Ascanio Celestini

Il “Gesù” di Celestini riempie il Sociale

sociale-celestini-1C’è un sipario rosso dietro il quale sono ammassate alcune casse di plastica sul palco del Teatro Sociale di Como la sera di giovedì 10 novembre. Ci sono Ascanio Celestini, Gianluca Casadei alla fisarmonica e la voce fuori campo di “Pietro” (voce prestata da Alba Rohrwacher) a portare in scena Laika, l’ultimo lavoro dell’artista romano.

Piccole lampade accese fanno da cornice al racconto di un uomo verso i “signori del bar” che gli hanno pagato da bere. Quell’uomo, quel “Gesù” ha nelle tasche solo un biglietto del tram, una pessima bottiglia di sambuca, qualche gettone di plastica per i carrelli del supermercato. Un “Gesù” improbabile che si confronta coi propri dubbi e le proprie paure. I personaggi che vanno a comporre il racconto, sono l’incarnazione del degrado sociale e della povertà: il barbone, la donna con la testa impicciata, la vecchia che non crede in Dio, la prostituta, i facchini negri del supermercato, sono tutti emarginati che vivono nello stesso quartiere romano e si relazionano attraverso la  differenza che allo stesso tempo è la loro ugualianza.

Gli spettatori sono così condotti in un monolocale di un palazzo di periferia, con vista sul parcheggio di un supermercato, da dove si vedono “le guardie” aggredire i lavoratori che manifestano per i loro diritti; è qui che si tratta di capire, se scendere ad aiutare in strada, oppure, come fa Dio, da lassù, restare a guardare.

Insomma uno spettacolo senza mezzi termini, bello e crudo che ha attirato al Sociale un pubblico vasto ed eterogeneo.

Alla chiusura del sipario è seguito per i più giovani un dj set con drink offerto dal teatro.

[jl, ecoinformazioni]

 

 

 

 

10 novembre/ Ascanio Celestini con Laika al Sociale

laika

Giovedì 10 novembre alle 20.30 Ascanio Celestini, uno degli interpreti più amati e apprezzati del teatro di narrazione, porta in scena al teatro Sociale di Como, in maniera grottesca e ironica, un Gesù improbabile che dice di essere stato mandato molte volte nel mondo e che si confronta coi propri dubbi e le proprie paure. Vive chiuso in un appartamento di qualche periferia. Dalla sua finestra si vede il parcheggio di un supermercato e il barbone che di giorno chiede l’elemosina e di notte dorme tra i cartoni. Con Cristo c’è Pietro che passa gran parte del tempo fuori di casa ad operare concretamente nel mondo: fa la spesa, compra pezzi di ricambio per riparare lo scaldabagno, si arrangia a fare piccoli lavori saltuari per guadagnare qualcosa. Questa volta Cristo non si è incarnato per redimere l’umanità, ma solo per osservarla.

Laika è uno spettacolo di e con Ascanio Celestini, con alla fisarmonica Gianluca Casadei e con la voce fuori campo di Alba Rohrwacher. Produzione Fabbrica srl in coproduzione con Romaeuropa Festival 2015 e Teatro Stabile dell’Umbria.

Info e biglietti: www.teatrosocialecomo.it. Speciale under 30 ticket and drink 15 euro.

Non m’uccise la morte/ Realtà e paradossi della giustizia italiana

Il titolo della serata, con quella sua vena un po’ paradossale, Non mi uccise la morte…, rende bene il suo senso: una realtà che supera la fantasia, e una fantasia che accoglie la realtà.

Allo Spazio Gloria, davanti a un pubblico non troppo numeroso (e la serata organizzata dall’Arci avrebbe davvero meritato qualcosa di più, anche da parte del coté politicamente e socialmente impegnato), viene proiettata l’ultima opera di Ascanio Celestini, Viva la sposa, con una introduzione che ne mette in evidenza lo stretto legame con l’attualità italiana. A introdurre il film, infatti, non sono critici cinematografici ma Lucia Uva, sorella di Giuseppe, e Fabio Ambrosetti, avvocato di parte civile per la famiglia Uva nel processo che cerca di ricostruire uno straccio di verità sulla vicenda di Giuseppe Uva, morto il 14 giugno del 2008 nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Circolo, dopo aver passato una notte nella caserma dei carabinieri di via Saffi a Varese.

LuciaUva-03-FabioAmbrosetti

L’avvocato Fabio Ambrosetti

 

 

 

 

 


Da lì, dal legame tra finzione narrativa e tragica realtà, comincia l’avvocato Ambrosetti, esplicitando come la scena quasi alla fine del film di Celestini, in cui un personaggio muore in seguito alle percosse ricevute durante e dopo un arresto,  sia dichiaratamente ispirata alla vicenda di Giuseppe Uva, ma con una significativa differenza: infatti, nella sceneggiatura originale di Ascanio Celestini, l’arresto doveva avvenire senza un motivo di particolare gravità (come fu eseguito l’arresto di Giuseppe Uva, reo solo di qualche escandescenza rumorosa), ma la scena è stata poi modificata poiché tale modalità di arresto fu ritenuta inverosimile dalla produzione belga, che chiese quindi all’autore di modificare la vicenda, accollando al personaggio più gravi responsabilità. Anche in questo caso, quindi, la realtà supera – e di molto – la fantasia. Ma – come ha ben spiegato l’avvocato Ambrosetti (misuratissimo, efficace, pacato ma duro nel suo racconto) – non è questo il punto: anche chi si sia reso colpevole di fatti gravi deve essere detenuto in condizioni di sicurezza, e la sua salute deve essere salvaguardata. La vicenda di Giuseppe Uva, che purtroppo non è un caso unico in Italia (da quello di Federico Aldrovandi in poi…), mostra invece come i diritti umani anche nella civilissima Italia non vengano rispettati e come poi su queste mancanze non si indaghi con la doverosa rigorosità, eludendo tutte le regole che la comunità internazionale (compresa quella europea) si è data. Così, a distanza di otto anni, e con un processo dalle molte lacune che dovrebbe andare a sentenza intorno alla metà di quest’anno, non si è ancora in grado di sapere cosa sia veramente successo, quella tragica notte, nella caserma dei carabinieri.

LuciaUva-02

Jlenia Luraschi, che ha presentato la serata, con Lucia Uva

 

 

 

 

 

 

Da parte sua, Lucia Uva ha condiviso con il pubblico presente la sua rabbia per tutto quello successo, ma anche il ricordo di quel fratello “più piccolo”, per cui è stata “sorella, mamma e amica”, e ancor di più la sua determinazione a non fermarsi davanti a nulla, fino ad arrivare a una ricostruzione chiara della morte di Giuseppe. C’è molta forza nelle sue parole e nel suo racconto; c’è anche la capacità di superare i sentimenti, senza metterli da parte, per cercare di capire. Ricorda, infatti, di come ha voluto fotografare il corpo martoriato di Giuseppe, per non dimenticarne le offese subite, per non rimuovere la verità e la giustizia, nella loro più dura necessità.

LuciaUva-01

L’avvocato Ambrosetti, sollecitato dal pubblico, ricorda ancora che il problema dell’accertamento dei fatti e dell’ottenimento della giustizia è non solo tecnico, ma ancora di più culturale, in una nazione in cui le forze dell’ordine “fanno ancora corpo” tra di loro, preferendo difendere i colleghi a qualsiasi costo, piuttosto che aspirare a modelli di comportamento rispettosi dei diritti di tutti.

Con questa riflessione sugli aspetti culturali della drammatica vicenda di Giuseppe Uva si salda il film di Celestini: narrazione di un mondo ai margini, e addirittura oltre i limiti, della legalità, racconto sopra la righe a tratti, ma sempre intriso di attenzione e partecipazione verso chi è escluso dal flusso principale della città, del mondo, della vita. Sicuramente, il pubblico di ieri sera ha visto il film, a prescindere dai propri gusti e dalle proprie simpatie per l’autore, con occhi diversi, e più attenti.

[Fabio Cani, ecoinformazioni]

Arci e Ucca/ Solidarietà ad Ascanio Celestini per il vergognoso attacco del Coisp al suo ultimo film

Ascanio-Celestini«Ancora una volta il sindacato di polizia Coisp si distingue per la volgarità dei suoi  attacchi, questa volta rivolti all’attore e regista Ascanio Celestini e al suo film Viva la sposa! che verrà presentato alla Mostra del cinema di Venezia. Il film, che gli esponenti del sindacato ammettono di non aver visto, tratta un argomento per loro particolarmente indigesto: la morte di Giuseppe Uva, avvenuta a Varese nel 2008, probabilmente per le percosse – è in corso il processo – subite in stato di fermo nella caserma dei carabinieri. Questo il motivo che ‘autorizzerebbe’ gli attacchi pieni di volgari offese a Celestini, alla sua opera, agli attori che interpretano il film. Non è la prima volta che questo sindacato si scaglia con atteggiamenti aggressivi e ingiuriosi contro chi tenta di ricostruire la verità sulla morte di persone in stato di fermo o gettate in galera. Basta ricordare le provocazioni e le offese subite da Patrizia Moretti (la mamma di Federico Aldrovandi), per non essersi ‘arresa’ alla versione ufficiale sulla morte del figlio e aver perseguito con coraggio la verità. A Celestini, grande e generoso artista, che con l’Arci ha condiviso tante iniziative e battaglie, va tutta la nostra solidarietà. Noi di certo il suo film andremo a vederlo.» [Arci e Ucca]

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: