
Diritti/ Asilo e accoglienza in Ticino
Si è svolto sabato 11 febbraio 2023 a Lugano, nell’auditorium dell’Università della Svizzera italiana, l’incontro dedicato al Diritto d’asilo, ovvero Le nuove sfide dell’accoglienza tra diritti e vulnerabilità. L’incontro, nell’ambito del ciclo Ticino e diritti fondamentali, promosso dall’Usi, e organizzato in collaborazione con la Fondazione Azione Posti Liberi e la Fondazione Diritti Umani, ha rappresentato un’occasione di verifica della situazione nel Cantone Ticino, ricca di possibilità positive – come è stato ricordato nell’introduzione – per quanto gravata di molte criticità.
Si è cominciato infatti da uno sguardo generale sulle tendenze in essere per le persone rifugiate “forzate” (ovvero costrette da cause esterne al loro volere al trasferimento dai luoghi in cui vivono); in totale, oggi, tali persone hanno superato – nel mondo – i 100 milioni, soprattutto a cause delle numerose guerre in corso (“ufficialmente”, secondo la Banca mondiale, sono 23 le guerre in corso, anche se è noto che sono assai più numerose) che riguardano una popolazione complessiva di non meno di 850 milioni di persone; di queste persone rifugiate, l’83% proviene da paesi con redditi bassi e il 72% si è trasferito nelle nazioni immediatamente confinanti. Questo per chiarire che è del tutto priva di rapporti con la realtà la narrazione che lamenta un’“invasione” dell’Europa occidentale…
Nella sua analisi statistica Mario Amato, direttore del Soccorso Operaio Svizzero (SOS) del Ticino, ha poi messo a fuoco le cifre che riguardano la Svizzera: il totale delle persone “nel processo d’asilo” sono nella Confederazione elvetica 121.799 (4.833 in Cantone Ticino), mentre le persone rifugiate il cui diritto d’asilo è già stato riconosciuto sono 5.631 nella Confederazione (1.429 in Ticino). Bisogna poi considerare anche le cifre riguardanti le persone “straniere” ovvero quelle che provengono da fenomeni di migrazione non richiedenti asilo. In Svizzera in totale sono 2.239.432 (in Ticino 99.438); la maggior parte di queste persone ha un permesso “di dimora”, assai meno un permesso “di domicilio” o “di corta durata”. Il picco di domande è stato registrato nel 2015, con una lunga coda nel 2016, come anche nei territori italiani di frontiera si poté verificare; e la “crisi” della Stazione San Giovanni di Como dovrebbe avercelo insegnato.
Le sfide del prossimo futuro riguardano essenzialmente la tenuta del sistema svizzero di accoglienza dei rifugiati, proporzionato su una quota annuale di circa 24.000 domande, limite che – dopo qualche anno di stasi – sta di nuovo per essere raggiunto e, presumibilmente, superato. E questo solo per quel che riguarda il diritto di asilo in senso stretto, mentre per quanta riguarda le persone migranti, l’amministrazione statale elvetica fa largo uso delle norme “di Dublino”, ovvero espelle numerose persone, rimandandole nei paesi di “primo arrivo” in Europa, per esempio in Italia.
Si sono poi affrontati – nell’intervento dell’avvocata Valerie Debernardi – alcune problematiche concrete e in particolare i casi di vittime di tratta, per cui si sta cercando di rendere operanti le norme internazionali (soprattutto l’integralità della Convenzione europea dei Diritti Umani). Ancora però, in Svizzera, l’essere riconosciute vittime di tratta non è motivo sufficiente per il riconoscimento del diritto d’asilo.
Valentina Matasci, assistente sociale dell’Unité Psy et Migrants di Losanna, nel suo intervento ha riferito di concrete esperienze di presa in carico di persone richiedenti asilo nel Cantone Vaud, mettendo in evidenza il ruolo fondamentale di un intervento interdisciplinare integrato, capace di tenere insieme le varie problematiche interconnesse (sociali, somatiche, giuridiche…) in relazione con l’estrema precarietà e fragilità di queste persone e del contesto in cui sono inserite.
La conclusione dell’incontro è stata dedicata a una tavola rotonda su diverse proposte parlamentari e iniziative popolari su tematiche relative al diritto d’asilo e di migrazione nel Cantone Ticino.
L’importanza di un incontro come questo, in cui la Fondazione Azione Posti Liberi ha voluto dare la parola anche a don Giusto Della Valle, parroco di Rebbio, di cui è stata messa in evidenza la fondamentale azione a sostegno delle persone migranti in un territorio contiguo al Ticino, si misura sulla capacità di mettere in relazione mondi diversi, che spesso – soprattutto in Italia – non si parlano proprio: rappresentanti dell’Università, della politica e dell’amministrazione locale, dell’associazionismo e del volontariato si sono confrontati con una realtà complessa, tutt’altro che conosciuta nei suoi dettagli più drammatici, offrendo sguardi differenti e mettendo reciprocamente a disposizione delle altre persone partecipanti informazioni e indicazioni.
Esattamente quello che, da parte italiana, si fatica a fare, nel disinteresse delle istituzioni politiche e culturali. Per questo è molto importante, addirittura essenziale, riuscire ad allacciare rapporti efficienti tra realtà di frontiera. [Fabio Cani, ecoinformazioni, Como senza frontiere]