Giulio Marcon a Sbilanciamoci!
I lavori di Sbilanciamoci! dopo l’intervento di Danilo Lillia sono proseguiti con la relazione di Giulio Marcon portavoce della Campagna nella frazione di Cernobbio “in altura” (di qui il fortunato slogan: “Noi sopra Cernobbio, loro sotto!”) in una sala gremita, con oltre un centinaio di partecipanti. Il Marcon ha ricordato altri luoghi simbolici in cui si è svolto negli ultimi anni il forum: Parma, Marghera e ora proprio Cernobbio, a poche centinaia di metri dal workshop Ambrosetti. «Nonostante la mancanza di attenzione degli enti pubblici, motivo per il quale abbiamo ridotto il nostro percorso ad una sola giornata, cerchiamo di costruire proposte alternative – dichiara Marcon – , un punto di vista critico che parta dall’elaborazione di un set di proposte specifiche, che si collocano in un contesto più ampio. La campagna propone infatti di cambiare paradigma, modello di sviluppo e lavorare sui nuovi stili di vita, per cambiare rotta. Vogliamo contrapporre un’idea diversa a quella dei top manager, degli economisti e dei politici riuniti a Cernobbio. Il confronto con loro ci è stato più volte negato: gli avremmo voluto chiedere di analizzare criticamente le loro proposte. Ma non ci è stato possibile.
Gli avremmo chiesto di analizzare criticamente quanto viene da loro declamato: la privatizzazione in tutti i settori dell’economia, la necessità della precarizzazione del lavoro, la riduzione dell’intervento dello stato…è il pensiero neoliberista che ci ha portato alla crisi, allo scoppio di una bolla finanziaria che è fondata proprio sulla crisi di questo modello di produzione e di consumi».
Nelle elaborazioni della campagna non c’è solo l’idea di un’economia diversa ma interventi possibili, concreti su «come spendere i nostri soldi per promuovere un’economia che abbia caratteristiche diverse da quella degli ultimi anni».
Per questo la campagna presenta il documento «Uscire dalla crisi con un’altra economia – 10 proposte concrete per uscire dalla crisi».
«Un’altra economia – spiega Marcon – ha due significati: è da una parte fatta di esperienze, pratiche come il commercio equo,i gas, le banche del tempo, la finanza etica ma è anche un’altra economia, altra all’economia liberista, che si deve fondare su un cambio di paradigma, facendosi comunque carico della drammatica quotidianità della crisi. La nostra critica è culturale ma anche concreta. Abbiamo criticato l’ottimismo del governo italiano,una strategia miope: nonostante una minima crescita del pil o dei consumi, la ripresa dell’economia fondata sulla creazione di nuovi posti di lavoro, sull’aumento dei redditi è molto lontana. Il rischio è che di fronte a scarsissimi aumenti degli indicatori tradizionali, l’economia reale rimarrà al palo. E le conseguenze sociali saranno ugualmente pesanti, come è stato negli ultimi anni. Tremonti e Berlusconi hanno sottovalutato questa situazione negli ultimi due anni, in un’assenza totale di interventi significativi.
Abbiamo contato dieci interventi anti crisi: sono stati interventi di facciata, di marketing, delle misure ad uso dei media che non hanno arginato le conseguenze della crisi né hanno rilanciato l’economia. Ma c’è una filosofia dietro, un’idea di welfare definita: i bonus, gli interventi spot, le elargizioni temporanee di denaro.
Noi abbiamo un’altra idea di welfare: abbiamo bisogno di asili nido, non di bonus bebè, abbiamo bisogno di pensioni più alte, non di bonus famiglie…C’è bisogno di interventi continuativi, così come abbiamo bisogno di investire in consumi e produzioni. Ostinarsi ad assistere l’industria dell’automobile in un continente in cui c’è una sovrapproduzione dell’automobile del 40-50 per cento, oltre che essere sbagliato, dal punto di vista dello sviluppo sostenibile è anche miope dal punto di vista economico. Si rischia di fare la stessa operazione che si è fatta nella siderurgia, negli anni Settanta. Avremmo bisogno di una politica industriale capace di investire i settori del futuro, finendola con l’assistenzialismo a settori fordisti della produzione.
Ieri allo studio Ambrosetti è stato presentato un indice di benessere alternativo al Pil: ci fa piacere che nel tempio della tradizione economica più neoliberista si sia discusso della possibilità di ragionare su un indicatore diverso, che considera anche la qualità della vita. Ma deve seguire una politica, una pratica. Posto che comunque dal Pil ancora non ci si schioda, se c’è uno sforzo in questo senso, dopo bisogna darne seguito nella pratica».
Quattro ricette sono necessarie a questo riguardo per il portavoce della campagna:
«l’intervento pubblico, una politica pubblica sull’indirizzo delle scelte; il principio della cooperazione per produrre: la competitività ha distrutto il capita; equità sociale: per creare nuova ricchezza va prima ridistribuita, solo attraverso salari degni e minori disuguaglianze si può creare un meccanismo di crescita dell’economia; il capitale sociale umano: un’economia è sana se i suoi cittadini sono sani, istruiti, hanno pari opportunità».
Il senso delle dieci proposte di Sbilanciamoci!: cambiare rotta, realizzando tante piccole opere. [BB, ecoinformazioni]
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