Giorgio Cremaschi a Como per la manifestazione nazionale della Fiom del 16 ottobre a Roma
Un Salone Noseda gremito, 80-90 persone, alcune rimaste anche in piedi, ha accolto il segretario nazionale della Fiom, Giorgio Cremaschi, alla Camera del lavoro di Como giovedì 8 ottobre in una serata di preparazione per la manifestazione nazionale indetta dal sindacato dei metalmeccanici sabato 16 ottobre a Roma per rivendicare i diritti fondamentali dei lavoratori. L’incontro, organizzato dalla Federazione per la sinistra comasca, moderatore il segretario provinciale del Pdci Marco Tenconi, « rientra in un percorso di approfondimento sulla centralità del lavoro» – ha spiegato la segretaria provinciale di Rifondazione comunista Lina Annoni.
«Stiamo andando verso un regime – ha dichiarato Cremaschi – in Italia siamo di fronte ad un attacco alla democrazia», un processo iniziato con la campagna mediatica contro le proteste per la partecipazione di Marcello Dell’Utri a Parolario proseguito con la «campagna contro il “terrorismo” dei metalmeccanici», i lanci di uova contro la sede della Cisl di Livorno. Un percorso accelerato dagli accordi di Pomigliano, che vanno a ledere, se non eliminare, i diritti acquisiti dagli orari di lavoro alla malattia sino allo stesso sciopero, «e nessuno lo ha spiegato ai lavoratori».
«Vogliono ridurci in servitù!» ha denunciato il sindacalista ricordando l’arretramento dalle conquiste fatte dalle classi popolari dopo il punto di svolta da lui individuato nella marcia dei 40mila della Fiat. Una evoluzione verso una precarizzazione e un impoverimento dei lavoratori «una volta c’era un solo modo per essere assunti, ora 44! Le aziende dovevano assumere attraverso le graduatorie degli uffici di collocamento, ora non più» inoltre «per il potere di acquisto dei salari allora l’Italia era settima nei paesi Ocse, ora ventitreesima».
Questo mentre per Cremaschi gli industriali continuano a lamentarsi di chissà quale giogo quando invece hanno ormai mano libera.
Infatti con l’accordo separato dei metalmeccanici, del 29 settembre scorso, la situazione di Pomigliano è stata estesa a tutti i lavoratori italiani, mentre, lo stesso giorno, è passato in Senato il Collegato lavoro «che era stato rimandato alle Camere da Napolitano». Un documento «che dice che il lavoratore all’atto dell’assunzione può firmare di rinunciare ad andare da un giudice, ma avvalersi di un arbitrato… è una licenza ad uccidere!», dato che all’atto dell’assunzione nessun lavoratore è in condizione di resistere a simili pressioni.
Di qui l’invito a scendere in piazza a Roma.
Pieno l’appoggio dei presenti e calorosi gli applausi quando il segretario della Fiom ha preso posizione contro Cisl e Uil «ci accusano di aver rotto l’unità sindacale, quando sono loro che si sono macchiati di complicità assoluta dopo Pomigliano». Una stoccata anche alla politica e alla mancanza di una seria opposizione, anche se alcuni segni lasciano ben sperare, per questo «bisogna riorganizzare il popolo che lotta».
Il consigliere provinciale Renato Tettamanti ha invece riportato i dati della crisi nel Comasco negli ultimi tre anni. Su circa 550mila abitanti 150-180mila sono i lavoratori lariani e 19mila (3.500 immigrati) di loro sono passati per i Centri per l’impiego, un dato che va riparametrato col fatto che solo il 60 per cento si affida a queste strutture per la ricerca di un posto di lavoro: «Sono ben un quarto della popolazione lavorativa!». Gli avviamenti al lavoro sono stati 44mila, che comprendono anche solo i lavori temporanei di pochi giorni, e di questi solo il 21 per cento sono a tempo indeterminato «erano il 40 per cento solo tre anni fa» ha precisato Tettamanti. Dati che fanno il paio con quello della disoccupazione attestatasi al 5,6 per cento mettendo Como al terzo posto in Lombardia «per di più la cassa integrazione dal 2009 al 2010 è quadruplicata, Como non è più la provincia ricca che credevamo» ha concluso Tettamanti.
Una situazione difficile sottolineata anche da Giuseppe Donghi, segretario della Fiom di Como, che ha ricordato la crisi Sisme di Olgiate Comasco, «forse la più importante azienda metalmeccanica della provincia», che ha delocalizzato in Slovacchia all’estero 4 linee di produzione e messo in cassa integrazione 170 dipendenti. «Mancano gli strumenti per affrontare la crisi – ha denunciato il sindacalista comasco – viene fatto tutto per accompagnare all’uscita dal cancello i lavoratori e non per tenerli dentro». Lucia Cassina, segreteria provinciale Cgil Como, ha ricordato i maggiori problemi vissuti dalle donne «che ricoprendo ruoli medio-bassi nel mercato del lavoro sono quelle che ne vengono più espulse» e che soffrono di un aggravarsi di episodi di violenza anche nelle famiglie.
Dopo un breve dibattito Cremaschi ha tratto le conclusioni, anche amare «i governi europei, di tutti gli orientamenti politici, stanno svendendo alla globalizzazione la conquista più grande fatta dal continente, unico nel mondo, lo stato sociale».
Sollecitato dal pubblico sulle prospettive politiche per il paese ha quindi recisamente dichiarato: «Non ci sto tra una alternativa fra Berlusconi e Montezemolo, voglio costruire qualcos’altro», raccogliendo sonori applausi. Prima di andare un affondo anche per il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani «la Cgil deve dire con chiarezza e con coraggio no al Patto sociale proposto dalla Marcegaglia!». Per Cremaschi non bisogna neanche sedersi ad un tavolo in cui la controparte padronale non pone sul piatto nemmeno delle assunzioni «serve solo a imbrogliare i lavoratori».
L’invito è quindi a partecipare alla manifestazione. La partenza dei pullman sarà da Como sabato 16 mattina alle 5 del mattino dalle piscine di Muggiò e ritorno con partenza verso le 18 di sera da Roma. [Michele Donegana, ecoinformazioni]