
Tra sirene e bombe/ difesa dei civili
All’Istituto di Storia contemporanea “P.A.Perretta”, venerdì 30 maggio, è stato presentato il libro di Maria Antonietta Breda e Gianluca Padovan: Como 1915-1945: protezione dei civili e rifugi antiaerei. Una disamina sulle opere di difesa dei civili dai bombardamenti aerei nella città di Como. Inedita e piacevole la presenza di ricercatori, non storici, per la ricostruzione di un quadro veramente insolito, come appendice al ciclo dei seminari organizzati dall’istituto. Come ha simpaticamente apostrofato Fabio Cani in apertura: “se fossimo ad un concerto rock, quella di oggi sarebbe la bonus track”. E’ stato necessario verificare i materiali bibliografici sulla protezione dei civili, al fine di poter rivalutare documenti inediti e poterli mettere a disposizione in modo ragionato. Un libro che ha messo insieme due guerre (1915, 1945) per dare un quadro complessivo di come era organizzata la città. I due ricercatori, lei architetta e lui speleologo, avevano già pubblicato un volume con i rifugi milanesi, mentre quello appena uscito (marzo 2014) racconta di luoghi noti ai comaschi come rifugi: spiccano la Croce Rossa (attualmente in fase di restauro), il Tempio Voltiano e quello murato situato in via Lucini, ma nel 1942, a Como, erano presenti 2057 rifugi. Che fine hanno fatto? Si parla poi nel dettaglio dei rifugi, che per questioni politiche vennero chiamati ricoveri, come ha spiegato Padovan : « affinché risulti meno inquietante e più rassicurante alle orecchie dei civili »; si tratta di luoghi, spesso sotterranei (cantine, gallerie,…) per resistere ai crolli superiori, che venivano realizzati per proteggere le persone in caso di bombardamento, e per questo dovevano rispondere a parametri di sicurezza, che talvolta erano trascurati. Tra l’ingresso e il rifugio c’era un antiricovero, poi una porta d’acciaio lasciava alle spalle l’eventuale pericolo. All’interno c’erano delle sedute, in legno o mattoni; dovevano essere presenti scorte di viveri, acqua potabile, materiale di primo soccorso, materiale antincendio e pale-picconi. Erano dotati d’impianto per il ricambio d’aria, ma questo non era abbastanza: le maschere anti gas dovevano essere presenti. Un aneddoto raccontato è stato il ritrovamento, nel rifugio della Croce Rossa di Como, di maschere con attaccate etichette riportanti il nome delle persone che avrebbero dovuto usarle in caso di bisogno. L’aspetto più sorprendete e spesso dimenticato è la propaganda che era organizzata per diffondere informazioni sull’utilizzo delle maschere anti gas: come comportarsi al suono delle sirene, e in generale le normative diramate su come agire concretamente. Una pubblicistica che deve informare anche analfabeti: fatta da immagini, fumetti e fotogrammi; vennero preparati prontuari da distribuire agli operai delle fabbriche.
La loro è stata un’esposizione chiara, supportata da immagini che lasciano con la voglia di conoscere una Como sotterranea, legata al vissuto dei civili che hanno dovuto convivere con la paura soffocante di correre al riparo, seppur la città sia uscita praticamente intatta dai bombardamenti.
Come è stato ricordato, anche nell’ultimo reportage di Andy Rocchelli, giovane fotografo ucciso in Ucraina alcuni giorni fa, i rifugi esistono ancora e possiedono le stesse caratteristiche. Purtroppo, in casi come questo, vengono ancora utilizzati attivamente. [Barbara Rizzi, ecoinformazioni]