Non si tratta di integrare, ma di convivere

Una cinquantina di persone hanno partecipato giovedì 19 aprile  a Diritti di cittadinanza e nuova polis, incontro alla Circoscrizione di via Grandi con Giuliana Sgrena e Celeste Grossi, organizzato da Paco-Sel. Guarda i video1 (intervento di Celeste Grossi)  video 2 (intervento di Giuliana Sgrena) di Giuseppe Milano [presto on line altri video]

Il luogo di questo incontro non è scelto a caso: la sede di una circoscrizione – simbolo di quel decentramento e di quella partecipazione all’amministrazione cittadina che qualcuno vorrebbe cancellare – e per di più di una circoscrizione inserita in quel quartiere di via Milano che è uno degli esempi più interessanti di convivenza e di multiculturalità della città e del territorio comasco, come ha sottolineato proprio in apertura Celeste Grossi. Convivere significa in primo luogo riconoscere i bisogni e i desideri, anche molto differenti, di donne e uomini con provenienze e appartenze non univoche, ed è l’esatto opposto dell’incomprensione e dell’ignoranza, su cui si costruisce la paura e quel malinteso bisogno di “sicurezza” tanto sbandierato contro gli stranieri.

Giuliana Sgrena nel suo intervento è partita proprio dall’esigenza di mediazione e di comprensione che è una operazione fondamentale di quella politica oggi tanto denigrata. Rivalutare la politica significa invece non cadere nel populismo e nel fondamentalismo, così da non mettere in crisi la democrazia, perché anche nel populismo alla Beppe Grillo si annida un gravissimo attacco alla democrazia, fondato sulla negazione della legittimità a tutte le altre posizioni. E proprio per opporsi a queste derive populiste, politica deve significare oggi non solo idee buone ma anche buoni comportamenti.

Al capo opposto di mediazione e comprensione sta il micidiale binomio paura e sicurezza, in cui il meccanismo della paura gioca il ruolo di una sorta di rappresaglia contro la diversità (chi non si conosce è respinto nell’ambito di chi “produce” paura); e dunque il comportamento da promuovere non è tanto quello della “tolleranza” ma quello dell’accettazione e della valorizzazione della diversità. Nel nostro Paese questo comportamento è ancora troppo marginale, e siamo in presenza di una sorta di paradosso, per cui l’Italia è ormai una realtà multietnica, ma non è ancora riuscita a diventare multiculturale. In questo quadro si possono poi interpretare anche alcuni comportamenti delle persone immigrate, che a volte si richiudono in modelli culturali rigidi per preservarsi dalla contaminazione di una realtà locale che si mostra ostile (caso tipico, secondo Giuliana Sgrena, è l’uso del velo, spesso diffuso tra le donne immigrate come simbolo di difesa e di distanza dalla cultura del paese “ospitante”). Non bisogna però dimenticare che per promuovere la convivenza servono anche misure concrete e leggi: manca ancora in Italia il riconoscimento concreto del diritto di cittadinanza (dall’acquisizione automatica della cittadinanza per le persone nate in territorio italiano allo snellimento delle pratiche di concessione della cittadinanza per le persone immigrate), così come vengono continuamente rimossi alcuni diritti elementari tra cui quello – universale – del diritto a muoversi. C’è in questa chiusura, secondo Giuliana Sgrena, non solo una sostanziale miopia politica, ma anche l’incapacità di cogliere le linee generali del futuro del nostro Paese, inevitabilmente legato – anche dal punto di vista economico – all’area mediterranea: se l’ipotesi di chiudere le frontiere è antistorica, per una nazione protesa come un ponte tra continenti diversi è addirittura insensata.

Negli interventi delle persone del pubblico è poi stato approfondito il tema del ruolo delle donne in questa fase politica e anche l’evoluzione della situazione nei paesi arabi del mediterraneo. Particolarmente interessanti le puntualizzazioni di Giuliana Sgrena sulla rivoluzione tunisina, che da giornalista ha seguito con particolare attenzione: una rivoluzione non violenta – in cui i gruppi femminili hanno avuto un ruolo fondamentale – profondamente diversa da quella, rapidamente militarizzata, della vicina Libia.

Il contributo musicale del coro Le belle di note ha chiuso l’incontro con una positiva iniezione di energia. [Fabio Cani, ecoinformazioni]

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