eQua 2023/ Dialogo sulla povertà

Ad un anno di distanza dalla prima edizione, svoltasi a Bergamo all’indomani dello scoppio della guerra in Ucraina, Arci torna a riunirsi e confrontarsi all’interno di eQua: l’appuntamento nazionale, per questa occasione racchiuso nella cornice di Cremona, quest’anno si concentra sulle diseguaglianze sociali e in particolare sul rapporto tra esse e la povertà che sempre più prepotentemente investe ciascun ambito della società, mordendo i fianchi di settori fondamentali per il benessere pubblico come salute, scuola, lavoro. Dal 13 al 15 aprile Arci interroga e si interroga trasversalmente (a livello nazionale fino ai circoli che illuminano con le proprie attività moltissimi territori da Nord a Sud dell’Italia) su come costruire dialogo ed azioni efficaci con tutti i «compagni di strada» e la lotta contro i fronti di tempesta sempre più cupi che si stagliano all’orizzonte.

In un paese in cui centomila persone sono in condizione di lavoro regolarmente contrattualizzato ma pagato sotto la soglia di povertà (840 euro mensili) e in cui la povertà assoluta è in forte aumento, discutere di pari opportunità ed uguaglianza è fondamentale. La povertà è un tema complesso non solo per la variabilità storica a cui è soggetto, tra crisi finanziarie e sanitarie, ma anche perché è difficile collocare esattamente una linea che separi chi rientra nella definizione di “povero” e chi invece no.
Elena Granaglia, autrice di Uguaglianza di opportunità. Sì, ma quale? (Editori Laterza) è stata la prima relatrice di eQua 2023 ed ha riflettuto, imbeccata da Claudio Jampaglia di Radio popolare, sulla pericolosità di questa difficoltà di individuazione di una situazione che rischia di colpire molte più persone di quelle che allo stato attuale delle cose sono povere.

L’urgenza del problema implica l’importanza di una mobilitazione di risorse che consenta, a livello nazionale, una crescita inclusiva. Il salario minimo è la prima misura da implementare e ad esso si accosta l’importanza di un sostegno al reddito. Il reddito di cittadinanza non è stato efficace in senso lato, ma il fatto che migliaia di persone siano state salvate dalla caduta sotto la soglia di povertà è incontrovertibile.
Secondo la prima relatrice, comunque, a fronte della temporaneità degli ammortizzatori, sembra essere necessaria una misura di prevenzione secondaria: un reddito che, in un arco di tempo più lungo rispetto agli ammortizzatori contributivi, permetta di non doversi rivolgere direttamente al sostegno minimo statale.
La realtà politica italiana, però, sembra andare in senso opposto: in un primo senso, incentivando la precarizzazione del lavoro con estensione dei voucher e detassazione delle mance; in un altro, applicando il criterio di occupabilità in modo distorto, legandolo cioè al carico familiare (figli da mantenere o persone anziane o disabili da assistere). In sostanza, il nuovo governo sta aprendo ad un futuro di insicurezza occupazionale e di forte difficoltà di accesso al sistema di sostegno alla povertà, situazione che colpirà moltissime persone, soprattutto giovani.
Di fronte alla sempre maggiore insicurezza sociale, il depotenziamento del sistema di welfare, tanto sul piano dei sussidi quanto su quello del finanziamento alla sanità pubblica (sempre in calo), delle condizioni lavorative, si fa sempre più evidente la discrasia tra ciò che servirebbe in termini di redistribuzione e crescita inclusiva e la sistematica, politica e culturale negazione della giustizia sociale.

L’idea di poter agire politicamente come free riders indipendenti rispetto ad uno scenario continentale che invece si interroga molto sulla povertà, quel pensiero che porta a combattere una guerra tra poveri che associazioni e sindacali dovrebbero contrastare attivamente, ha insomma prezzi sociali vertiginosi. Le persone giovani sono la categoria sociale più colpita.
Gianluca Cerruti, secondo relatore (anche in ordine di arrivo data la giornata piovosa e le difficoltà di spostamento interregionali) e docente di politica economica all’Università degli studi di Genova, ha posto l’attenzione sul fatto che siano le, non la singola, inflazioni siano l’elemento più preoccupante tanto per i nati tra gli anni ’80 e ’90 quanto per la cosiddetta “generazione Z”. Lavoro in nero, part-time involontario e lavoro atipico in generale vedono sovrarappresentati i giovani, così come moltissimi giovani sono etichettabili come “working poor”, poveri nonostante il lavoro. Ancora una volta, la situazione sociale è determinante nell’incasellamento di questa classe di poveri, che sono più in Italia che in tutto il resto d’Europa.
Sono figli e figlie delle crisi, da quella economica del 2008 a quella pandemica del 2020, fiaccati tanto nei redditi e nei costumi quanto sul piano dei risparmi; la scarsa educazione finanziaria non aiuta a trovare strumenti alternativi a combattere l’inflazione. Il conto, a livello sociale, non è salato solo sul piano del benessere economico: l’impossibilità di consumare e quindi di vivere un certo tipo di vita presenta un rischio psicologico che durante la pandemia si è visto essere molto alto.

Tutto ciò, però, sembra essere di poco conto per le istituzioni finanziarie, se è vero che la Banca centrale ha aumentato i tassi d’interesse, cosa che rende più complicata anche l’accensione di mutui e, di conseguenza, l’uscita di casa ed il ricambio demografico. Altra conseguenza di un sistema così sfavorevole è che cala l’espressione di potenziale dei giovani in ambito accademico visto che sempre più frequentemente alla spesa dello studio, visto sempre più come perdita di tempo, si sostituiscono lavoretti precari ma visti come ancora di salvataggio in famiglie spesso in difficoltà economiche.
Nuovamente, il problema è politico, ma i governi (non solo l’ultimo) non sembrano aver la capacità prospettica di agire per tutelare la democrazia ed il sistema-paese in generale.


I due interventi di Granaglia e Cerruti hanno aperto al primo momento congressuale della seconda edizione di eQua. A dialogare con la relatrice ed il relatore sono stati chiamati Walter Massa, presidente di Arci nazionale, Gian Paolo Barbetta, docente di politica economica all’università Cattolica di Milano e Rosita Viola, assessora alle politiche sociali e delle fragilità del comune di Cremona.
Barbetti ha fatto notare che fin dal Rapporto sulle disuguaglianze 2022 di fondazione Cariplo mostra la socialità del problema della povertà: sembra non funzionare l’ascensore sociale nemmeno a livello scolastico. Date le condizioni economiche della famiglia di appartenenza, i risultati ottenuti ai gradi scolastici inferiori non solo sembrano essere predittivi rispetto al futuro, ma testimoniano anche di una disparità in parte socialmente congenita: professione, provenienza e titolo di studio dei genitori incidono fortemente sul “destino scolastico” e poi lavorativo di studenti e studentesse. Non basta insomma la lente economica, serve un’azione forte a livello sociale; l’assenza di interventi segna non solo una disuguaglianza interna tra benestanti e poveri, ma anche un dislivello forte tra l’Italia e gli altri paesi europei.

Prossimità, mediazione e personalizzazione dei servizi sono le carte da spendere sul territorio, in sinergia tra enti locali e associazioni, per tentare di colmare un vuoto che è, però, sistemico e legato ad una precisa volontà politica. Rosita Viola ha ragionato sull’importanza delle reti traducendo i discorsi più teorico-economici dei relatori che l’hanno preceduta attraverso un’esperienza locale che, soprattutto dall’avvento del Covid-19 in avanti, è stata segnata dalla questione dell’accompagnamento e dell’assistenza dei nuovi e sempre più numerosi poveri.
Proprio in risposta a questo appello di cooperazione a partire dalle realtà situate ha preso parola Walter Massa, che ha sottolineato l’importanza di formarsi e studiare queste tematiche per poterle poi svolgere nella prassi. Di fronte allo smantellamento del welfare e alla crescita dell’inflazione da un lato e di spese, come quelle belliche, contrarie ai valori di una sinistra di cui Arci rivendica di fare parte, serve agire in una prospettiva non necessariamente europeista, ma attenta ai diritti umani e sociali.

A fronte dell’emergenza costituita dalla povertà, resa tanto più pressante, paradossalmente, dal suo non essere casuale e sporadica ma sistemica, è necessario ripensare la distribuzione della ricchezza ma anche la società nei suoi meccanismi di diseguaglianza, che si avviano fin dalla nascita e si radicano intergenerazionalmente. Da un punto di vista territoriale e localizzato, l’azione sembra essere doppia: da una parte bisogna concretizzare un sostegno all’altro che sia e mutualistico e, in caso di necessità, assistenzialista. Ma oltre a questo sembra essere necessario uno spostamento sul piano del pensiero dato che una certa retorica, come ha affermato Granaglia, presenta determinate misure (ad esempio di tassazione) come misure redistributive. Serve, per contrastare alla radice le disuguaglianze, comprendere che il sistema produttivo per come è configurato dall’800 in avanti produce una ricchezza che prescinde dallo sforzo profuso per generarla; d’altra parte la finanziarizzazione è prova tangibile della separazione tra lavoro e ricchezza circolante. La povertà si combatte a partire da un lessico appropriato e conscio della realtà che descrive: non si tratta di redistribuire, ma di compiere una distribuzione che sia equa.
Accompagnate dall’intervento del sindaco di Cremona Gianluca Galimberti, che accanto ad una tanto affabile quanto ferma invocazione alla politica come vero centro nevralgico – anche istituzionale – da cui dipanare il lavoro, le osservazioni delle e dei presenti stimolano relatori e relatrici ad una riflessione a tutto tondo: dalle mense della scuola dell’obbligo alla disparità di prospettive di realizzazione diverse da periferia a centro, da Nord a Sud, dalla differenze tra mutualismo e assistenzialismo, dal riportare – nelle parole di Luciana Castellina, presidenta onoraria di Arci nazionale – la povertà come vero soggetto nei discorsi politici e non come mero oggetto di dibattito, ciascuna voce e ciascuna proposta dinamica sono solo le prime, vivaci fondamenta di questa nuova edizione. [Pietro Caresana e Sara Sostini, ecoinformazioni]

Sfoglia il numero di aprile del mensile ecoinformazioni interamente dedicato all’iniziativa.


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