Sussidiarietà e cooperazione una sfida possibile?
La Lombardia capofila nello smantellamento dello stato sociale: educazione e sanità non sono più diritti ma beni. Più di cento persone, operatori e amministratori locali, hanno partecipato al convegno dal titolo Sussidiarietà e cooperazione una sfida possibile? nel pomeriggio di mercoledì 17 febbraio a Villa Gallia a Como.
Un incontro organizzato nell’ambito del progetto transfrontaliero CoopSussi, Progetto di cooperazione istituzionale con laboratori di sussidiarietà e l’avvio di una rete per un sistema di accreditamento del welfare, finanziato con fondi europei Interreg con 2,3 milioni di euro.
Diversi i soggetti coinvolti, ben 17, con come capofila il Comune di Como e l’Università della Svizzera italiana che hanno come obiettivo, in tre anni, di «creare dei modelli di sussidiarietà nell’ambito del Welfare che saranno condivisi con altri partner e poi proposti a tutti gli enti pubblici interessati».
Tre saranno i momenti in cui si sviluppa l’azione una prima fase formativa, una elaborative ed una pratica. Gli ambiti di intervento saranno incentrati sugli anziani, il lavoro femminile, minori, mobile e-governement («cellulari di ultima generazione per usufruire di servizi comunali attraverso uno sportello virtuale informatico»), Hub cooperazione internazionale («una sede fisica per processi di cooperazione istituzionale transfrontaliera»), finanza innovativa, Comune sussidiario («sperimentazione di un nuovo modello di decentramento amministrativo»), accreditamento (un sito web per utenti e operatori).
Dopo i saluti di rito delle autorità presenti ha preso la parola Giovanni Marseguerra, economista dell’Università cattolica di Milano, che citando l’enciclica Caritas in veritate di Giovanni XXIII ha posto l’attenzione su uno «sviluppo veramente umano» in un momento in cui il tradizionale Welfare State è entrato in crisi. Tre i fattori che hanno determinato questa situazione per l’economista milanese: la riduzione dei fondi, l’aumento dell’età media dei cittadini e l’avvento dei flussi migratori. I vecchi metodi la fanno ancora da padrone «nonostante la lodevole eccezione lombarda». Una particolarità che deve per Marseguerra indicare una nuova direzione e «cambiare il ruolo predominante dello stato che è in contrasto con la nostra cultura. Infatti sino agli inizi del ‘900 ordini religiosi, confraternite, cooperative, garantivano la sanità e l’istruzione. Una tradizione di Welfare Society non di Welfare State, lo stato dava quindi delle esenzioni fiscali e alcuni contributi».
La parola chiave è sussidiarietà, «che è valorizzare la persona», che va coniugata con solidarietà, che si potrà avere solo con lo sviluppo economico, sociale e intergenerazionale («cioè della famiglia»).
Per il segretario del Comitato scientifico della Fondazione vaticana Centesimus Annus, che tra l’altro «promuove fra persone qualificate per il loro impegno imprenditoriale e professionale nella società la conoscenza della dottrina sociale cristiana e l’informazione circa l’attività della Santa sede», bisogna, seguendo le indicazioni del papa, trovare un giusto mezzo tra il liberismo sfrenato e lo «statalismo oppressivo», fondamentale è perciò l’efficienza aziendalistica anche nel sociale.
Sanità e istruzione non saranno più diritti ma beni sociali a cui si potrà accedere in un ambiente migliorato dalla competizione di mercato, dove lo stato avrà solo una funzione di regolatore, con voucher e sempre la Regione Lombardia si pone alla teta di questo processo. Per Marseguerra la speranza è che anche il Governo nazionale segua le indicazioni lombarde.
«Keynes è sempre stato tradito – ha proseguito sulla stessa linea Stefano Zamagni, presidente della Fondazione per le Onlus – ci hanno fatto credere che lui era uno statalista ma non è affatto così». Per il consultore del Pontificio consiglio di giustizia e Pace, che «mira a far sì che nel mondo siano promosse la giustizia e la pace secondo il Vangelo e la dottrina sociale della Chiesa», esistono due sfere distinte una economica ed una sociale, dove è la solidarietà che permette la redistribuzione della ricchezza. Bisogna quindi creare un rapporto virtuoso fra enti pubblici, business community e Terzo settore, ed un esempio sono i voucher o buoni lavoro già utilizzati in altri paesi europei come il Belgio «dove la famiglia paga 7 euro per un buono del valore di 20, i 13 restanti li mette il pubblico, che servirà per un accreditamento di servizi». Forte il richiamo alla responsabilità d’impresa così come ribadito dal’enciclica papale e un prospettiva differente può essere indicata dalla nascita delle Borse sociali.
Di tutt’altro genere l’approccio di Luca De Lucia, docente di diritto amministrativo dell’Università di Salerno, che ha indagato il significato della sussidiarietà a partire dal Titolo V della Costituzione in rapporto al decentramento comunale e alla soppressione delle Circoscrizioni. Come ovviare a questa soppressione si è chiesto il docente di diritto? «Col diritto all’invenzione di soluzioni alternative».
Due le vie: una la modifica degli statuti e la nascita di nuovi organismi consultivi; l’altra il coinvolgimento della rete dell’associazionismo locale ed il suo coinvolgimento in un rapporto di reciproci scambi con l’amministrazione. Ma per De Lucia su entrambe le soluzioni pesa lo scarso interesse dei cittadini e la crisi della partecipazione.
Per ultima ha preso la parola Rosella Petrali, della Direzione generale famiglia e solidarietà sociale della Regione Lombardia, che rimarcato la differenza fra la regione capitanata da Formigoni, tanto da non riuscire a comprendersi con gli omologhi rappresentanti delle altre regioni italiane neppure sulle terminologie: «da noi il sistema degli asili nido è strutturato con un’erogazione di servizi in sussidiarietà, non si tratta di dare in appalto dei servizi. Da noi – ha affermato orgogliosamente – i nidi provati, che fanno profitto o no, sono il 60 per cento. Un’offerta unica nel panorama italiano». Per l’esponente regionale si segue quella che è «la tradizione del popolo lombardo», come per esempio per i nidi aziendali: «nell’800 c’erano spazi per i bambini nelle fabbriche si segue una tradizione di solidarietà!». In effetti però la speranza di vita grazie, anche alle pessime condizioni di lavoro, era di 36 anni alla fine di quel secolo per le classi lavoratrici.
È ormai cambiato il ruolo per l’ente pubblico, per cui garantire il «servizio pubblico non vuol dire erogarlo direttamente, ma dare la possibilità di accesso» e questo per quanto riguarda la sanità, le strutture per anziani ma anche i servizi sociali (come i Sert) affidati anche a strutture private, che devono rispettare determinati parametri, in un sistema dell’accreditamento che per la relatrice è contraddistinto dalla libertà. La Lombardia si pone quindi come un punto di riferimento per tutta Italia. [Michele Donegana, ecoinformazioni]