Le donne reggono il mondo
Il commercio equo e solidale è “per tutti” , ma rivolge una spiccata attenzione al mondo delle donne e alla questione di genere, da vari punti di vista. Quantitativo: la maggioranza dei produttori attivi nelle organizzazioni di commercio equo di base sono donne. Qualitativo: la condizione femminile costituisce spesso un parametro essenziale per valutare a livello locale le effettive condizioni di parità di diritti e di progresso culturale e sociale. Culturale: rispetto alle attività economiche di ampie parti del pianete, le donne svolgono un ruolo tanto essenziale quanto spesso negato e misconosciuto. Da queste premesse è nato l’incontro di giovedì 28 giugno alla Feltrinelli di Como per la presentazione del libro edito da Altreconomia Le donne reggono il mondo. Intuizioni femminili per cambiare l’economia. L’incontro, organizzato dall’Associazione Garabombo, ha visto la presenza di Beatrice Costa, autrice del libro insieme a Elena Sisti, e la partecipazione di un pubblico numeroso e interessato.
Le donne reggono il mondo. Una provocazione? Forse, per qualcuno. Per tutti un messaggio forte e coraggioso che si riferisce al peso che le donne reggono nella società , cioè al contributo che portano all’economia in termini di lavoro. Se si tiene conto di tutto il lavoro di cui le donne si fanno carico, conteggiando quindi non solo quello formale che risulta dalle statistiche di mercato ma anche quello informale e non retribuito, le stime disponibili in tutti i paesi dicono che le donne lavorano ovunque più degli uomini.
Beatrice Costa presenta una serie di dati a supporto dell’affermazione contenuta nel titolo. Un recente studio delle Nazioni Unite evidenzia che in tutti i paesi del mondo, ancor oggi, la maggior parte del lavoro domestico e delle attività di cura dei bambini, degli anziani, degli ammalati e delle persone diversamente abili sia svolto prevalentemente da donne. Ma tutto questo lavoro rimane ad oggi invisibile perché non misurato adeguatamente e solo raramente stimato. Accade così che il contributo di tutte queste attività allo sviluppo economico e sociale venga sistematicamente sottovalutato.
Le autrici vogliono invece ridare a questo lavoro il giusto valore e iniziare a parlare di economia in una prospettiva di genere. Analizzare ad esempio quali conseguenze abbia la crisi economica sulla vita di uomini e donne e capire le ragioni di eventuali impatti differenti è un’analisi di genere. Così come valutare le conseguenze che hanno rispettivamente su donne e uomini alcune misure di carattere fiscale o taluni provvedimenti legati all’urbanistica o ai trasporti in una città. Poche sono le cose che si possono definire in tal senso davvero neutre. Indossare le lenti “di genere” in economia porta a svelare la visione al femminile dell’economia, lo sguardo, le intuizioni delle donne, da cui deriva anche la ridefinizione degli obiettivi stessi dell’agire economico e del concetto di benessere.
Il fatto che gli economisti siano stati storicamente in gran maggioranza uomini ha probabilmente influito sul fatto che il pensiero economico oggi dominante abbia tra gli assiomi fondamentali la prevalenza di caratteristiche tradizionalmente maschili, quali individualismo, presunta razionalità, utilitarismo, elevata propensione al rischio e tendenza alla concorrenza. Elementi quali la comunità, il sentimento, l’irrazionalità, l’empatia, la relazione, rimaste “cose da donne”, sono state relegate nella sfera del privato. E’ ora di capire che l’aver sottovalutato quello che le donne fanno non ha dato buoni risultati.
Se il testo si propone da un lato di svelare differenze di genere, vuole dall’altro anche proporre alternative nell’interpretazione di tematiche e problemi e nello studio delle possibili soluzioni. L’approccio che vede il “fattore D” come investimento produttivo all’attuale sistema non consente lo slancio trasformativo che le autrici hanno in mente: se le donne servono solo come nuove consumatrici, migliori leader, ottime investitrici in un sistema che è dato e in cui vanno a giocare un ruolo di mera aggiunta e amplificazione dell’esistente, non si riusciranno a cambiare i presupposti che rendono il presente assetto economico parziale, ingiusto e sostenibile. Si vuole invece ripensare, ricostruire e dare luce a quello che per molto tempo è rimasto nell’ombra: l’enorme contributo delle donne all’economia. Per provare a cucinare un futuro diverso. [Emauela Tagliabue per ecoinformazioni]