Emilio Botta

Il Coordinamento comasco per la Pace sulla strage di pacifisti

Sconcerto e dolore. Questi i sentimenti del mondo pacifista lariano che condanna ogni violenza, ribadisce la necessità di dare aiuto umanitario alla popolazione di Gaza e piange i pacifisti uccisi dalla marina israeliana. Per Emilio Botta presidente del Coordinamento comasco per la Pace: «Si tratta di un atto terribile». (altro…)

In alto mare si chiude con il decalogo della convivenza

L’incontro con l’Altro, la percezione della sicurezza e i possibili modelli di convivenza sono stati tra i temi al centro dell’ultima sessione di «In alto mare», la tre giorni del Coordinamento comasco per la Pace, che si è svolta ieri, domenica 13 dicembre, allo Spazio Gloria.

Gli stranieri minano la nostra sicurezza. Almeno, così parrebbe. Ma basta considerare l’etimologia del termine «sicurezza», che deriva da «sine cura» cioè in assenza di preoccupazioni, per capire che i veri insicuri, nel nostro Paese, sono gli stranieri. A ribaltare il ragionamento e il clichè che declina l’immigrazione come un problema di ordine pubblico – ovvero di minaccia della sicurezza dei cittadini – è stata Chiara Giaccardi, docente di Sociologia della Comunicazione e di Comunicazione Interculturale all’Università cattolica di Milano, esponente dell’Associazione Eskenosen, intervenuta domenica 13 dicembre alla prima sessione della giornata conclusiva di «In alto mare», moderata da Thierno Ngaye dell’associazione 3 febbraio. Secondo la sociologa «tradurre la questione della convivenza con l’altro come una questione di sicurezza è una modalità miope e parziale, mentre dovrebbe essere una sfida. Non si tratta di «sine cura» bensì di un surplus di cura, un investimento forte che sarebbe necessario per costruire una reciprocità» tra la popolazione “autoctona” e le persone che migrano verso l’Italia.
Il tema dell’alterità è centrale nella rappresentazione sociale di ogni gruppo: per conoscere chi siamo “noi” dobbiamo forzatamente confrontarci con gli “altri”. Ed infatti «per vivere pienamente le proprie radici – ha continuato Giaccardi – bisogna forse perderle…Mentre la tendenza diffusa è quella di una polarizzazione in due “posture”: siamo globali per certi versi, soprattutto per quanto concerne i consumi e le mode, ma siamo iper radicati negli atteggiamenti difensivi». È così che può capitare che persone dalla dubbia fede cattolica diventino strenui sostenitori del crocifisso, del presepe, di ogni simbolo religioso collegato ad un’identità religiosa alla quale magari non appartengono nemmeno tanto…
Dunque «è l’alterità che ci porta alla comprensione e solo le identità ospitali sono identità libere». Socialmente, perciò, rimuovere, negare l’esistenza di tutto ciò che è lontano e diverso dal nostro gruppo conduce ad un «deficit di senso»: il tentativo di «possedere i significati, applicando un metodo idolatrico» non conduce a capire noi stessi né gli altri, e invece che rendere più sicura la società, la rende meno libera.
E di libertà ha parlato anche Grazia Villa, presidente dell’associazione nazionale La Rosa Bianca, convinta che questo concetto «non si possa rinchiudere in nessuna casa ma debba servire per volare alto». L’esperienza di Villa è quella dei tanti avvocati che accompagnano i migranti nella richiesta di una forma di tutela, che sia lo status di rifugiato, il diritto d’asilo o un permesso umanitario. È la testimonianza, commossa, di chi non sa come dire ad un immigrato che la sua domanda verrà respinta. La procedura, come ha spiegato Villa, passa infatti attraverso le commissioni territoriali sommerse di lavoro, che valutano le domande di asilo o richiesta dello status di rifugiato. L’accoglimento di tali richieste è rarissimo. A quel punto «il cittadino può fare ricorso di fronte ad un giudice che esamina la sua domanda ma è lo stesso soggetto emigrato che deve dimostrare di essere un perseguitato». Questa è infatti la conditio sine qua non per accedere alle forme di protezione previste dalle norme sovranazionali, tra le quali Villa ha citato la Convenzione di Ginevra. In realtà, in Italia avremmo uno strumento giuridico che è come «un treno ad alta velocità»: la Costituzione. L’Articolo 10, infatti, sul diritto d’asilo, introduce un ampio garantismo a favore di chi non gode dei nostri diritti.
Ma dalla Carta ad oggi, ne son passate di Bossi-Fini sotto i ponti…È per questo che «una volta respinta la domanda d’asilo, i migranti, che hanno un permesso di soggiorno provvisorio e magari hanno anche trovato un lavoro», perdono i loro diritti e «diventano rei di clandestinità». Di qui la proposta della rappresentante dell’associazione La rosa bianca: «ribaltare il tema del diritto d’asilo, parlarne non più come di una questione di tutela ma come un problema di libertà di movimento». Per Villa dovremmo «cambiare il lessico del diritto: l’allontanamento preventivo dell’alterità nega di fatto la libera circolazione degli umani, sancita da tutte le fonti giuridiche sovranazionali, inclusa la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea».
I respingimenti, invece, negano totalmente il principio della libera circolazione e sono, secondo il moderatore dell’incontro, Thierno Ngaye, un indice «di quanto questa società sia moralmente malata». E un ulteriore deterrente per i migranti, che si ripiegano su se stessi, spesso in una condizione di isolamento.
Per uscire da questo rischio di ghettizzazione ed emarginazione sociale, anche la Chiesa gioca un ruolo nella società italiana. A rappresentarla, nel corso della seconda parte del dibattito di ieri, coordinata da Emilio Botta, presidente del Coordinamento comasco per la Pace, è stato monsignor Angelo Riva, proveniente dalla diocesi di Como, docente di teologia morale. A lui il compito di riaccendere il dibattito dopo la performance dei musicisti Francesco D’Auria (batteria e percussioni), Maurizio Aliffi (chitarra), Simone Mauri (clarinetto basso) e Marco Belcastro (voce, organetto e chitarra).
Per Riva, esiste un «dovere all’accoglienza, che si esprime attraverso l’assenza di atteggiamenti razzisti e xenofobi e con il rispetto di diritti e bisogni quali la casa, il ricongiungimento famigliare, il lavoro». L’accoglienza deve essere coniugata, politicamente e normativamente, con la legalità. Oltre a questi due elementi, l’interculturalità, per monsignor Riva, comprende «l’interazione con l’altro che dovrebbe condurre all’integrazione». Un’integrazione che non sia un «melting pot, l’accostamento di culture interscambiabili e quindi relative». Quale può essere allora l’apporto dei cattolici? «La dottrina sociale della Chiesa, la sussidarietà sociale, la fratellanza» sono un bagaglio culturale innegabilmente importante a partire dal quale la società, le comunità possono attingere.
L’attore e mediatore culturale senegalese Mohamed Ba, ultimo relatore del pomeriggio di ieri, ha raccontato la sua esperienza di migrante che ha subito pochi mesi fa un accoltellamento «perché negro», a Milano, senza essere soccorso da nessuno per un’ora. Un episodio successo, come specificato da Ba, una settimana dopo che un esponente politico propose carrozze della metropolitana riservate agli immigrati e quindici giorni dopo che il premier paragonò Milano a una città africana. Come si fa allora a prepararsi all’«appuntamento con il diverso»? E’ un rapporto di dare-ricevere: dunque occorre avere in primis qualcosa da offrire all’altro. Perché «la cultura è una pentola sul fuoco senza il coperchio»: qualcosa esce, qualcosa entra.
Allora l’integrazione, l’interculturalità possono (dovrebbero?) partire dal basso. «Basta decreti per stare insieme», chiosa Ba.  È sufficiente rispettare il suo, efficacissimo, «decalogo della convivenza:
-non avere altro dio all’infuori di te,
-non nominare la nazionalità degli altri,
-onora tutte le festività (anche quelle delle altre religioni e culture),
-onora la memoria della tua città e raccontala si nuovi cittadini,
-non testimoniare sulla cultura degli altri se non la conosci abbastanza,
-non rubare la parola agli altri ed impara ad ascoltare,
-non imporre solo i tuoi valori culturali,
-non desiderare solo la tua cultura,
-non desiderare solo la cultura degli altri,
-mai uccidere le differenze culturali».

[Barbara Battaglia, ecoinformazioni]

In alto mare: il programma

Si svolgerà giovedì 10, sabato 12 e domenica 13 dicembre il XII Convegno del Coordinamento comasco per la Pace. Il presidente Emilio Botta, la vicepresidente Celeste Grossi ed il direttore Mauro Oricchio hanno presentato venerdì 4 dicembre alla stampa il programma di In alto mare, la tre giorni pacifista dedicata ai diritti dei migranti oppressi dal razzismo dilagante.

Sarà allo Spazio Gloria del circolo Arci Xanadù in via Varesina 72 a Como In alto mare. I diritti non sono migranti. Problemi sogni paure. Il programma e gli obbiettivi nell’iniziativa nell’articolo “Restiamo umani” di Celeste Grossi che anticipiamo dal numero 398 del nostro mensile che sarà distribuito al Convegno.

La Nobel per la Pace (2003), Shirin Ebadi, attivista per i diritti umani delle donne e degli uomini dell’Iran, e del mondo, nel giro italiano di presentazione del suo libro, La gabbia d’oro (Rizzoli, 2008), ha usato le parole del sociologo iraniano Alì Svariati: «Se non potete eliminare l’ingiustizia, almeno raccontatela a tutti».
L’abbiamo raccontato abbastanza l’orrore del White Christmas di Coccagno, qui vicino a noi? Temo di no. A me è venuta in mente la notte di Natale del 1996 quando 283 migranti, ? donne, uomini, bambine, bambini ? pachistani, indiani, srilankesi, affogarono al largo delle coste siciliane nell’indifferenza dei più. Anche alla loro memoria, vorremmo dedicare il XII convegno del Coordinamento comasco per la Pace il convegno In alto mare. I diritti non sono migranti. Problemi sogni paure che si apre il 10 dicembre, una data che per noi non vuole essere rituale e celebrativa, ma un momento di riflessione e di stimolo per il nostro territorio sui diritti, i problemi, i sogni e le paure che nascono dalla presenza di nove e nuovi cittadini. Noi del Coordinamento Comasco per la Pace e tutti i soggetti che ci hanno accompagnato nell’organizzazione del convegno ? Associazione 3 Febbraio, Acli Como, Anolf Cisl, Arci Como, Aspem, Associazione del Volontariato comasco ? Centro servizi per il volontariato, Associazione I bambini di Ornella, Associazione Trapeiros di Emmaus, Cgil, Cisl, Clas Cgil, Cooperativa sociale Questa generazione, Donne in nero, ecoinformazioni, Fim Cisl, Fiom Cgil, Ipsia Como, Istituto di Storia contemporanea P. A. Perretta, La Rosa Bianca, Liceo scientifico G. Terragni di Olgiate Comasco – siamo convinti che non possa esserci Pace se i Diritti universalmente sanciti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, emanata dall’Onu il 10 dicembre ‘48, non sono per tutte e per tutti.
Per questo abbiamo deciso riprendere e sviluppare i temi della Campagna Non aver paura (che la scorsa primavera abbiamo contribuito a costruire sul territorio provinciale, raccogliendo oltre 1000 firme a sottoscrizione dell’appello nazionale) e di dedicare il nostro convegno annuale ? che ha anche il patrocinio della Regione Lombardia e della Provincia di Como ? alla convivenza qui e ora con le bambine e i bambini, le donne e gli uomini, cittadini del mondo proprio come noi.

Intrecci di linguaggi e di culture
Il nostro incontro si apre con Servi, lo spettacolo di Renato Sarti (prodotto dal Teatro della Cooperativa, con il sostegno di Lunatica, da un testo di Marco Rovelli e Renato Sarti, con Marco Rovelli e Mohamed Ba, accompaganti da Lara Vecoli, al violoncello, e da Davide Giromini, alla fisarmonica). Abbiamo scelto di iniziare con Servi perché è uno spettacolo assai intenso, ma anche per la presenza sul palco, insieme a Marco Rovelli, dell’attore senegalese Mohamed Ba, accoltellato nel 2009 a Milano, in una delle tante aggressioni di marchio razzista che si verificano quotidianamente nel nostro paese. La sua presenza nello spettacolo «oltre a voler essere un tangibile segno di solidarietà, renderà sicuramente più incisivo il messaggio: dare voce a una componente straniera ormai indispensabile per lo sviluppo del nostro paese ma alla quale non vengono ancora riconosciuti diritti fondamentali come il voto e, soprattutto, non viene data la parola», ha detto il regista e noi siamo d’accordo con lui.
Quelli che iniziano il 10 dicembre saranno tre giorni fitti: due spettacoli teatrali, tre film, una mattinata dedicata alle scuole, oltre quindici tra relatrici e relatori, musica, video, mostre, libri, riviste, un seminario.
Desideriamo intrecciare riflessioni e narrazioni per non dimenticare che la nostra terra nel passato è sempre stata ospitale e accogliente e perché il Mediterraneo non sia mai più un cimitero marino. E cercheremo di farlo non solo con le parole.

Sogni. Narrazioni. Riflessioni
La mattinata di sabato 12, dedicata alle ragazze e ai ragazzi delle scuole superiori è aperta da un altro spettacolo, Sogni clandestini del Gruppo teatrale Ibuka Amizero. Allo spettacolo seguiranno due narrazioni di storie belle di immigrazione. Le presentiamo perché lo sguardo di ragazze e ragazzi non si soffermi solo sulle “brutte storie” quotidiane.
Severino Proserpio dell’Associazione I bambini di Ornella racconterà come ha deciso, dopo l’esperienza fatta qui di fondatore del Clas, il sindacato dei lavoratori immigrati della Cgil, di emigrare in Senegal.
Kossì Komla Ebrì, cittadino italiano nato in Africa, scrittore, medico, parlerà dei suoi sogni, dei problemi incontrati nella realizzazione dei suoi desideri, ma anche delle attese deluse e della vergogna che proviamo noi cittadine e cittadini italiani di fronte alle leggi razziali, approvate dal nostro Parlamento.
Gabriele Del Grande, collaboratore del quotidiano L’Unità, di Redattore Sociale e di Peace Reporter, fondatore di Fortress Europe (http://fortresseurope.blogspot.com), l’osservatorio mediatico sulle vittime dell’emigrazione, racconterà la sua esperienza di giornalista e di autore di libri-inchiesta come Mamadou va a morire (Infinito Edizioni, 2007).
Nel pomeriggio e nella serata di sabato ci saranno tre film della rassegna itinerante Oltre lo sguardo, che quest’anno compie 15 anni: Pane e cioccolata, di Franco Brusati, La giusta distanza, di Carlo Mazzacurati; Amore che vieni. Amore che vai, di Daniele Costantini.

Nomadi del presente, cittadini del futuro
«Viviamo sempre più in una società complessa, multiculturale e multireligiosa, figlia dei processi estesi e pervasivi della globalizzazione. Le risposte, individuali e collettive, sociali e politiche, alle sollecitazioni al cambiamento sono ambivalenti: alcuni ritengono opportuno difendere le identità, ancorandole a un territorio, a una tradizione, a una lingua; altri tentano di dar vita a identità aperte, inclusive, plurali, nomadi. Alla cittadinanza di tipo nazionale, legata all’ethnos e allo jus sanguinis, si contrappone quella planetaria, agganciata alla persona, legata al demos e allo jus soli. Per vivere costruttivamente questa tensione e vincere le sfide poste dalla società multiculturale, serve un confronto alto sugli orientamenti di politica educativa, che non riguardi solo gli operatori della scuola ma tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell’educazione oggi». Dice Roberto Morselli, formatore e consulente, membro della redazione di Cem/Mondialità, che si occupa di comunicazione, anche in chiave interculturale e che aprirà, domenica mattina il seminario Nomadi del presente, cittadini del futuro. Il contributo dell’educazione interculturale alla costruzione della cittadinanza planetaria. Abbiamo pensato a un laboratorio che metta a fuoco il contributo specifico offerto dall’educazione interculturale. Un momento di formazione per noi organizzatori e aderenti al Coordinamento comasco per la Pace e per insegnanti e operatori impegnati con vari ruoli nell’educazione di bambine e bambini, ragazze e ragazzi, cittadine e cittadini della società in cui viviamo, che vorremmo sempre accogliente e rispettosa delle memorie culturali di tutte e di tutti.

Desideri e paure
In alto mare ha l’ambizione di illuminare la vita quotidiana di donne e uomini immigrati, cittadini del mondo, proprio come noi, che non vogliamo sia ridotta né a un fenomeno da studiare, né a un problema di ordine pubblico. Ma anche la vita quotidiana di noi donne e uomini nativi e le nostre difficoltà di accoglienza. Senza negare i problemi, vorremmo che la presenza dei migranti qui e ora fosse vissuta come una grande opportunità per cambiare le nostre relazioni malate e vivere tutte e tutti più felici.
Nel pomeriggio di domenica 13 dicembre ci accompagneranno nella riflessione e nel confronto Chiara Giaccardi (docente di Sociologia della Comunicazione e di Comunicazione Interculturale all’Università cattolica di Milano, esponente dell’Associazione Eskenosen), Essadia Bissati (del Centro di Documentazione Almaterra di Torino), Mercedes Frias (unica donna nata all’estero eletta al Parlamento italiano nella passata legislatura), i musicisti Francesco D’Auria (batteria e percussioni), Maurizio Aliffi (chitarra), Simone Mauri (clarinetto basso) e Marco Belcastro (voce, organetto e chitarra); Grazia Villa, presidente dell’associazione nazionale La Rosa Bianca; Mons. Angelo Riva docente di teologia morale, diocesi di Como e il sociologo Alessandro Dal Lago.
L’iniziativa si concluderà domenica 13 con un “aperitivo etnico” della Cooperativa Sociale Questa Generazione e di Aclichef, con la collaborazione di donne native e immigrate, per salutarci in modo conviviale e davvero interculturale.

Lurate Caccivio non è razzista

 

_1152156Successo della manifestazione contro il razzismo in solidarietà con i proprietari dell’esercizio commerciale dato alle fiamme. L’iniziativa convocata in fretta ha raccolto la sera di giovedì 15 gennaio una cinquantina di persone, molti i giovani.

Dopo l’attentato alla lavanderia in via di apertura a Lurate Caccivio di proprietà di una famiglia cingalese si è mobilitata la società civile del paese con una fiaccolata – presidio davanti al luogo dell’incendio fra le 21 e le 22 di giovedì 15 gennaio. «È andata bene, una cinquantina di persone per una manifestazione indetta all’ultimo minuto e per cui è stata fatta girare la voce con sms, e-mail e Facebook – ha spiegato Angelo Rizzo consigliere comunale di maggioranza – abbiamo fatto una fiaccolata e mostrato uno striscione con la scritta “Lurate Caccivio non è razzista”». Così come era scritto anche sui volantini distribuiti a firma Un gruppo di cittadini di Lurate Caccivio che spiegavano l’intenzione di «esprimere la nostra solidarietà alla famiglia vittima di questo episodio e a tutti i migranti che vivono nel nostro territorio e che si sono sentiti offesi da questo atto di razzismo».

Un gesto che avrà anche un risvolto politico «domani il sindaco Emilio Botta, che è stato presente al presidio, ha convocato una riunione di maggioranza e gli ho già esplicitato che proporrò un ordine del giorno sull’argomento» ha detto Rizzo che ha spiegato come simili atti possano essere anche il risultato di un clima “culturale” e politico che anche con le ultime proposte di tassazione dei permessi di soggiorno non vede nell’immigrato un’opportunità, anzi tutt’altro «trovando sponda nell’ignoranza e nell’egoismo».

Attentato a Lurate caccivio

Attentato nella notte di mercoledì 14 gennaio al Washing Point di via Garibaldi a Lurate Caccivio. L’esplosione non ha causato vittime, ma ingenti danni. Per il sindaco Emilio Botta è necessario attendere il completamento del lavoro delle forze dell’ordine per confermare o smentire la matrice razzista del gesto.

Certamente l’apertura verso gli altri non è unanime nemmeno in un Comune come quello di Lurate Caccivio nel quale l’amministrazione è sempre attiva sul piano dell’accoglienza e nella promozione della cultura della Pace. Ma il sindaco Emilio Botta dichiara: «Non è stata ancora confermata dagli inquirenti la matrice razzista dell’attentato di mercoledì notte alla lavanderia di un’azienda di proprietà di una famiglia di origine cingalese». Non per questo minore è la preoccupazione del primo cittadino. Infatti l’episodio di stanotte aggrava la situazione dopo il furto avvenuto qualche giorno fa negli stessi locali. Allora i ladri avevano lasciato una scritta sgrammaticata «Antatevene» che non lascia dubbi sulla matrice xenofoba dei delinquenti che pure si stenta a definire di lingua italiana. Ora l’attentato che fortunatamente non ha causato vittime è ancora più grave. Molte le questioni da chiarire per il sindaco infatti: «Non si sapeva che stava per aprire in quel luogo una lavanderia, né chi fossero i proprietari. Non erano ancora neppure stati ancora richiesti i permessi».

Mafie e antimafie a Como

Partecipata sessione conclusiva dell’undicesimo convegno del Coordinamento comasco per la Pace.  La legalità e le infiltrazioni mafiose al centro del dibattiti davanti a 200 persone allo Spazio Gloria dell’Arci Xanadù nel pomeriggio di domenica 14 dicembre.

Dopo la replica dello spettacolo su Peppino Impastato, Buongiono a Cinisi,  la sessione conclusiva in due parti al Convegno Liberté, fraternità, legalità, i 200 presenti hanno assistito ad un incontro con Enza Rando e Maria Luisa Lo Gatto, moderato da Roberto Caspani, Ipsia – Acli, e con Lorenzo Baldo e Luigi Lusenti, moderati da Emilio Botta, presidente del Coordinamento. Intermezzi musicali di Maurizio Aliffi, Franco D’Auria, Simone Mauri e per terminare 10 minuti per la Carovana antimafie, musica di Gaetano Liguori.

Enza Rando di Libera ha ricordato come la società civile, in Sicilia e Calabria si è risvegliata dopo gli attentati e ne sono nate la primavera siciliana e la primavera dei sindaci. Per l’avvocatessa serve la capacità di indignarsi e di mantenere un’attenzione sul problema mafioso non episodica. Col bagaglio della sua esperienza come vicesindaco di Niscemi ha posto in primo piano l’importanza degli enti locali come strumento di partecipazione e di contrasto della cultura mafiosa. «Se la politica perde di credibilità lascia spazio alla mafia ed alla collusione allontanando ulteriormente la gente» ha affermato l’esponente di Libera che si è retoricamente chiesta a proposito del coinvolgimento democratico: «Quanti fanno un’urbanistica partecipata?»

«Fare comunità isola la cultura mafiosa» ha affermato Rando ricordando l’esperienza della giornata della memoria delle vittime della mafia, che si celebra ogni anno il 21 marzo, a Niscemi quando ragazzi provenienti da tutta Italia hanno fatto si che i mafiosi si eclissassero.

Maria Luisa Lo Gatto, magistrato, ha invece raccontato della infiltrazione mafiosa nelle province di Como e Lecco secondo i dati recuperati dalle inchieste giudiziarie. «La ‘Ndrangheta è radicata nel Lecchese da ormai quarant’anni e vi ha riproposto gli schemi tradizionali con un vero e proprio controllo militare del territorio con bar, esercizi pubblici, famiglie». La magistrata comasca ha poi voluto concentrare l’attenzione sul Campione d’Italia e il suo Casinò. Un luogo in cui «già le indagini sono difficili dato che non c’è la Guardia di finanza e la polizia, ma solo i vigili urbani ed i carabinieri». Ripercorrendo la storia della nascita della casa da gioco e dell’importanza assunta nella comunità locale diventando la principale azienda del paese che dà lavoro a metà dei residenti ha denunciato come in Italia non ci sia stata una disciplina contro il riciclaggio per le case da gioco sino al 1999, che nell’exclave italiana non è ancora stata applicata.

Ha quindi citato un’inchiesta dei primi anni ’80 di Piercamillo Davigo che metteva in luce come la soceità che gestiva il Casinò avesse legami con Nitto Santapaola attraverso i cambisti, coloro concedono prestiti a tassi usurai ai giocatori. Un modus vivendi talmente rodato che erano intenzionati ad esportare alla casa da gioco di San Remo, dove si scontrarono con un’altra cordata che faceva riferimento a Epaminonda.

Negli anni 2000 sono poi cambiate le modalità del riciclaggio e si è passati alle società di porteurs, ovvero società con cui i casinò stipulano contratti per farsi portare i clienti, ed in un’inchiesta su una di queste società era stato coinvolto Vittorio Emanuele di Savoia.

«Ormai c’è stato un salto di qualità – ha affermato Lo Gatto – non vi è più l’inserimento di un soggetto estraneo nelle associazioni a delinquere ma si instaura un patto di collaborazione». Per questo è stato coniato il termine giuridico di concorso esterno in associazione mafiosa un fenomeno che denota un decadimento etico, culturale e l’aumentare della corruzione. «Il problema non è palliare la legislazione – ha concluso la magistrata comasca – ma operare contro i meccanismi politico istituzionali di un’area contigua alla criminalità che va modificata con il contributo di tutti».

Lorenzo Baldo, di Antimafia2000, ha rilevato le aderenze di personaggi politici con la mafia da Marcello Dell’Utri a Giulio Andreotti e denunciato la censura di Roberto Scarpinato, la cui testata, Il Corriere della sera, gli ha tolto l’incarico di seguire un’inchiesta di mafia dopo aver fatto nomi e cognomi. L’unica soluzione anche per Baldo è comunque l’impegno e la partecipazione civile anche solo di una minoranza.

Per ultimo Luigi Lucenti, Arci Lombardia, ha ripercorso la storia e l’operato della Carovana antimafie e posto l’accento sull’importanza della cultura della legalità, denunciando lo «slittamento delle coscienze, con l’accettazione di alcuni fenomeni di criminalità».

Il dibattito ha visto quindi una riflessione sulla coscienza della legalità all’interno delle carceri intese come percorso di rientro nella società.

Elette le nuove cariche sociali del Coordinamento comasco per la Pace

Confermati Emilio Botta, sindaco di Lurate Caccivio (presidente) e Celeste Grossi dell’Arci, vicepresidente, Marta Abiti, Comune di Orsenigo, tesoriera, Roberto Losa, Schongoti, segretario. Claudio Bizzozero si dimette da direttore, ma mantiene l’incarico nella Scuola Diritti umani.

Mercoledì 9 luglio sono state eletti i rappresentanti del Coordinamento comasco per la Pace. Sono stati riconfermati il presidente Emilio Botta e la vicepresidente Celeste Grossi, cambia invece il direttore. Per propri impegni personali Claudio Bizzozero lascia mantenendo la direzione della Scuola diritti umani. «Claudio aveva già espresso le proprie difficoltà – ha affermato il presidente dell’organizzazione pacifista comasca – ma abbiamo aspettato il naturale rinnovo delle cariche per formalizzare il tutto. Claudio ha avuto un ruolo fondamentale per la nascita e la crescita del sodalizio e siamo dispiaciuti dalla sua rinuncia, ma contenti che abbia voluto continuare a fare parte della nostra organizzazione assumendosi un altro incarico». Il Consiglio di amministrazione ha chiesto a Mauro Oricchio di gestire la fase transitoria fino alla nomina formale del nuovo direttore (con tutta probabilità lo stesso Oricchio) che avverrà a settembre.
Il nuovo direttivo ha grandi progetti per il futuro «vorremmo avere un rapporto più stabile con le amministrazioni comunali. Il 99 per cento del nostro lavoro è svolto da volontari, ma speriamo di poter riuscire a garantire rapporti di maggiore continuità di lavoro con quelle persone che si sono rivelate come risorse valide, anche per non perdere delle professionalità acquisite, che per rispettabilissime scelte di vita non possono assicurare per sempre il proprio impegno nel sodalizio».
Anche con il mondo dell’associazionismo si aprono nuove forme di collaborazione. «Si è deciso di fare un direttivo più aperto, non riservato ai soli eletti come suggerirebbe lo statuto, ma che dialoghi con tutti quei soggetti interessati ad avere un rapporto continuativo con il Coordinamento come le Acli, che hanno espresso il loro vivo interesse alla collaborazione». [Michele Donegana, ecoinformazioni]

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