Le fotografie di Rodčenko al LAC di Lugano

Il nuovo centro LAC – Lugano Arte Cultura, superata la fase di avviamento con la grande eco dell’inaugurazione, presenta la seconda serie di mostre, mentre è ormai avviata la stagione concertistica e teatrale con nomi di grande risonanza.

Nel grande edificio affacciato sul lago, nell’arco dell’ultimo mese sono state inaugurate tre mostre. Quella che si annuncia di maggiore richiamo è dedicata ad Aleksandr Rodčenko, figura centrale dell’avanguardia sovietica della prima metà del Novecento e grande innovatore del linguaggio fotografico. Alcune immagini da lui prodotte, in effetti, si sono stabilmente insediate nell’immaginario di successive generazioni: il ritratto ravvicinato della madre con gli occhiali, per esempio, o le vedute da sotto in su della scala antincendio. “Costruttivista” dell’immagine per antonomasia, Rodčenko è in realtà molto di più, e il merito della mostra luganese che presenta un’ampia selezione di materiali provenienti dalla Casa della Fotografia di Mosca (con la più vasta raccolta al mondo di immagini dell’autore), è proprio quello di non fermarsi all’ovvio e di presentare le molte sfaccettature di questa variegata personalità, compreso il tormentato rapporto con il potere sovietico, rapidamente passato dagli slanci rivoluzionari alla chiusure dell’era staliniana.

Se le prospettive insistite dal basso verso l’alto (a volte provocatoriamente rovesciate, per sovvertire la logica della visione banale), i tagli diagonali, le inquadrature che “sfondano” i margini del quadro sono il contributo più conosciuto di Rodčenko alla sintassi moderna dell’immagine, ci sono anche delicate e sognanti riprese del teatro e del circo, realistiche documentazioni del duro lavoro (per esempio, nella magistrale serie dedicata alla costruzione dell’imponente canale dal Mar Bianco al Mar Baltico, grande realizzazione del primo piano quinquennale sovietico), ritratti diversificati nell’approccio (da quelli famosissimi di Vladimir Majakovskij e Lilja Brik, a quelli meno noti di altri scrittori e attrici).

Ancora più interessante è la presentazione dell’“uso” delle fotografie da parte di Rodčenko, che fu, oltre che fotografo e pittore, anche grafico. Si capisce così che molte immagini trovano nel loro obiettivo comunicativo finale la loro ragion d’essere, e che il fotografo componeva molto spesso l’inquadratura giù pensando alla “gabbia” dell’impaginazione finale. È abbastanza facile, del resto, mentre si guarda a questi bozzetti d’epoca, capire quanto della grafica attuale, anche di quella digitale, dipenda da questi generosi esperimenti fatti con forbice e colla.

La mostra, allestita al primo piano del LAC con una disposizione radicalmente diversa degli spazi rispetto a quanto già visto, presenta un ventaglio di materiali talmente ampio che chiunque può trovare motivi di interesse e riflessione. Si conclude davanti alla vetrata che esibisce il panorama del Ceresio: qui sono collocate le tre Sculture spaziali, esempio di una diversa ricerca artistica condotta parallelamente a quella fotografica. Certo, non è l’Uomo che cammina di Giacometti della precedente esposizione, ma l’effetto è comunque grandioso.

Ma al LAC, come si diceva, c’è di più. Godibilissima è la mostra di Markus Raetz (allestita al secondo piano), che gioca con i meccanismi della percezione e del linguaggio artistico. Nel continuo passaggio dai giochi ai concetti, le molte opere sono una specie di riassunto di un possibile percorso alla scoperta dell’arte. Di inarrivabile raffinatezza le sculture “ambigue” che invitano alla decodifica del significato in forme che appaiono a prima vista prive di senso.

Da non dimenticare anche l’apertura della prima parte delle collezioni permanenti, ospitate al piano -2. Di grande interesse è non solo la scelta di presentare porzioni delle collezioni attraverso l’elaborazione di percorsi tematici intorno ad alcune “parole” centrali per l’elaborazione artistica (per questa prima tranche: archetipo, natura, ritratto, linguaggio), ma anche quella di focalizzare l’attenzione sulla contemporaneità, ovvero sul valore attuale di queste opere. Incontrare i dipinti di John Constable (uno dei capisaldi della pittura di paesaggio inglese dell’Ottocento) e di Paul Klee (uno dei vertici delle avanguardie storiche del Novecento) accanto alla scultura di Pietro Consagra e alla faotografia di Balthasar Burkhard aggiunge senso a ciascuno di essi. Alcune delle opere più recenti, poi, sono di tale fascino che meritano di sicuro il viaggio (per quel che mi riguarda Tony Cragg e Lucio Fontana su tutti).

Il LAC, quindi, conferma l’ampiezza della sua offerta e ribadisce, nei fatti, la centralità della scelta culturale per la città di Lugano.

[Fabio Cani, ecoinformazioni]

 

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Scale, fotografia di Aleksandr Rodčenko.

 

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L’allestimento della mostra di Rodčenko.

 

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Le Sculture spaziali sospese di Rodčenko.

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L’opera di Markus Raetz esposta nella collezione permamente.

 

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L’opera di Tony Cragg presentata nella collezione permanente al piano -2

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