In occasione del Ramadan le giunte leghiste continuano a negare i diritti

Ogni anno l’approssimarsi del Ramadan, in una condizione di compressione dei diritti di culto per chi professa la religione islamica, comporta la reiterazione di gravi situazioni di sospensione del diritto (e anche della logica). La denuncia è arrivata in una conferenza stampa convocata a Cantù dalle associazioni Assalam di Cantù e Assadaka di Erba.

A Cantù, dove il contenzioso tra l’amministrazione comunale leghista e l’associazione Assalam per l’utilizzo di uno spazio regolarmente acquistato e provocatoriamente contestato dall’amministrazione è ormai di lunga data, la richiesta di un luogo dove poter celebrare il Ramadam, avanzata fin dall’inizio di gennaio è di nuovo caduta nel vuoto… Non solo ma sindaca e giunta si rifiutano da mesi ormai di ricevere per un colloquio rappresentanti della comunità islamica residente nel territorio canturino, nonostante le ripetute richieste e i tentativi di mediazione delle minoranze in consiglio.

Proprio nella giornata del 9 marzo, a due mesi dalla richiesta, è giunta la risposta ufficiale: nessuna agibilità in spazi pubblici, né tantomeno possibilità di usare il capannone di proprietà dell’associazione. È la stessa politica adottata negli anni passati, nonostante il fatto che per ben tre volte tale decisione sia stata poi “sconfessata” dal Tar della Lombardia, che ha consentito l’utilizzo della struttura di proprietà dell’Associazione Assalam, per quanto in via “temporanea”. Per la quarta volta, quindi, nonostante che negli anni scorsi l’Associazione abbia ottemperato a tutte le richieste delle istituzioni (e non vi siano stati problemi o incidenti), l’Associazione medesima dovrà ricorrere al Tar per vedersi riconosciuto un diritto sancito dalla Costituzione. E, soprattutto, si dovrà subire ancora una volta la prepotenza dell’amministrazione nonostante che nella recente decisione del Consiglio di Stato, che ha “sospeso” l’iter di “acquisizione forzata” da parte del Comune, sia scritto in modo esplicito che « appare opportuno evitare il pregiudizio grave e irreparabile che al privato deriverebbe dalla sottrazione del bene che l’Associazione ha chiesto di utilizzare, come già avvenuto in passato, per le attività connesse al Ramadan».

Non si sa se per imitazione o per propria scelta di ingiustizia, quest’anno anche il Comune di Erba ha deciso di non concedere nessuna agibilità per la celebrazione del Ramadan in spazi pubblici e nemmeno nello spazio già dell’associazione Assadaka che secondo gli uffici tecnici del Comune è perfettamente conforme agli strumenti di governo del territorio, mentre secondo la giunta e il sindaco la collocazione del centro culturale avrebbe una carenza di parcheggi. Dopo un ricorso dell’Associazione al Consiglio di Stato, il Tribunale Amministrativo Regionale – che in un primo tempo aveva ritenuto la questione non urgente – deve ora intervenire rapidamente perché lo stesso Consiglio di Stato ha invece valutato che la lesione di un diritto fondamentale come la libertà di associazione deve essere affrontata con urgenza. La situazione era stata risolta l’anno scorso con un permesso “temporaneo”, dopo l’intervento di sollecitazione da parte del prefetto di Como, ma il sindaco di Erba ha deciso quest’anno che non era il caso di ripetere la concessione “eccezionale” dell’anno scorso e ha quindi espresso una linea dura di totale chiusura sui diritti.

A pochi giorni dall’inizio del Ramadan (il 21 marzo prossimo) alcune giunte del territorio scelgono quindi di ignorare i diritti (e la legalità costituzionale) e di considerare alcune comunità come cittadini e cittadine di serie B. Di fronte all’impossibilità di un qualsiasi approccio istituzionale, resta solo la necessità di mobilitazione democratica per mettere le amministrazioni di Cantù e di Erba di fronte ai loro doveri. [Fabio Cani, ecoinformazioni]

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