Articolo 1/ Penoso minimizzare la sconfitta

Articolo 1 – Mdp interviene con una nota evidenziando i motivi di contesto nazionale e relativi al territorio comasco che hanno portato alla sonora sconfitta del centrosinistra  alle amministrative a Como, Erba e Cantù. Leggi e al crollo dell’affluenza alle urne. Leggi nel seguito il comunicato.

«La pesante sconfitta elettorale del Pd comasco a Como, Erba e Cantù – che i dirigenti locali si affannano a minimizzare in modo penoso – si inserisce in un quadro preoccupante che ha la sua spiegazione nel deterioramento del rapporto tra il Centrosinistra e parti rilevanti della società italiana. Il Centrosinistra guidato dal Pd “a trazione renziana” si è ridotto a perdere anche nelle vecchie “regioni rosse” e in alcune roccaforti storiche come Genova Sesto San Giovanni, riconsegnando alle destre anche alcune delle principali città della Lombardia e gettando così un’ombra sull’esito delle prossime elezioni regionali. Il miracolo di consentire la “resurrezione” del Centrodestra è il vero capolavoro di Matteo Renzi e del suo gruppo dirigente. Il Centrosinistra ha perso sia dove è stato applicato con più coerenza “il modello Renzi-partito della nazione” come a Como, sia dove si sono costituite, grazie alla generosità di altre forze, coalizioni più ampie.
A Como, il dato più rilevante del turno elettorale della scorsa domenica è il record conseguito dall’astensionismo, che ha riguardato il 65 percentodegli aventi diritto. Pd e Centrodestra, dopo una campagna urlata, invadente e dispendiosa, e dopo avere proposto candidature prive di un reale supporto popolare,sono i principali responsabili della gravemortificazione subita dalla democrazia.Il fatto che il sindaco sia stato eletto da 13mila comaschi – sui 71mila aventi diritto – è una sconfitta grave che testimonia della scarsa qualità dell’offerta politica e chiama in campo la responsabilità, anche nostra, di offrire ai cittadini un’alternativa credibile.
Al di là dei goffi tentativi di mistificare la realtà, c’è un dato inoppugnabile: la responsabilità di avere consegnato la città di Como a una destra sguaiata, che in passato ha regalato alla città la peggiore giunta del dopoguerra,appartiene esclusivamente al Pd. Il gruppo dirigente del Pd ha vissuto i cinque anni della giunta Lucini con un mix di atteggiamenti acritici e di rinuncia a esercitare la propria responsabilità, ha ignorato la crescente divaricazione tra le componenti progressiste e quella centrista della maggioranza e ha rimosso il progressivo logoramento del rapporto della giunta con la città. Nonostante le ripetute sollecitazioni, non ha mai avvertito la necessità di discutere in modo aperto i limiti dell’esperienza amministrativa in corso e di fornire un autonomo contributo programmatico. Ha adottato una narrazione trionfalistica sullo stato della società locale senza mai prestare attenzione ai bisogni della parte più debole della popolazione e delle periferie.
Il distacco dalla sua naturale rappresentanza popolare lo ha indotto a cercare sostegno nell’establishment locale, schierato, senza quasi eccezioni, a sostegno di una candidatura – quella di Maurizio Traglio –imposta dall’esterno e adottata supinamente dalla parte del gruppo dirigente locale che fa capo al Consigliere regionale. Attorno al nome di Traglio si è costruita un’operazione politica dal profilo deliberatamente centrista, rifiutando – anche all’indomani del primo turno – qualsiasi “contaminazione” con i movimenti di sinistra, e stringendo invece accordi con alcune delle componenti che avevano sostenuto a suo tempo la giunta di Stefano Bruni, come CL e Nuovo Centro Destra.
L’impatto della candidatura di Traglio, in questo contesto, è stato sopravvalutato in modo rovinoso. Una parte rilevante della città, nonostante l’autorevolezza e l’insistenza dei sostegni ricevuti dalla stampa e dai rappresentanti dei “poteri forti” – e forse anche per questo –, e nonostante la grande quantità di risorse economiche impiegate nella campagna elettorale, si è rifiutata di riconoscersi nel profilo di un candidato residente altrove, con precedenti politici imbarazzanti, con un curriculum professionale discusso e lontano dalle esperienze di vita della “gente normale”. Per di più, il candidato, nel corso della campagna elettorale, e ancora di più nella fase conclusiva, ha scelto di assumere atteggiamenti di aperto disprezzo nei confronti della politica e dello stesso partito di cui godeva il sostegno, come nell’insistenza a proporre assessori provenienti da settori diversi ad esclusione di quelli del Pd e della sinistra che pure, nella città di Como, dispongono di persone valide per competenze professionali, cultura ed esperienza politica.
Gravi sono anche le responsabilità della sconfitta a Cantù e a Erba, dove il centrosinistra ha ottenuto percentuali mortificanti e dove anche le indicazioni di voto per il secondo turno – assunte in contrasto con gli iscritti locali – sono state disattese dagli elettori. La logica di potere sottesa a questa scelta priva era fin troppo evidente: salvaguardare in ogni modo gli equilibri dell’Amministrazione Provinciale e negli Enti sovraccomunali, a prescindere da qualsiasi contenuto. Meno chiare – e meno convincenti per gli elettori – erano invece le ragioni politiche di questo orientamento.
Per noi, gli esiti registrati a livello nazionale sono la riprova che non basta sommare le forze per reggere l’urto di un’opinione pubblica suggestionata dagli slogan della destra ma che è necessario ristrutturare in profondità il campo democratico e progressista, prima ancora nelle idee che negli schemi delle alleanze e nella scelta della leadership. Vanno ricercate nuove chiavi di lettura della crisi della democrazia e del disagio diffuso tra i ceti popolari, e pensate nuove forme di governo dei fenomeni della globalizzazione, della rivoluzione tecnologica e del dominio della finanza. Infine, vanno individuati nuovi canali della partecipazione e va creato un nuovo senso di appartenenza, respingendo la demagogia nei confronti della politica e dei partiti, spesso praticata anche dal segretario del Pd e ipocritamente agitata dal M5s. Si può pensare di rinnovare il patto tra cittadini e istituzioni, di uscire dalla crisi economica e sociale e di ridurre le gravi disuguaglianze presenti nella societàsolo se si riesce a proporre, attraverso le forze politiche, momenti di identificazione, specie tra i giovani, tra i propri interessi e le proprie aspirazioni verso forze politiche decise a rappresentarli nei confronti dello strapotere delle élite che governano l’economia mondiale e impongono la dittatura del “pensiero unico”.
Se si scava nei dati elettorali, si rimane invece colpiti dall’alto numero di persone, di lavoratori, che non trovano nella politica attuale un riferimento credibile. Il fenomeno ha investito soprattutto il Pd, colpito, in questi anni, da una sequenza di abbandoni e dalla diserzione di metà dei suoi elettori.
Dopo il referendum del 4 dicembre, di questo si sarebbe dovuto discutere.Al contrario, il rifiuto del Pd di aprire una vera discussione congressuale, il plebiscito degli iscritti a favore di Renzi, le fibrillazioni introdotte nel sistema politico dalla sua ansia di ritornare alla guida del Governo, le improvvisazioni sulla legge elettorale, le aperture nei confronti di Silvio Berlusconi, le polemiche create ad arte per nascondere i propri fallimenti politici hanno finito per indebolire non solo il Pd ma l’intera area del Centrosinistra.
Di questa situazione drammatica, esplosa con la sconfitta alle elezioni amministrative, portiamo anche noi una qualche responsabilità: per il ritardo con cui sta procedendo lo sforzo di riunificare un’area di sinistra con una esplicita vocazione europeista e di governo e per l’incertezza che ancora grava sui suoi sbocchi. Possiamo fare nostre le parole di Jeremy Corbyn, pronunciate di fronte a migliaia di giovani: “About the power we have together to build a country, and a world, for the many, not the few”.
Proprio di fronte a un simile quadro, avvertiamo ancora di più la responsabilità di contribuire, senza timidezze e senza oscillazioni, a ricostruire il campo dei democratici e dei progressisti, con fermezza e senza cedere ad alcuna deriva minoritaria. Sentiamo di avere il compito di lavorare per mettere al centro dell’attenzione e dell’agenda politica i temi di una Democrazia partecipata ed efficiente, della qualità e della dignità del Lavoro, delle risposte da dare tempestivamente alla gigantesca Questione sociale presente nel Paese. Dobbiamo e vogliamo farlo non richiudendoci in noi stessi ma costruendo, come stiamo iniziando a fare anche a Como, un rapporto fecondo con i mondi vitali, le organizzazioni sindacali e le associazioni delle imprese, l’area vasta della cultura democratica e del volontariato, le espressioni più vive del mondo cattolico». [Articolo 1 – Mdp Como]

Scopri di più da [Arci - Giornalismo partecipato]

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading