Francesco Garibaldo a Sbilanciamoci!

Il sociologo industriale Francesco Garibaldo ha aperto il suo intervento affermando con forza la sua scarsa simpatia verso posizioni puramente idealistiche, ma condividendo l’esigenza di cambiamento radicale rappresentata da Sbilanciamoci! perché la civiltà dell’auto è giunta ad un punto di declino.
«Si tratta però non di un semplice problema economico – ha chiarito Garibaldo -, ma del ripensamento di un insieme di strutture e di scelte che riguardano l’intera organizzazione della vita sociale dalla costruzione e morfologia delle città, al problema della proprietà (la mobilità non è sempre stata costruita attorno a modelli con mezzi di tipo privato)».
I dati confermano che l’attuale struttura industriale ruota attorno alla produzione di mezzi di mobilità. Si tratta di un modello in declino, ma non finito, la situazione è differenziata perché il mondo è segmentato: in Europa è in atto un mercato di sostituzione, in Asia una forte espansione di produzione e consumo; il tutto legato al diverso utilizzo del territorio dal momento che in Europa prevalgono le realtà metropolitane a differenza di altre aree del globo.
«Oggi lo stesso mezzo non offre una risposta universale al bisogno di mobilità – ha continuato Garibaldo -: in molte realtà urbane la velocità media del traffico è paragonabile a quella della bicicletta, ma è ovvio che in ambienti diversi le necessità sono diverse. In una situazione articolata in cui bisogna pensare a modelli di mobilità differenti non esiste una soluzione universale, occorre costruire modelli diversi, che richiedono una partecipazione degli utilizzatori».
Secondo Garibaldo, per i piccoli centri, per esempio, si potrebbe recuperare la possibilità di utilizzare modelli simili a quelli in uso dei centri commerciali o negli aeroporti con scale mobili e tapis roulant. E questi modelli richiederebbero industrie nuove sia per la produzione di nuovi mezzi di trasporto che per la loro progettazione. In Cina si stanno progettando città giardino con griglie elettriche in grado di supportare la mobilità quindi la creazione di nuovi ambienti implica nuovi modi di muoversi e viceversa.
Dal momento che le persone non possono essere comandate ad un nuovo modello di consumo si rende necessaria una loro conquista progressiva.
Chi costruisce l’industria ha in mente un sistema differente, agisce per corporativismo e le politiche statali sono ormai determinate da centri di potere economico, i lavoratori sono spinti a comportarsi in modo corporativo contro i concorrenti e nel vuoto totale della politica questo è l’unico orizzonte.
«L’alternativa possibile è la costruzione della consapevolezza che questi scontri portano i più a soccombere – ha concluso il sociologo -, l’alternativa è la costruzione di un modello diverso che tenga presente le domande sociali. Il consenso al cambiamento del modello si può costruire offrendo ai bisogni dei cittadini soluzioni cooperative e non competitive che portino speranze per tutti i lavoratori e non solo per i più forti. Ci sono le risorse, le tecnologie esistenti possono essere riconvertite, bisogna costruire un’ipotesi radicale, ma il cammino è a tappe». [A. B., ecoinformazioni]

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