Les Dogon

Bimba al mercato di DourouCinquanta scatti del misterioso popolo di contadini guerrieri che dal XIV secolo vive in Mali ai piedi della falesia di Bandiagara, mostra fotografica di Massimo Allegro allo Spazio Natta, in via Natta, a Como con la collaborazione e il patrocinio del Comune di Como e il patrocinio della Federazione italiana associazioni fotografiche. Inaugurazione sabato 30 marzo alle 16.30. Aperta fino al 14 aprile da martedì a venerdì dalle 16 alle 19.30, sabato e domenica dalle 10.30 alle 13 e dalle 15.30 alle 19.30. Ingresso libero

Il fabbro di Irelì«La falesia è una depressione rocciosa di circa 300 metri che taglia l’Africa Occidentale per una lunghezza di circa 100 km – spiega la presentazione della mostra –. A poca distanza l’uno dall’altro sono situati i villaggi dove vivono ancora oggi circa 300mila persone. Le immagini sono accompagnate da alcune “perle di saggezza Dogon” estratte dal libro Dio d’acqua, scritto dall’etnologo francese Marcel Griaule e pubblicato verso la metà del ‘900.  Griaule ebbe accesso alla più alta conoscenza Dogon grazie ai dialoghi avuti con il saggio cieco Ogotemmeli che, in un periodo di circa un mese, gli trasmise la concezione del creato, della vita, del Divino della genesi del proprio popolo. Fu una operazione ragionata da parte degli anziani del villaggio di Sanga che, spaventati dalla forte emigrazione che stavano vivendo in quel periodo i villaggi dogon, decisero di trasferire la loro conoscenza all’europeo affinché egli rendesse eterna la loro cultura tramite la pubblicazione del libro. Apparve subito chiaro quanto complessa e fosse la loro cultura».

Per le vie di Ende«Quanto di più lontano rispetto ai pregiudizi degli europei nei confronti dei popoli dell’Africa nera – spiega il testo –. Una forte simbologia presente in ogni attività svolta, che si ricollega alla mitologia della creazione dell’universo e una profonda conoscenza della cosmologia sono le caratteristiche che più colpiscono della cultura Dogon. Le conoscenze cosmologiche pongono poi questo popolo a livello di altri e più famosi popoli dell’antichità come Greci o Egizi. Per molti antropologi questa operazione fu un rischio perché era il primo testo scritto per una cultura africana, in un contesto generale dove le culture si trasmettono per via orale, tramandate dagli anziani alle nuove generazioni,  e che per questo motivo sono mobili e mai uguali a se stesse».

Vecchio intreccia Corde al Togonà«Seguendo le parole di Ogotemmeli e di Griaule, Allegro ha visitato più volte i villaggi dogon per indagare la cultura di questo popolo e verificare come si è evoluta a 70 anni dall’indagine di Griaule. Il percorso fotografico raccoglie immagini d’insieme e di dettaglio: la terra Dogon, la vita quotidiana, le tradizioni. La giornata Dogon scorre all’insegna del lavoro. L’agricoltura è occupazione sia maschile che femminile. I contadini coltivano piccoli campi e orti strappati alla roccia e alla siccità. Nessuna macchina in loro aiuto; la mattina presto, lontano dalle ore torride della giornata, uomini e donne sono chini a zappare la loro terra oppure si recano al pozzo a riempire le loro calabas per innaffiare gli ortaggi. Gli uomini si occupano anche di caccia, pesca, pastorizia e tessitura (arte sacra riservata a pochi eletti), le donne seguono le faccende domestiche, cucinano, si occupano dei figli, lavorano la digitaria (cereale sacro, base dell’alimentazione). Niente corrente elettrica e niente orologi; il fuoco illumina le case di fango mentre la giornata inizia con la luce dell’alba e termina al buio del tramonto. I giorni di mercato (uno ogni cinque) scandiscono il susseguirsi delle settimane. Il mercato è anche luogo di incontro per gli individui delle diverse famiglie sparsi nei diversi villaggi della falesia». [md – ecoinformazioni]

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