerci nell’acritica lode. E poi c’è a Como come nel paese il partito più forte. quello dell’astensionismo: solo programmi, coerenza, pratiche democratiche, come giustamente sottolinea Michelini possono ridimensionare questo problema.
    Ronni Pozzi

  3. Il lungo trattato dell’amico Michelini contiene riflesioni profonde e condivisibili. Scritto intellettuale, professorale, un pochino prolisso.
    Personalmente sintetizzo (per aprire al commento):

    – Indubbia la gradevolezza di quanto accaduto.
    – Il pessimo operato della precedente Amministrazione avebbe dovuto consentire la vittoria al primo turno. Mi restano perplessità sul pensare dei comaschi.
    – Spero che Lucini funzioni meglio da Sindaco che come si manifestò da consigliere all’ opposizione.
    – Ha vinto il “centro” con poca “sinistra”
    – Il compito che attende la nuova Amministrazione è seriamente arduo. Dovremo pazientare perchè si risolvano i problemi esistenti
    targati Bruni, Caradonna, Pastore, Faverio e compagni (intrisi di berlusconismo, fascismo, leghismo).
    – Auguri a Lucini e ai Comaschi.

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