
Oh ragazza dalle guance di pesca…
All’incontro Le donne nella resistenza italiana, organizzato dall’Anpi, dal comune di Lurago Marinone e dall’Associazione nazionale ex deportati del 4 giugno moderato Giuseppe De Luca dell’Anpi Seprio con il giornalista Dario Venegoni e il responsabile dell’Aned Leonardo Visco-Gilardi.
Bisognerebbe lasciare parlare i protagonisti, quando si toccano temi di questo tipo. Se poi avessi una storia da raccontare, e la capacità di farlo come Dario Venegoni, il primo a prender parola, basterebbe questo. Ma mi permetterò, da ragazzo e giornalista apprendista quale sono, di iniziare da un’altra angolatura.
Giovedì sera era una sera calda, di quelle che non portano il ben che minimo sollievo dopo una giornata di sole. Ed ecco che, parcheggiata la macchina in centro a Lurago, vedo un gran numero di ragazzi. Vanno tutti al famoso birrificio, giusto a due passi dal comune, dove si svolgerà l’incontro che voglio seguire. Un presentimento piega le mie labbra in un lieve sorriso: chissà se qualcuno, per sbaglio, per curiosità, si azzarderà a sedersi nella sala dove si parlerà in onore del Settantesimo della liberazione. Ma nonostante il ritardo la sala è deserta, solo dopo qualche minuto prendono posto sui sedili imbottiti diversi rappresentanti di un’altra generazione. L’incontro inizia mezz’ora dopo.
Confesso che, se avessi ricevuto un messaggio in quella prima mezz’ora, avrei tentennato di fronte alla possibilità di una birra tra amici. Avrei commesso un errore, perché, come ho già detto, l’incipit dell’incontro è stato quanto mai avvincente. Tanti ragazzi vivono un certo rifiuto per la storia, ma sono tutti affamati di storie, di questo sono sicuro. Si tratta solo di come catturare le loro orecchie, perché non tutti hanno la pazienza richiesta da un romanzo russo, di attendere la zampata che appassiona a cento pagine dall’inizio. Fare un incontro in piazza, nell’oratorio del paese, volantinare davanti al birrificio stesso. Dare ai ragazzi il minor numero di alibi possibili per non esserci, perché si parla pur sempre non di “quel tempo”, ma di un tempo “terribile e magnifico”.
Quel tempo terribile e magnifico. Lettere clandestine da San Vittore e dal Lager di Bolzano è il titolo del libro di Dario Venegoni. La protagonista è sua madre Ada e le sue parole. Il tempo terribile e magnifico è la resistenza, dove non conta chi sei, conta solo il tuo impegno giorno per giorno, parafrasando Ada. Il libro inizia con una lettera che sua madre rivolge al fratello dell’autore, nato nel ‘47, per far memoria al neonato della giovinezza della donna, e di un tempo dove si è sentita realizzata nella lotta. Nel 30’ si laurea in medicina a Milano, un lavoro da uomini, come certificano i dati che parlano di 5 ragazze che si laureano in medicina nel 1936. Milano, per una ragazza di Trieste, per una provinciale, è un ambiente molto vivace. Tanti incontri, il sentirsi emancipata, con i suoi pregi e le sue paure. E poi l’incontro con il segretario del partito socialista Lelio Basso e la scelta di mettersi al servizio della resistenza. Diffonde un giornale, alcuni opuscoli, fino al momento in cui dovrà scegliere di fuggire e darsi alla clandestinità. È in questo momento, quando non ha nulla, che si realizza davvero. La sua è una vita piena, come quella di tante donne, le stesse che all’indomani della guerra otterranno il diritto di voto.
Ada viene trovata e arrestata. Dal carcere di San Vittore prima, e nel lager di Bolzano poi, fa uscire le lettere che giungeranno a Lelio Basso a Milano, anch’egli costretto alla clandestinità. E’ incredibile l’organizzazione clandestina che si sviluppa, la stessa Ada riorganizza all’interno i prigionieri. Ogni giorno, da un campo gestito dalle SS, c’era la possibilità di far uscire delle lettere. Non perde mai il suo stile, “quasi fosse seduta sul divano” scherza Dario, una caratteristica riscontrata in molti scritti femminili. Una forza che da una cella infima del lager, con affianco compagni torturati che morivano, non fa perdere alla sua penna la sua ironia sottile, la sua voglia di non prendersi sul serio. Un lavoro d’astrazione, uno slancio continuo verso l’avvenire, un’ancora che la tiene attaccata alla vita. Non c’è difficoltà nel raccontare questi giorni ai suoi figli, il cortile del carcere di San Vittore è dove ha conosciuto il loro padre, partigiano anch’egli. Tutti i bambini devono sapere dove si sono conosciuti i propri genitori …
Leonardo Visco-Gilardi, presentando il libro Un evangelico nel lager, scritto da Giorgio Bouchard e Aldo Visco-Gilardi, ha raccontato un’altra storia di una donna resistente, sua madre. Nel ‘30 la libreria di suo padre a Milano, punto di riferimento per gli antifascisti, viene abbattuta dal duce e dalle necessità del regime. Nel ‘40 si spostano a Bolzano, dove l’italianizzazione forzata e violenta della regione offriva molto lavoro. L’8 settembre del 44 l’Alto Adige viene annesso al terzo Reich, e la sua famiglia inizia a coordinare un gruppo di assistenza. Si tengono i collegamenti con Milano, si offre appoggio agli 80 evasi dal campo di Bolzano, fino a che il padre viene arrestato, e solo grazie ai risultati della guerra la sua condanna a morte non viene eseguita. Sua moglie ha il merito di mantenere i contatti con Milano dopo gli arresti, e di non trasmettere mai l’angoscia ai figli. Le Ss maschiliste sottovalutano la forza delle donne, è anche per questo che perdono.
L’incontro si è concluso con un dibattito a oltranza, arricchito da interventi e di ulteriori aneddoti degli oratori.
Quel tempo terribile e magnifico è anche la giovinezza in se. C’è un gran divagare, molti tentativi di prolungare il tempo all’infinito, tentativi di non far terminare la spensieratezza. Ma c’è anche una tremenda necessità di realizzarsi, di risposte concrete, di storie e idee che come fili invisibili muovano i gesti quotidiani. C’è tanta voglia di prendere scelte radicali, anche se ora il male che si ha di fronte è meno definito di un regime fascista. Bisogna reinventare la resistenza, servono “persone che a narrare riescano, la mia vita all’età che tu hai ora”, e “ragazze dalle guance di pesca” che la ascoltino, dibattano, agiscano, parafrasando la canzone Oltre il ponte. [Stefano Zanella per ecoinformazioni]