Giorno: 11 Giugno 2008

Il consiglio comunale di martedì 10 giugno 2008

Nel Consiglio comunale di martedì 10 giugno le opposizioni fanno ostruzionismo contro l’emendamento discriminatorio nei confronti degli extracomunitari nel settantesimo della promulgazione delle leggi razziali in Italia.

Nelle preliminari al Consiglio comunale di martedì 10 giugno Vincenzo Sapere, Gruppo misto, ha chiesto di trovare «una qualche via di uscita» per la situazione del bar battello a lago che soffre del cantiere per le paratie, Vittorio Mottola, Pd, ha chiesto di mettere in sicurezza l’ex asilo nido di P. Chiasso, attualmente abbastanza facilmente accessibile per le persone non autorizzate, e Donato Supino, Prc, ha chiesto di «fare una verifica sul percorso estivo della linea urbana 3, che collega la stazione delle Ferrovie Nord di Grandate-Breccia con quella di Como-Camerlata, senza neanche permettere l’interscambio con la linea 6 attestata alla Motorizzazione civile». Uno spreco per il consigliere di Rifondazione per un percorso che «non viene utilizzato dai cittadini».
Il Consiglio ha quindi votato, e approvato con il solo voto contrario delle minoranze, l’emendamento al Regolamento per i servizi alla prima infanzia ritenuto discriminante dalle opposizioni che abbandonata l’aula, nella seduta precedente, avevano fatto venire a mancare il numero legale.
Il dibattito si è così incentrato su una altro emendamento allo stesso regolamento presentato dal gruppo di Alleanza nazionale che chiedeva 5 punti in più in graduatoria per un bambino con entrambi od un genitore italiano, 3 se comunitario e 0 se extracomunitario.
Durante l’illustrazione della proposta lo stesso presentatore Claudio Corengia, An, ha fatto dell’ironia dichiarandosi certo che quanto presentato sarebbe stato bollato come «contrario ai diritti dell’uomo». Il consigliere di Alleanza nazionale ha poi continuato «non c’è nessun intento punitivo, discriminatorio, di razzismo o di violare i diritti di chicchessia, solo ribadire che i cittadini italiani debbano avere un punteggio superiore nel momento in cui si stilano le graduatorie». «Un concetto che deve essere esteso ad altre situazioni – ha continuato il consigliere – come le case popolari».
Questo emendamento, così come presentato, ha avuto un parere negativo da parte dei tecnici del Comune e, interrogato in proposito, l’avvocato Fabiano ha spiegato come avrebbe potuto essere migliorato venendo «impostato in un’altra direzione, di ragionevolezza, su un criterio quantitativo».
Aperta la discussione Mottola ha definito la proposta «un’offesa per la specie umana», Bruno Magatti, Paco, ha parlato di una «situazione imbarazzante quando si parla di un avanzo di 15 milioni, come se il Comune dovesse fare profitti come un’azienda, e si discute su chi deve accedere e non sul costruire servizi», mentre per Marcello Intorno, Pd, «è aberrante che nel Consiglio comunale di una città civile ed europea entrino elementi che dovrebbero essere consegnati alla pattumiera della storia».
Pronta la risposta del primo cittadino Stefano Bruni: «Si usano sempre paroloni grossissimi, secondo me a sproposito in questo caso. Oggi la situazione dell’accesso ai nostri nidi vede una sempre maggiore occupazione di posti da parte di famiglie extracomunitarie, questo perché i nostri meccanismi di accesso non prevedevano che la tipologia famigliare fosse quella che è oggi». «La presenza di italiani negli asili nido – ha continuato il sindaco – è minoritaria o largamente minoritaria. Una situazione penalizzante per i figli dei comaschi. Questo emendamento va nella direzione di correggere un’anomalia, una disparità di trattamento».
Quindi, anche dopo il parere tecnico dell’avvocato Fabiano, Marco Butti, An, ha chiesto una sospensiva per valutare eventuali modifiche e dopo i 5 minuti, che sono diventati tre quarti d’ora, la seduta è ripresa.
La nuova proposta presentata è stata quindi quella di istituire «una percentuale minima dell’ottanta per cento per ciascuno asilo ai bambini con uno od entrambi i genitori italiani», nel caso in cui non fossero sufficienti le domande la priorità spetterebbe ai figli dei comunitari e solo quando anche queste saranno esaurite «potranno essere ammessi tutti gli altri bambini». Anche nella Germani nazista venne approvata nel 1933 la Legge contro il sovraffollamento delle scuole e università tedesche che ridusse il numero dei non ariani al 1,5%.
Mario Lucini, Pd, ha così rilevato che i residenti in città, italiani e non, che lavorano e pagano le tasse non sono più uguali «ma qualcuno è più uguale degli altri» e ha ricordato le cifre ufficiali: su 485 bambini iscritti agli asili nido 125 sono i bambini stranieri, il 25,7%, con una punta del 63% in un unico asilo, a Camerlata, e picchi del 40% in via Passeri e in via Italia Libera. Ed ha terminato affermando che «se passa questo emendamento sarà una vergogna per la nostra città!».
Dopo un chiarimento tecnico sulla possibilità di proporre subemendamenti, così come fatto dalla maggioranza, le minoranze hanno fatto ostruzionismo proponendone quasi trenta. La seduta è stata così aggiornata a giovedì 12 giugno. [Michele Donegana, ecoinformazioni]

Il secondo incontro del Circolo comasco per la decrescita felice

Secondo incontro del Circolo comasco per la decrescita felice martedì 10 giugno, ospite della serata Massimo De Maio, coordinatore dei circoli territoriali.

Alle diciassette persone presenti Giuseppe Leoni promotore del Circolo comasco ha ricordato i due scopi primari del gruppo: uno di natura più generale e politica che è quello di tentare di orientare il mercato, forse il più difficile da raggiungere, e l’altro di carattere locale, cioè cercare di aumentare il numero di aderenti in provincia di Como. Il portavoce ha sottolineato che la prima uscita pubblica del gruppo avverrà durante la fiera L’isola che c’è, alla quale il Circolo sarà presente con un banchetto.
Massimo De Maio ha riassunto la storia dell’Mdf che si è costituito il 15 dicembre del 2007 per volontà di Maurizio Pallante. Il movimento nasce dalla necessità di dare un’applicazione al pensiero e alle teorie sulla decrescita elaborate prima da Nicholas Georgescu-Roegen e poi da Serge Latouche. L’assunto principale della teoria è che la crescita economica costante non sia sostenibile per l’ecosistema. Quindi il pil deve perdere il suo valore di indicatore effettivo dell’aumento del livello di benessere. Il Movimento propone di muoversi collettivamente per diminuire la produzione di beni, ma non ridurre allo stesso tempo il livello di civiltà. La teoria della decrescita si sviluppa dal concetto di risorsa finita e non infinita che invece regge il sistema economico vigente.
L’Mdf è un’associazione di promozione sociale che muove i suoi passi seguendo un preciso decalogo:

1.Accorciare le distanze tra produzione e consumo, sia in termini fisici che umani.

2.Riscoprire il ciclo delle stagioni ed il rapporto con la terra.

3.Ridefinire il proprio rapporto con i beni e con le merci.

4.Ricostruire le interazioni sociali attraverso la logica del dono.

5.Fare comunità

6.Allungare la vita alle cose, rifiutando la logica dell’ “ultimo modello”.

7.Ripensare l’innovazione tecnologica.

8.Esserci pesando il meno possibile sull’ambiente, come forma di massimo rispetto per noi stessi e le generazioni future.

9.Ridefinire il proprio rapporto con il lavoro.

10.Diffondere i principi del Movimento per la Decrescita felice in ambito politico.

I circoli locali sono però realtà autonome, alle quali non viene richiesto di seguire alla lettera tutto il decalogo, che possono tra l’altro integrare con nuove idee e strategie in linea con la teoria di base sulla decrescita felice. Le attività che i singoli gruppi territoriali possono portare avanti sono molte e svariate: delibere da presentare alle proprie Amministrazioni, banchetti informativi, adesione a gas. L’Mdf darà solamente se richiesto un supporto tecnico per determinate iniziative.
Nel dibattito che ha chiuso l’incontro è stata evidenziata l’esigenza di “fare gruppo”, di conoscere e approfondire quali sono le tematiche toccate dalla decrescita felice per poi sensibilizzare altre persone. Un’altra caratteristica importante dell’Mdf è quella di voler essere un contenitore concettuale di una serie di pensieri e iniziative presenti sul territorio.
Per informazioni o adesioni tel. 031.880129 o 335.6574682, e-mail leoni.giu@tiscali.it, Internet www.decrescitafelice.it. [Francesco Vanotti, ecoinformazioni]

Sanità privata ai ferri corti

Mentre esplode a Milano il caso Santa Rita, 150 mila lavoratori della sanità privata, di cui circa 3.500 a Como aspettano da 29 mesi il rinnovo del contratto. Le Rsu hanno organizzato un presidio davanti all’ospedale Valduce venerdì 13 giugno dalle 10.30.

Il contratto è scaduto da 29 mesi, ma le associazioni datoriali non vogliono metter mano al portafogli: così le Rsu dei 150 mila lavoratori della sanità privata hanno indetto dieci giorni di mobilitazioni in tutta Italia dal 3 al 13 giugno, a Como un presidio venerdì 13 dalle 10.30 al Valduce, secondo ospedale della provincia.
«Il 31 dicembre 2005 scadeva il contratto nazionale – spiega Fiorella Merlini, rappresentante della Fp Cgil – da allora aspettiamo il rinnovo della parte normativa, quadriennale e di quella economica biennale. Oggi quindi dovremmo discutere del secondo rinnovo economico, mentre non abbiamo ancora trovato un accordo sul primo». Ma chi sono gli attori in gioco? «Le associazioni datoriali sono tre – continua la Merlini – Aris che riunisce le strutture religiose come il Valduce, Aiop che invece rappresenta quelle di tipo imprenditoriale e infine la Fondazione don Gnocchi, sempre di stampo religioso, che è l’unica disponibile a rinnovare il contratto, anche se ha poco peso nella vertenza, contando in tutta Italia solo 3.500 dipendenti. Le altre associazioni sono disponibili a rinnovare la parte normativa, che però è già soddisfacente, mentre vogliono fare il gioco sporco sulla questione economica: chiedono che siano le regioni, come per gli ospedali pubblici, a stanziare i finanziamenti per gli stipendi. Questa richiesta è incompatibile con il carattere imprenditoriale delle strutture sanitarie private e rischia di compromettere il ruolo del contratto nazionale, se altre regioni come ha già fatto la Sardegna, cedessero alle richieste delle associazioni»
Per ora nulla si è mosso da parte del Ministero e dalle Regioni, nonostante i solleciti dei sindacati. Asa, oss e infermieri professionali (le tre categorie interessate dal contratto) continuano a svolgere un servizio essenziale per la vita di ognuno senza un adeguamento dei salari al costo della vita e in condizioni economiche peggiori dei colleghi pubblici. Ed è solo grazie all’indennità di turno che gli ausiliari socio-assistenziali, coloro che negli ospedali fanno il “lavoro sporco”, riescono a raggiungere i mille euro al mese, lavorando anche i festivi e su turni che prevedono la notte. «Nel frattempo – conclude la Merlini – i “signori della sanità” privata, che in Lombardia fanno capo all’Aiop, ingrandiscono le proprie strutture e trovano i fondi per quotarsi in borsa». [Francesco Colombo, ecoinformazioni]