Priorità alla scuola anche a Como

Anche Priorità alla scuola Como ha aderito allo sciopero nazionale di docenti, studenti, genitori e lavoratori del mondo dell’istruzione, proclamato per venerdì 26 marzo. Nel pomeriggio, in piazza Verdi, Pas ha organizzato un presidio statico a cui hanno partecipato docenti, genitori e studenti di tutte le età che, nel pieno rispetto delle norme anti-covid, sono tornati a chiedere che un progetto per una scuola sicura e in presenza sia messo in cima all’agenda politica delle istituzioni locali e nazionali.

[Foto Fabrizio Baggi]

Dopo un anno dall’inizio della pandemia, la linea politica non sembra cambiare: aperture e chiusure si susseguono, dad e scuola in presenza si alternano senza criterio, seguendo una volta il colore delle zone, un’altra l’indice rt. Da quando al governo è salito Mario Draghi, non sono più solo gli e le studenti superiori le vittime di questo valzer, ma anche chi frequenta gradi scolastici inferiori.
Come ha sottolineato Giuliana, insegnante, la scuola sta venendo minata nel profondo e chi la vive nel quotidiano è posto in una condizione di fragilità intollerabile. Chiudere in camera per mesi studenti e studentesse sta avendo effetti estremamente negativi sulla loro condizione psicologica prima ancora che sul loro rendimento scolastico. Una nazione che ignora l’istruzione e la formazione è una nazione destinata a non avere un futuro.

Importante il contributo apportato dagli studenti alla manifestazione, tra appelli alla resistenza nonostante la dad e un invito a ripensare la scuola.
La dad sta esasperando una serie di aspetti critici che l’istruzione presentava già prima del covid, ma che ora non si possono ignorare.
Il sistema scolastico ha sempre previsto una dinamica frontale in cui il docente riempie di mere nozioni la classe, che poi deve ripetere ciò che ha imparato per guadagnarsi il passaggio dell’anno. Lo/la studente è dunque assimilata a un numero; non conta ciò che apprende, ma solo ciò che ripete nel momento della valutazione. Dietro lo schermo, tutto ciò si è estremizzato, alienando completamente gli/le studenti da chi insegna e riducendo il rapporto tra questi due ruoli alla semplice valutazione.
Ma il problema non è solo questo: come ha sottolineato Davide, studente, nel suo intervento, tutto ciò che ruota intorno alla scuola è ostile ad un rientro sicuro. Dai trasporti alla non volontà di allestire un sistema di screening efficiente per garantire la sicurezza tra i banchi, l’istruzione sembra essere considerata meno importante rispetto alle attività di profitto e gli istituti scolastici rimangono serrati, mentre le saracinesche dei negozi restano sollevate.

Tornare in presenza e in sicurezza, come hanno reclamato i manifestanti, è una necessità di chi lavora e cresce nella scuola e un dovere nei confronti del futuro del paese stesso.
Costringere gli studenti a stare chiusi in camera senza avere contatti con i compagni è un’enorme costrizione psicologica prima ancora che fisica, ma ciò non va solo a loro discapito. Sfiduciando, frustrando e gettando nella depressione un’intera generazione ci si garantisce un futuro connotato dall’individualismo e dal nichilismo che conseguono direttamente da una condizione come quella a cui i/le giovani sono costretti da oltre un anno. [Pietro Caresana, ecoinformazioni]

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: