Asili nido a Como no alla privatizzazione

asilo sant'eliaComo civica: «È un servizio sociale; un servizio che, ad oggi, funziona».  La “lista del sindaco” interviene nel dibattito sull’eventuale privatizzazione degli asili nido dimostrando quanto sia insensata l’idea di offrire ai privati un’attività importante del Comune ottenendone in cambio meno costi per l’amministrazione ma una vera e propria stangata per i cittadini  e licenziamenti.  Per Como civica non è così che si migliorano i conti di Palazzo Cernezzi.

 

«“Gli asili nido costano al comune 5 milioni di euro. Il comune ne ricava 1: ha quindi una perdita di 4 milioni di euro” …e ancora: “E poi le tariffe non sono neanche così basse!”… Il servizio “perde” circa 4 milioni di euro. Vero – affermano sulla proprio newsletter gli esponenti della lista che sostiene la Giunta Lucini a Palazzo Cernezzi Como Civica –. Ma un’analisi che si fermasse qui sarebbe quanto mai superficiale e limitata. Vediamo perché».

«Sapete quante famiglie pagano l’intera retta? – chiedono – L’11% del totale.

Sapete quante famiglie grazie alle agevolazioni del Comune pagano meno di € 150/ anno? Quasi il 45%. Sapete qual è il costo che incide maggiormente sul passivo? Il personale».

«“Se un servizio con questi conti fosse offerto da un privato, questo sarebbe già fallito”. Sbagliato: a queste condizioni un privato non lo offrirebbe neanche! – prosegue la nota – Come potrebbe un privato offrire il servizio in modo remunerativo in caso di affidamento esterno da parte del Comune? Le strade sono due: 1. Licenziando una parte degli addetti (a scapito degli addetti e, ancor di più, del servizio reso); 2. Aumentando le rette (visto che non potrebbe offrire le stesse agevolazioni che riducono drasticamente la retta base comunale in considerazione delle condizioni economiche della famiglia)».

«Se si vogliono migliorare i conti generali di un servizio, anche collaborando con i privati, questo non può avvenire a costo zero per l’utente finale (retta più alta, minori agevolazioni, minor personale addetto per bambino) – aggiunge lo scritto –. E poi, queste non sono “fasce deboli” meritevoli di tutela? Senza contare il sostegno alle donne lavoratrici, per le quali il nido è una necessità per conciliare i tempi famiglia-lavoro. E, soprattutto, senza contare che i bambini sono il più grande investimento che una comunità possa fare!»

«È un servizio sociale; un servizio che, ad oggi, funziona – dichiarano gli esponenti di Como civica –. Grazie alla riorganizzazione interna del personale si sono azzerate le liste d’attesa, aumentando il numero di bambini accolti. E proprio perché “sociale” è la comunità che deve tutelare un servizio così, anche sostenendone i costi».

«Peraltro – concludono con un affondo –, è curioso come alcuni di coloro che gridano allo scandalo per il passivo del servizio siano anche gli stessi che si indignano ad esempio per l’aumento delle tariffe dei centri estivi conseguenti alla nuova modalità di gestione, in sussidiarietà con soggetti privati…» [md, ecoinformazioni]

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