Carlo Viganò. Storia di un incontro fra psichiatria e psicoanalisi

Vigano_Como Sabato 20 aprile la scuola Lacaniana di Psicoanalisi, grazie alla disponibilità del Dipartimento di Salute Mentale  dell’Azienda Ospedaliera Sant’Anna di Como,  ha svolto il convegno Carlo Viganò. Storia di un incontro fra psicoanalisi e psichiatri”.

L’incontro si è tenuto nell’area dell’ex Ospedale Psichiatrico San Martino che costituisce uno spazio dall’indubbio valore storico-culturale e di grande attualità, vista la decisione di ubicarvi il Campus universitario della città. Nonostante la pioggia battente, che ha sicuramente scoraggiato alcuni intenzionati a partecipare, l’appuntamento ha suscitato molto interesse tanto da  portare una cinquantina di persone, provenienti da tutta la Lombardia e dal Canton Ticino a questo momento non meramente commemorativo e volto ad un confronto circa il lascito avuto da uno dei più autorevoli esponenti della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi. La maggior parte dei presenti aveva conosciuto personalmente Carlo Viganò, avendolo avuto come suo analista, supervisore, collega di lavoro oppure docente negli Istituti di Specializzazione in cui insegnava.  Viganò nacque a Giussano nel 1943 e si laureò in Medicina, in una facoltà in cui si impegnò a laurearsi negli anni della contestazione ed a militare con ruoli di responsabilità fra gli studenti cattolici.  Il rifiuto del mondo dei “baroni” lo portò ad intraprendere da subito l’attività clinica, proprio in quello che era all’epoca il Manicomio Provinciale di Como. L’ulteriore incontro decisivo per la sua formazione fu quello con il celebre psicoanalista francese Jacques Lacan, anch’egli uomo di origine borghese ma fortemente interessato alle elaborazioni della gauche di formazione marxiana ed alle dinamiche del Maggio del 1968 parigino in cui fu uno dei principali punti di riferimento culturale. Viganò svolse la sua analisi personale (percorso fondamentale per la formazione di uno psicoanalista ed anche di un essere umano) a Parigi, appunto con Lacan. Egli lavorò a Como e provincia, presso l’istituzione pubblica sino al 1992, e quindi privatamente, fra l’altro presso il Centro Jonas, fino alla sua morte avvenuta nel febbraio 2012. Si trova una più ampia descrizione di tale percorso nel recente libro Psichiatria non psichiatria (Ed. Borla, Roma).

Dopo i saluti di Claudio Cetti, Direttore del Dipartimento Salute Mentale di Como, si sono svolte due sessioni di lavoro. Nella prima, dal titolo La costruzione del caso clinico: memoria di una pratica diverse testimonianze di Membri della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi, fra cui la mia, hanno descritto come Viganò applicasse l’orientamento psicoanalitico al trattamento istituzionale attraverso il dispositivo della costruzione del caso. Partecipai agli incontri di costruzione del caso coordinati da Viganò, dal 1994 in cui mi laureai, per oltre un decennio e questo fu il mio primo grande insegnamento per la lettura di un caso clinico  Ci trovavamo in un gruppo di una decina di colleghi ed, a turno, uno di noi presentava degli appunti di situazioni cliniche, spesso molto complesse, nel cui trattamento ravvisava delle difficoltà. Ho ricordato il metodo di lavoro di Viganò che usava due fogli A4 per prendere appunti: su quello a sinistra li annotava quanto alla storia del soggetto, su quello a destra circa le scansioni dei vari e spesso numerosi tentativi di cura. Quindi esplicitava la sua lettura della posizione soggettiva del paziente, offriva indicazioni preziose per poter aiutare lui ed i suoi familiari, ne ipotizzava la prognosi per il futuro.

Carlo Viganò non fu il mio analista ma fu, invece, il mio primo supervisore. Alcuni dei colleghi intervenuti in questa sessione svolsero con lui la propria analisi personale ed hanno testimoniato di svariati momenti di tale esperienza, ovviamente, rimasta per loro indelebile. Un concetto è stato più volte citato: «Non c’è clinica senza l’etica della costruzione del caso clinico», a partire da Costruzioni nell’analisi, uno degli ultimi testi di un Freud molto vicino agli esponenti della socialdemocrazia austriaca.

La seconda sessione ha citato, sin dal titolo Sant’Elia: La città nuova ovvero l’inclusione della follia. Diverse esperienze hanno dimostrato quanto Carlo Viganò puntasse ad operare un reinserimento di soggetti esclusi, emarginati dal sociale: Luca Mingarelli ha mostrato un video circa la Comunità Rosa dei Venti dove Viganò lavorò negli ultimi anni della sua esistenza, Orlando Del Don ha dato prova di come la psicoanalisi si possa applicare al campo della politica e delle istituzioni descrivendo la sua militanza nel Ticino, Angelo Villa ha raccontato l’esperienza dell’ereditare la stanza del CPS di Mariano Comense dallo stesso Viganò per svolgerci la sua pratica clinica istituzionale.  Massimo Gavarini ha raccontato le vicende del suo volontariato in Manicomio, dove incontrò Viganò, allorquando questo era un luogo chiuso in cui nessuno poteva entrare e le evoluzioni di tale struttura a partire dalla Legge Basaglia fino alla chiusura dell’Ospedale Psichiatrico.[1] L’evento Basaglia è stato messo in luce da Giuliana Kantzà, la quale coordinava il dibattito, come un altro dei riferimenti fondamentali per Viganò.

Credo che l’eredità fondamentale lasciataci da Carlo Viganò sia quella di considerare il soggetto con disturbi psichici un soggetto con pari dignità di quello apparentemente sano, di riconoscerlo come un essere umano con un suo modo di funzionamento del tutto rispettabile e, molte volte, efficace. Come diceva Lacan, si tratta di accogliere il soggetto con sofferenza psichica, senza imporgli il nostro modo di godimento, “non considerandolo un sottosviluppato”. Il disturbo psichico va distinto da un minus, da una forma di disabilità, da un disfunzionamento che andrebbe estirpato oppure corretto. Quello che per la clinica psichiatrica viene molte volte considerato un deficit, un difetto, una malattia è per la psicoanalisi la parte più preziosa del soggetto stesso.  [Roberto Pozzetti per ecoinformazioni]


[1] Per una trattazione più ampia della storia dell’Ospedale Psichiatrico di Como, rinvio a Un manicomio di confine. Storia del San Martino di Como di Gianfranco Giudice, Laterza, Bari, 2009. Giudice si è recentemente attivato in merito alla vicenda degli archivi dell’Ospedale, contenenti le preziose cartelle cliniche, attualmente ubicati a Parma.

Scopri di più da [Arci - Giornalismo partecipato]

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading