Milano tenta la resistenza climatica

Fridays for future, almeno a Milano, continua a scendere in piazza. Nel primo venerdì successivo a quello che passerà alla storia come il mese più caldo di sempre, il 6 ottobre, almeno duemila persone hanno attraversato le vie milanesi in occasione della mobilitazione nazionale ecologista. 

Si può comunque dire che, nei mesi passati dall’ultimo sciopero globale per il clima, le cose in Italia sono cambiate. Infatti, il clima politico si è fatto progressivamente più repressivo, il divario sociale è sempre più ampio e l’agibilità per i movimenti di sinistra diminuisce a vista d’occhio. Resistenza climatica, allora, è un binomio quanto mai pertinente: ecologismo e antifascismo ed antirazzismo, a fronte della tendenza reazionaria che il paese sta vivendo, sono temi ormai inevitabilmente intrecciati.

Il corteo ha attraversato la città alternando interventi dal carro di testa ad azioni simboliche che hanno puntato il dito contro i principali responsabili dell’inazione contro crisi climatica ed ingiustizia sociale. I colossi del fast-fashion, che sfruttano migliaia di persone nei Paesi in via di sviluppo per produrre vestiti di scarsa qualità e di breve vita, ed il governo, che taglia i fondi di welfare ma sigla accordi con imprese petrolifere e stati non democratici, sono due degli indiziati principali. Insieme a loro, tutte le aziende, le imprese e le giunte comunali e regionali che, anziché tutelare il settore pubblico e la cittadinanza, fanno gli interessi dei privati: Milano-Cortina è ormai incombente, e sarà un disastro ecologico.

In parallelo, le manifestanti, in prevalenza provenienti dal mondo studentesco nonostante la presenza di Arci, Fiom e vari comitati ambientalisti locali, hanno espresso solidarietà all3 studenti malmenat3 dalla polizia a Torino a inizio settimana. Non poteva e non è mancato, infine, un riferimento alla questione abitativa, tema caldissimo nell’ultimo periodo e simbolo chiaro delle responsabilità politiche rispetto ad una forbice sociale che vede i ricchi privilegiati e abbandonati tutti gli altri.

In una fase di crisi evidente della partecipazione politica dal basso, Fridays for future continua a tentare di mantenere alta l’attenzione nei confronti della tragica situazione climatica. La prima manifestazione del nuovo “anno politico” testimonia della capacità del movimento di richiamare ancora persone sebbene molte, troppe meno rispetto agli esordi del movimento. Ciò che sembra mancare è non solo un’estesa consapevolezza non tanto della necessità, quanto addirittura della possibilità di adottare determinate pratiche politiche da parte della cittadinanza (lo sciopero, nella fattispecie). 
D’altronde, la sordità, la miopia e la collusione con i padroni del fossile della classe politica rendono di fatto impossibile qualunque dialogo costruttivo verso un’azione concreta. Eppure, i dati parlano chiaro e non solo sul medio periodo, ma anche nell’immediato presente l’Europa soffoca nello smog ed è ormai ciclicamente vittima di fenomeni atmosferici drastici, che hanno un prezzo ambientale, di vite umane e, da ultimo, economico altissimo. 
Allargando la prospettiva alla diade giustizia climatica-sociale e ad un futuro sempre più annebbiato dai fumi di scarico di fabbriche e veicoli a benzina, viene da chiedersi quanto ancora debba ampliarsi lo scollamento tra benessere delle persone ed azione di chi sta al potere perché il conflitto sociale si accenda radicalizzi. [Pietro Caresana, ecoinformazioni]

%d